La giustizia è l'insieme delle norme che perpetuano un tipo umano in una civiltà.[3]
Non confondere l'amore col delirio del possesso, che causa le sofferenze più atroci. Perché contrariamente a quanto comunemente si pensa, l'amore non fa soffrire. Quello che fa soffrire è l'istinto della proprietà, che è il contrario dell'amore.[4]
Ognuno è responsabile di tutti. Ognuno è l'unico responsabile. Ognuno è l'unico responsabile di tutti.[5]
Dedica
A Léon Werth
Chiedo scusa ai bambini per aver dedicato questo libro a un adulto. Ho un buon motivo: questo adulto è il migliore amico che ho al mondo. Ho un altro motivo: questo adulto può capire tutto, anche i libri per bambini. Ho un terzo motivo: questo adulto abita in Francia, dove ha fame e freddo. Ha un gran bisogno di essere consolato. Se tutti questi motivi non bastano, voglio dedicare il libro al bambino che quest'adulto è stato molto tempo fa. Tutti gli adulti sono stati prima di tutto dei bambini. (Ma pochi di loro se lo ricordano). Quindi correggo la dedica:
Una volta, quando avevo sei anni, in un libro sulla foresta vergine intitolato Storie vissute ho visto un'illustrazione bellissima. Raffigurava un serpente boa che divora una belva. Questa è la riproduzione del disegno. Il libro diceva: «I serpenti boa divorano la preda tutt'intera senza masticarla. Dopo non riescono più a muoversi e passano i sei mesi della digestione dormendo».
Citazioni
Gli adulti da soli non capiscono niente, ed è stancante per i bambini dover sempre spiegare tutto. (cap. I, p. 9)
Disegnami una pecora... (Piccolo principe: cap. II, p. 11)
Dinanzi a un mistero assoluto, nessuno ha il coraggio di disobbedire. (cap. II, p. 13)
Agli adulti piacciono i numeri. Quando raccontate loro di un nuovo amico, non vi chiedono mai le cose importanti. Non vi dicono: «Com'è il suono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?» Le loro domande sono: «Quanti anni ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?» Solo allora pensano di conoscerlo. (cap. IV, p. 23)
Se dite agli adulti: «Ho visto una bella casa di mattoni rosa, con gerani alle finestre e colombi sul tetto...», loro non riescono a immaginarsi la casa. Dovete dire: «Ho visto una casa di centomila franchi». Allora esclamano subito: «Oh, che bella!» (cap. IV, p. 23)
Feci notare al piccolo principe che i baobab non sono arbusti, ma alberi alti come chiese, e che anche se avesse portato un intero branco di elefanti, il branco non sarebbe riuscito ad avere la meglio su un solo baobab. (cap. V, p. 26)
Ma i semi sono invisibili. Dormono tutti nel segreto della terra finché a uno di loro non piglia il ghiribizzo di svegliarsi. Allora si stiracchia e fa spuntare timidamente verso il sole uno splendido, innocuo germoglio. (cap. V, p. 28)
E se un baobab non lo strappi via subito, dopo non riesci più a liberartene. Occupa tutto il pianeta. Lo perfora con le radici. E se il pianeta è troppo piccolo e i baobab troppo numerosi, questi lo spaccano tutto. (cap. V, p. 28)
Al mattino, finita la toilette, bisogna occuparsi della toilette del pianeta. (Piccolo principe: cap. V, p. 28)
A me piacciono molto i tramonti. Andiamo a vedere un tramonto... (Piccolo principe: cap. VI, p. 32)
«Un giorno ho visto il sole tramontare quarantaquattro volte!» E più tardi aggiungevi: «Sai... quando si è molto tristi si amano i tramonti...» «Allora il giorno delle quarantaquattro volte eri proprio tanto triste?» Ma il piccolo principe non rispose. (cap. VI, p. 33)
Il piccolo principe non rinunciava mai a una domanda dopo che l'aveva fatta. (cap. VII, p. 35)
Le spine non servono a niente, sono pura cattiveria da parte dei fiori! (cap. VII, p. 35)
I fiori sono deboli. Sono ingenui. Si fanno coraggio come possono. E con le spine pensano di mettere paura... (Piccolo principe: cap. VII, p. 35)
Da milioni di anni i fiori mettono le spine. Da milioni di anni le pecore mangiano ugualmente i fiori. E non è forse una cosa seria cercare di capire perché i fiori si danno tanta pena per mettere spine che non servono a niente? (Piccolo principe: cap. VII, p. 36)
Il piccolo principe assisteva allo schiudersi di un enorme bocciolo e sentiva che ne sarebbe venuta un'apparizione miracolosa, ma la corolla indugiava, e si faceva bella, chiusa nella sua camera verde. Con cura sceglieva i colori. Si vestiva piano, accomodando i petali a uno a uno. Non voleva uscire tutta stropicciata come fanno i papaveri. Voleva mostrarsi solo nel pieno fulgore della propria bellezza. Eh, sì! Era molto vanitosa. La sua segreta toilette era durata giorni e giorni. Ed ecco che una mattina, con il sorgere del sole, era apparsa una rosa. (cap. VIII, pp. 39-40)
«Non avrei dovuto ascoltarla» mi confidò un giorno, «non bisogna mai ascoltare i fiori. Bisogna guardarli e annusarli.» (Piccolo principe: cap. VIII, p. 43)
Non ho capito niente! Avrei dovuto giudicarla dalle sue azioni e non dalle sue parole. Mi profumava e mi illuminava. Non avrei mai dovuto andarmene! Avrei dovuto intuire l'affetto che stava dietro i suoi poveri trucchi. I fiori sono così contraddittori! Ma ero troppo giovane per saperla amare. (Piccolo principe: cap. VIII, p. 44)
Non si sa mai! (Piccolo principe: cap. IX, p. 46)
Le eruzioni vulcaniche sono come i fuochi nel caminetto. (p. 46)
Devo pur sopportare due o tre bruchi se voglio conoscere le farfalle. Pare che siano bellissime. (Rosa: cap. IX, p. 48)
Non sapeva che per i re il mondo è alquanto semplificato. Tutti gli uomini sono sudditi. (cap. X, p. 50)
L'autorità si fonda in primo luogo sulla ragione. Se ordini al tuo popolo di andare a gettarsi in mare, quello farà la rivoluzione. Ho il diritto di pretendere l'obbedienza perché i miei ordini sono ragionevoli. (Re: cap. X, p. 53)
È molto più difficile giudicare se stessi che giudicare gli altri. (Re: cap. X, p. 54)
Per i vanitosi, infatti, gli altri uomini sono degli ammiratori. (cap. XI, p. 57)
«Ti ammiro» disse il piccolo principe, alzando un po' le spalle. «Ma che cosa te ne viene?» (cap. XI, p. 58)
«Che fai qui?» disse al bevitore, che trovò seduto davanti a una sfilza di bottiglie, metà delle quali vuote e metà piene. «Bevo» rispose il bevitore con aria cupa. «Perché bevi?» gli domandò il piccolo principe. «Per dimenticare» rispose il bevitore. «Per dimenticare cosa?» volle sapere il piccolo principe, che già lo compativa. «Per dimenticare che mi vergogno» ammise il bevitore abbassando la testa. «Ti vergogni di cosa?» lo interrogò il piccolo principe che desiderava aiutarlo. «Mi vergogno di bere!» concluse il bevitore che si chiuse definitivamente nel silenzio. (cap. XII, p. 60)
«Io» disse ancora «possiedo una rosa che innaffio tutti i giorni. Possiedo tre vulcani che pulisco tutte le settimane. Perché pulisco anche quello quello spento. Non si sa mai. Il fatto che io li possieda è utile ai miei vulcani ed è utile alla mia rosa. Invece tu non sei utile alle stelle...» (Piccolo principe: cap. XIII, p. 66)
È una bellissima occupazione. Ed è davvero utile perché è bella! (Piccolo principe: cap. XIV, p. 67)
Non è il geografo che fa il conto delle città, dei fiumi, delle montagne, dei mari, degli oceani e dei deserti. Il geografo è troppo importante e non può andare a zonzo. Non esce mai dal suo studio. Ma lì riceve gli esploratori. Li ascolta e trascrive i loro ricordi. E se i ricordi di uno di loro gli sembrano interessanti, il geografo fa fare un'indagine sulla moralità dell'esploratore. (Geografo: cap. XV, p. 74)
"La mia rosa è effimera" disse tra sé il piccolo principe "e ha solo quattro spine per difendersi dal mondo! E l'ho lasciata sola là dove sto io!" (cap. XV, p. 76)
«Mi domando» disse «se le stelle brillano perché un giorno ciascuno possa ritrovare la propria.» (Piccolo principe: cap. XVII, p. 81)
«Dove sono gli uomini?» riprese poi il piccolo principe. «Si è un po' soli nel deserto...» «Si è soli anche fra gli uomini» disse il serpente. (cap. XVII, pp. 82-83)
Ma se mi addomestichi, avremo bisogno l'uno dell'altra. Per me tu sarai unico al mondo. Per te io sarò unica al mondo... (Volpe al piccolo principe: cap. XXI, pp. 91-92)
«Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come inondata di luce. Conoscerò un rumore di passi diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno fuggire sotto terra. Il tuo mi chiamerà fuori dalla tana, come una musica. E poi guarda! Li vedi laggiù, i campi di grano? Io non mangio pane. Quindi per me il grano è inutile. I campi di grano non mi dicono niente. E questo è molto triste! Ma tu hai capelli color dell'oro. E allora sarà bellissimo quando mi avrai addomesticato! Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E mi piacerà il rumore del vento nel grano...» La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe. «Per favore... addomesticami!» disse. (cap. XXI, p. 93)
Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano le cose già fatte nei negozi. Ma siccome non esistono negozi che vendono amici, gli uomini non hanno più amici. Se vuoi un amico, addomesticami! (Volpe: cap. XXI, p. 94)
Se per esempio verrai alle quattro del pomeriggio, già dalle tre io comincerò a essere felice. Più il tempo passerà e più mi sentirò felice. Finché alle quattro sarò tutta agitata e in apprensione: scoprirò il valore della felicità! Ma se vieni quando capita, non saprò mai a che ora vestirmi il cuore... (Volpe al piccolo principe: cap. XXI, p. 95)
«Allora non ci guadagni niente!» «Ci guadagno», disse la volpe, «a causa del colore del grano». (cap. XXI, p. 96)
Ecco il mio segreto. È molto semplice: si vede solo con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi. (Volpe: cap. XXI, p. 97)
Il tempo che hai perso per la tua rosa è ciò che fa la tua rosa tanto importante. (Volpe: cap. XXI, p. 98)
Diventi responsabile per sempre di ciò che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa... (Volpe: cap. XXI, p. 98)
«Solo i bambini sanno quello che cercano» fece il piccolo principe. «Perdono tempo per una bambola di pezza, che allora diventa importantissima, e se qualcuno gliela porta via piangono...» (cap. XXII, p. 100)
Vendeva pillole speciali che placano la sete. Ne prendi una alla settimana e non provi più il desiderio di bere. «Perché vendi queste pillole?» «È un bel risparmio di tempo» disse il negoziante. «Gli esperti hanno calcolato che si guadagnano cinquantatré minuti alla settimana.» «E cosa si fa di quei cinquantatré minuti?» «Quello che si vuole...» «Se avessi cinquantatré minuti da spendere» si disse il piccolo principe «me ne andrei lentamente verso una fontana...» (cap. XXIII, p. 101)
Ho sempre amato il deserto. Ti siedi su una duna di sabbia. Non vedi niente. Non senti niente. E tuttavia qualcosa brilla in silenzio... (cap. XXIV, p. 104)
«Ciò che fa bello il deserto», disse il piccolo principe, «è che da qualche parte nasconde un pozzo...» (cap. XXIV, p. 104)
Che si tratti della casa, delle stelle o del deserto, quel che fa la loro bellezza è invisibile! (Piccolo principe: cap. XXIV, p. 104)
Lui rise, toccò la corda, fece ruotare la carrucola. E la carrucola gemette come geme una vecchia banderuola dopo che il vento ha dormito a lungo. «Lo senti?» disse il piccolo principe «svegliamo il pozzo e lui canta...» (cap. XXV, p. 106)
Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare con il cuore. (Piccolo principe: cap. XXV, p. 108)
Si corre il rischio di piangere un po', quando ci si è lasciati addomesticare... (cap. XXV, p. 110)
Se ami una rosa che sta su una stella, di notte è bello guardare il cielo. Tutte le stelle sono fiorite. (Piccolo principe: cap. XXVI, p. 115)
Di notte, ricordati di guardare le stelle. Dove sto io è troppo piccolo perché possa mostrarti dove si trova la mia. Meglio così. La mia stella sarà per te una qualsiasi, e allora ti farà piacere guardarle tutte... Saranno tutte tue amiche. (Piccolo principe: cap. XXVI, pp. 115-116)
«Quando la notte guarderai il cielo, poiché io abiterò in una di esse, e riderò in una di esse, per te sarà come se ridessero tutte le stelle. Avrai stelle che sapranno ridere!» E rise ancora. «E quando ti sarai consolato (poiché ci si consola sempre) sarai contento di avermi conosciuto. Sarai sempre mio amico. Avrai voglia di ridere con me. E ogni tanto aprirai la finestra, così, per puro piacere... E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo. Allora tu gli dirai: "Sì, le stelle mi fanno sempre ridere!". E penseranno che sei pazzo. Ti avrò fatto un bello scherzetto...» E rise ancora. «Sarà come se, invece delle stelle, ti avessi dato tanti sonagli che sanno ridere...» (Piccolo principe: cap. XXVI, pp. 116-117)
Per voi che come me amate il piccolo principe, tutto nell'universo cambia se da qualche parte, non si sa dove, una pecora che non conosciamo ha mangiato una rosa oppure no... (cap. XXVII, p. 123)
Guardate attentamente questo paesaggio per essere sicuri di riconoscerlo, se un giorno doveste viaggiare in Africa, nel deserto. E se vi capitasse di passare di lì, vi scongiuro, non tirate dritto, fermatevi un poco sotto la stella! Se allora vi viene incontro un bambino, se ride, se ha i capelli d'oro, se non risponde alle domande, voi sapete chi è. Allora siate gentili, non lasciatemi alla mia tristezza: scrivetemi che è tornato...
Citazioni su Il piccolo principe
Avevi dieci anni e da poco avevi letto Il Piccolo Principe. Te l'avevo regalato io come premio per la tua promozione. Eri rimasta incantata dalla storia. (Susanna Tamaro)
Ma sono anche il fiore, che ama il Piccolo Principe. Sono anche il Piccolo Principe, che vuole addomesticare la volpe. Sono la volpe, che riesce a fidarsi di qualcuno, costi quel che costi. E di me si deve prendere tutto, quello che sono e quello che non sono. Ma ho una paura dannata del morso del serpente. (Alessandro D'Avenia)
La terra ci fornisce, sul nostro conto, più insegnamenti di tutti i libri. Perché ci oppone resistenza. Misurandosi con l'ostacolo l'uomo scopre se stesso. Ma per riuscirci gli occorre uno strumento. Gli occorre una pialla, o un aratro. Il contadino, nell'arare, strappa a poco a poco alcuni segreti alla natura, e la verità ch'egli trae è universale. Non diversamente l'aeroplano, strumento delle vie aeree, coinvolge l'uomo in tutti gli antichi problemi.
Citazioni
Amare non significa guardarsi l'un l'altro, ma guardare insieme nella stessa direzione.[6]
Esiste un solo vero lusso, ed è quello delle relazioni umane.
Essere uomo è precisamente essere responsabile.
L'aeroplano è senza dubbio una macchina, ma anche quale strumento di analisi! Questo strumento ci ha fatto scoprire il vero volto della terra.[7]
Non si scopre la verità: la si crea.
Quando lavoriamo per i soli beni materiali, ci costruiamo, con le nostre mani, la nostra prigione.
Se cerco tra i miei ricordi quelli che mi hanno lasciato un gusto durevole, se faccio il bilancio delle ore che hanno contato, immancabilmente ritrovo quelle che nessuna ricchezza mi avrebbe procurato.
Sembra che la perfezione non venga conquistata quando non c'è più niente da aggiungere, ma quando non c'è più niente da togliere.[6]
Simile al contadino che fa il giro dei suoi campi e intuisce, da mille segnali, l'arrivo della primavera, la minaccia di una gelata o la caduta della pioggia, anche il pilota di mestiere interpreta i segnali della neve, della nebbia, di una notte serena. La macchina lo porta a confrontarsi in modo ancora più rigoroso con i problemi naturali, quegli stessi da cui sembrava allontanarlo.[6]
Sotto l'aeroplano, le colline scavavano già il loro solco d'ombra nell'oro della sera. Le pianure si facevano luminose, ma di una inconsumabile luce: in quelle regioni esse non finiscono mai di restituire il loro oro, così come dopo l'inverno non finiscono mai di restituire la loro neve.
Citazioni
Perché solo quando la vita viene vissuta con pienezza e coraggio conta qualche cosa, e perché il suo significato scaturisce dalle imprese che gli uomini riescono a compiere.
I pastori di Patagonia vanno, senza fretta, da un gregge all'altro: egli andava da una città all'altra; egli era il pastore delle piccole città.
Egli era simile ad un conquistatore che, alla sera delle sue conquiste, si chini sulle terre del suo impero e scopra l'umile felicità degli uomini.
L'uomo è ricco anche delle proprie miserie.
S'immerse in quella profonda meditazione del volo, nella quale si assapora una inesplicabile speranza.
Per lui non ci sarebbe stato mai altro che un passo di più fatto, precedente mille passi uguali.
Come se davvero un giorno si "potesse aver tempo", se all'estremità della vita fosse possibile guadagnarsi la pace beata che il pensiero qualche volta si finge.
La lotta nel ciclone, questa, almeno, è una cosa franca, leale.
[...] provava una certa fierezza pel fatto d'avere un capo così forte che non temeva d'essere ingiusto.
"Bisogna spingerli" pensava "spingerli verso quella vita forte che porta con sé sofferenze e gioie, ma che, sola, conta qualche cosa."
Nella sua vita, solo le pietre gli erano state dolci.
Tutto quello che quel volto esprimeva, sentimenti vigili per affrontare una tempesta, quella smorfia, quella volontà, quella collera, tutto quello che si scambiavano d'essenziale un volto pallido e, laggiù, quei rapidi splendori, restava impenetrabile per lui.
"Non mi irriterò. Io sono come il padre d'un bimbo malato, il quale cammina nella folla a piccoli passi. Egli reca in sé il grande silenzio della sua casa".
In qualche luogo un uomo lavorava per far sì che la vita fosse continua, che la volontà fosse continua;
"È strano come gli avvenimenti prendono il sopravvento, come si rivela una grande forza oscura, la stessa che solleva le foreste vergini, che cresce, che sforza, che scaturisce dovunque intorno alle grandi opere."
[...] ed è solo del mistero che si ha paura.
"la conoscenza delle leggi non precede mai l'esperienza".
Per serbarsi un margine, stabilì di navigare a settecento. Sacrificava la sua quota come si gioca una fortuna.
Disgraziatamente, contro gli uomini si gioca un gioco nel quale il vero senso delle cose conta così poco... Si vince o si perde sulle apparenze, e si segnan punti miserabili. E ci si trova legati mani e piedi da un'apparenza di disfatta.
Perché né l'azione, né la felicità individuale ammettono d'esser divise: esse sono in conflitto.
«L'interesse generale è formato di interessi particolari: esso non giustifica niente altro». «E tuttavia» gli aveva risposto più tardi Rivière «benché la vita umana non abbia prezzo, noi operiamo sempre come se qualche cosa sorpassasse in valore la vita umana... Ma cosa?» (2001)
Ma c'è una fatalità interiore: un minuto arriva nel quale ci si sente vulnerabile, e, allora, gli errori attirano come una vertigine.
Vittoria... disfatta... queste parole non hanno senso. Sotto queste immagini, c'è la vita; la vita che prepara già altre immagini. Una vittoria indebolisce un popolo, una disfatta ne rianima un altro. (2001)
"Sono assolutamente pazzo" pensava Fabien; "sorrido mentre siamo perduti."
Stringe nel suo volante il peso della ricchezza umana, e porta, disperato, da una stella all'altra, l'inutile tesoro che sarà costretto a restituire...
Non un lamento. Non un grido. Ma il suono più puro che la disperazione abbia mai modulato.
Nella vita non ci sono soluzioni. Ci sono delle forze in cammino: bisogna crearle, e le soluzioni vengono dopo.
Pensava di poter riconoscere un certo volto tra mille, e, nondimeno, lo aveva già dimenticato. (2001)
Lo scopo, forse, non giustifica niente, ma l'azione libera dalla morte.
I secondi sgocciolano via, sgocciolano veramente come sangue.
Ogni secondo porta con sé una probabilità.
Ed ecco che il tempo, scorrendo, distrugge qualche cosa. Come in venti secoli, distrugge un tempio, s'apre la strada nel granito e spande il tempio in polvere, ecco che secoli di logorìo si accumulano in ogni secondo e minacciano un equipaggio.
[...] prova quel senso di riposo che solo i grandi disastri consentono quando la fatalità libera l'uomo.
Una vittoria indebolisce un popolo, una disfatta ne rianima un altro.
Cominciai a leggerle Il piccolo principe di Saint Exupéry, un autore francese che il mondo intero ammira più dei francesi. (Gabriel García Márquez)
↑ Da Lettera a un ostaggio, traduzione di Mario Bertin, p. VI; pubblicato come inserto di Scuola e formazione, anno XVIII, n. 1/2, gennaio/febbraio 2015.
1 2 3 Da Terra degli uomini - Il pilota e le potenze naturali, a cura di Leopoldo Carra, Mondadori, Milano, 2015. ISBN 9788852059742
↑ Da Terra degli uomini, traduzione di Mario Bertin, Elliot, Roma, 2014. ISBN 9788861928558
Antoine de Saint-Exupéry, Cittadella, riduzione e traduzione di Ezio L. Gaya, con la collaborazione di M.lle Simone de Saint-Exupéry, Roma, Edizioni Borla, 1991.
Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, traduzione di Yasmina Melaouah, Gribaudo, San Giovanni Lupatoto (VR), 2015. ISBN 978-88-580-1283-3
Antoine de Saint-Exupéry, La pasta umana. Taccuini 1935-1940, a cura di Emanuele Trevi e Luna Orlando, traduzione di Manuela Maddamma, UTET, 2015.
Antoine de Saint-Exupéry, Pilota di guerra - La morale dell'inclinazione, a cura di Leopoldo Carra, Mondadori, 2015.
Antoine de Saint-Exupéry, Terra degli uomini, traduzione di Renato Prinzhofer, Mursia, 1988.
Antoine de Saint-Exupéry, Volo di notte, traduzione di Cesare Giardini, Oscar Mondadori, 2001.