Intervista di Simona Spaventa, Repubblica.it, 24 giugno 2014
[Lo sapeva di essere un'icona gay?] Lo so da sempre, e poi tutti i miei amici sono gay. Anch'io sono una diversa, perché sono brutta. Non sono gay ma mi piacerebbe, vorrei essere brutta, omosessuale, negra, sì scriva proprio così, non nera, e andarlo a gridare alle nuvole, per dare un senso totale alla mia diversità. Per questo ho accettato [di ritirare il prememio Queen of comedy al Festival MIX], io che a ricevere premi non vado quasi mai, ti chiamano perché sei spiritosa, a rallegrare serate di tristezza folle. Qui invece le mie parole non erano solo aria, sono arrivate al cuore e al cervello di tanti.
Trovo ghettizzante il doversi definire in contraddizione a qualcos'altro, per me non esistono gay o etero, esiste la creatura con desinenza femminile casuale.
[Che cosa pensa del matrimonio gay?] Da atea il matrimonio lo vedo più come una convenzione religiosa, penso sia inutile. L'importante è che siano riconosciuti gli stessi diritti civili a tutti, e la libertà di amare chi ci pare.
Intervista di Alessio Poeta, Gay.it, 23 novembre 2016.
Tornare [a recitare] al cinema, per me, è un po’ come ritrovare un compagno di scuola. Uno di quelli che non ti era neanche troppo simpatico. Io sono un animale da palcoscenico, oltre che un animale [(ride)] e con questo vorrei evidenziare che gli attori di teatro hanno, almeno secondo me, una marcia in più. Non voglio fare la snob, ma al cinema non si entra nel personaggio come lo si fa con il teatro. Io non so mai come finiscono i miei film. ... Spesso, a seconda delle esigenze, si inizia a girare con la scena finale e poi, magari, si gira un’altra scena che non sai neanche in che parte del film verrà collocata. Che poi, detto tra noi, non vado mai a vedere i miei film al cinema. Non vorrei sembrare inopportuna, scomoda e saccente, ma è la verità. Io sento molto più mio il teatro.
Christian[De Sica] è un attore meraviglioso. Una persona bravissima. Un signore, bello dentro e bello fuori. Parlare con lui mi ha dato la sensazione di essere nel salotto buono del vero spettacolo italiano.
[La Signorina Silvani mi] E’ stata sempre stretta. Io non rinnego niente, ben vengano tutti quei Fantozzi, ma io da bambina volevo fare Rossella O’Hara in Via Col vento. Senza la Silvani non avrei avuto tutta questa popolarità, però mi ha incorniciata troppo. Io amo l’Italia in tutte le sue orrendezze, ma non sopporto questo voler far fare, a tutti i costi, sempre lo stesso personaggio. Ho lavorato tanto affinché la gente mi venisse a vedere a teatro perché sono Anna Mazzamauro e non la Silvani.
...la Silvani è come un cartone animato. Non è questione di fare o non fare. E’ un personaggio intramontabile e che resterà per sempre. L’ho messa come un quadrifoglio fortunato all’interno del mio diario, poi ho girato due, tre pagine e l’ho spiaccicato per bene. Questo a voler dire che ora guardo avanti sfogliando altre pagine.
[E’ vero che da bambina recitavi in bagno?] Sì, ed è per questo che sono diventata un cesso!
Forse [piaccio ai gay] perché non sono una loro antagonista? Che poi, in tutta sincerità, non ne posso più di tutte queste definizioni. Esistono gli esseri umani, punto. La gente non deve rompere i coglioni sulle preferenze sessuali delle persone e scrivilo così per favore. Viva la libertà.
Intervista di Carlo Antini, Iltempo.it, 12 dicembre 2017.
[Su Cyrano de Bergerac] Cyrano è innanzitutto un essere umano che lotta per la giustizia con la spada in mano, soffre e muore per amore e, per questo, potrebbe essere sia uomo che donna.
Ho dovuto faticare per raccontare alla gente che un attore è più di un solo personaggio a cui il pubblico si affeziona.
Io non esamino mai un personaggio in quanto uomo o donna.
La signorina Silvani è stata la mia laurea. Le devo tanto perché mi ha dato popolarità e riconoscibilità. Negli anni è diventato uno specchietto per le allodole. Ancora oggi mi fermano per strada e mi chiedono di ripetere le sue battute più famose. Il pubblico la ricorda con affetto.
Sul palco mi piace passare dal comico al drammatico e viceversa. Perché così è la vita dove c'è l'alternanza tra questi due elementi.
Sul palcoscenico teatrale tra attore e pubblico si crea una corrispondenza di vita. Alla base di tutto ci sono le emozioni. Senza emozione il teatro non ha senso.
Intervista di Carla Massi, Ilmessaggero.it, 20 dicembre 2017.
[Sulla morte di Paolo Villaggio] È morta anche la mia giovinezza. Fantozzi è stato l'unico uomo che mi abbia veramente amato. Anna Silvani.
Io sono una narratrice di storie. Di racconti e sentimenti di esseri umani. Per questo nei miei personaggi si riconoscono sia gli uomini che le donne. A volte mi sembra di interpretare Anna, altre volte la Mazzamauro. Sempre la mia atipicità in ogni tempesta.
Quando ho subìto una violenza, meglio dire quando sono stata picchiata sul set, sono stata zitta. Per paura. Capisco il terrore che una donna può provare. Sì, anche io che sembro sempre così forte e spavalda.
Si fa fatica oggi a confrontarsi con il mondo esterno. Ma non dò giudizi, non metto all'indice nessuno anche se alla mia età posso permettermi tutto. Va detto, però, che è complicato aprire le braccia al mondo. E capirlo. Come è complicato schivare le etichette, anche politiche, e i processi mediatici che ormai si sostituiscono a quelli veri.