storico e scrittore italiano Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Alessandro Barbero (1959 – vivente), storico e scrittore italiano.
Citazioni in ordine temporale.
Quando si tratta di grandi avvenimenti come il nostro Risorgimento c'è rischio che la storia venga mitizzata, che la retorica e la propaganda di parte semplifichino eventi e conflitti di non facile interpretazione. Gli storici di mestiere sanno che il Risorgimento è un fenomeno più complesso di quello che si legge sui libri di testo o che si vede sui monumenti nelle strade e nelle piazze. Non c'è niente di nuovo, è risaputo che il Risorgimento è stato gestito da personalità in forte contrasto fra loro... [...] Cavour è stato lì per lì per impiccare Garibaldi che se avesse potuto avrebbe fatto altrettanto. [...] I tempi sono maturi perché si possa guardare a quegli eventi con l'occhio della storia che non ha paura di rilevare contraddizioni e realtà e non quello della retorica e della propaganda. Non c'è nessun problema per l'identità nazionale perché se si va a vedere le condizioni dell'epoca è stata una stagione straordinaria. Seppur con tutti i difetti hanno avuto un'abilità e una fortuna miracolose [...] hanno preso decisioni difficilissime per lo più senza sbagliare col coraggio di sacrificare le proprie posizioni per raggiungere un compromesso quando c'era bisogno. L'impressione è quella di una stagione memorabile della nostra storia con tutti i limiti che tutti gli uomini politici hanno, che magari li avessimo oggi...[1]
[Sul neoborbonismo] Il revisionismo di oggi è [...] mitologico [....] propagandistico e di parte, non serio, non critico. È semplicemente il piacere di reinventare il passato, mentendo quando c'è bisogno, per servire a fini ideologici attuali. [...] L'unico punto su cui si può dibattere è in realtà un equivoco. È vero che l'industria al sud non era in ritardo rispetto al nord in quel momento. Il problema è che industria era insignificante dappertutto in italia. Il meridione era entrato già dal tardo medioevo in declino. Coloro che hanno piacere di raccontare queste fregnacce diranno che a Napoli è stata costruita la prima ferrovia d'Italia la Napoli – Portici, ma nel 1860 non c'era nient'altro, la rete stradale del mezzogiorno erano insignificanti rispetto a ciò che c'era al nord semplicemente perché un governo passivo e spaventato del progresso non aveva voluto proseguire in quella direzione. L'analfabetizzazione era 10 volte superiore alle zone più avanzate del nord un abisso. Tutti altri elementi statistici danno senso di divario abissale.[1]
Si può raccontare la storia in forma lieve, senza essere troppo ponderosi, rispettando tuttavia le fonti e la verità storica. Montanelli era molto bravo a scrivere, ma in fondo ne sapeva poco, gli piaceva gigioneggiare, sprofondava nell'anacronismo. Oggi ci si è accorti che, nel raccontare la storia, essere rigorosi ed essere divertenti non è conflittuale.[2]
La gente crede che a chiedere un favore si indebolisca, perché poi si rimane in debito verso quelli che te l'hanno fatto... non è affatto così. Chiedere un favore è come chiedere un prestito per investirlo in un grosso affare. Poi si rimane in debito, certo, e prima o poi bisogna restituirlo. Ma intanto quello che ti ha fatto il prestito è diventato diciamo così, il tuo socio. Ha interesse che le cose ti vadano bene, non che ti vadano male. Ti ha fatto un favore, e vuole che tu ti trovi in condizione di restituirlo. Vuole che si sappia che quelli a cui lui fa dei favori, hanno successo.[3]
Scoprii così che il forte di Fenestrelle [...] è considerato da molti, nel Sud, un antesignano di Auschwitz, dove migliaia, o fors'anche decine di migliaia, di reduci meridionali dell'esercito borbonico sarebbero stati fatti morire di fame e freddo e gettati nella calce viva, all'indomani dell'Unità. Questa storia è riportata, con particolari spaventosi, in innumerevoli siti; esistono comitati "Pro vittime di Fenestrelle" e celebrazioni annuali in loro memoria [...]. Che il governo e l'esercito italiano, fra 1860 e 1861, avessero deliberatamente sterminato migliaia di italiani in Lager allestiti in Piemonte, nel totale silenzio dell'opinione pubblica, della stampa di opposizione e della Chiesa, mi pareva inconcepibile. Ma come facevo a esserne sicuro fino in fondo? Avevo davvero la certezza che Fenestrelle non fosse stato un campo di sterminio, e Cavour un precursore di Himmler e Pol Pot? Ero in grado di dimostrarlo, quando mi fossi trovato a discutere con quegli interlocutori in buona fede? Perché proprio con loro è indispensabile confrontarsi: con chi crede ai Lager dei Savoia e allo sterminio dei soldati borbonici perché è giustamente orgoglioso d'essere del Sud, e non si è reso conto che chi gli racconta queste favole sinistre lo sta prendendo in giro. L'unica cosa era andare a vedere i documenti, vagliare le pezze d'appoggio citate nei libri e nei siti che parlano dei morti di Fenestrelle, e una volta constatato che di pezze d'appoggio non ce n'è nemmeno una, cercare di capire cosa fosse davvero accaduto ai soldati delle Due Sicilie fatti prigionieri fra la battaglia del Volturno e la resa di Messina. [...] Col mestiere che faccio, dovrei aver imparato a non farmi illusioni; e invece finisco sempre per farmene. Forse, dopo tutto, sta tramontando la stagione in cui in Italia si poteva impunemente stravolgere il passato, reinventarlo a proprio piacimento per seminare odio e sfasciare il Paese, senza che questo provocasse reazioni pubbliche e senza doverne pagare le conseguenze in termini di credibilità e di onore.[4]
[Sui neoborbonici] [...] erano convinti, e me lo dicevano in tono sincero e accorato, che il Sud fino all'Unità d'Italia fosse stato un paese felice, molto più progredito del Nord, addirittura in pieno sviluppo industriale, e che l'unificazione – ma per loro la conquista piemontese – fosse stata una violenza senza nome, imposta dall'esterno a un paese ignaro e ostile. È un fatto che mistificazioni di questo genere hanno presa su moltissime persone in buona fede, esasperate dalle denigrazioni sprezzanti di cui il Sud è stato oggetto; e che la leggenda di una Borbonia felix, ricca, prospera e industrializzata, messa a sacco dalla conquista piemontese, serve anche a ridare orgoglio e identità a tanta gente del Sud. Peccato che attraverso queste leggende consolatorie passi un messaggio di odio e di razzismo, come ho toccato con mano sulla mia pelle quando i messaggi che ricevevo mi davano del piemontese come se fosse un insulto.[4]
[Sulle mistificazioni pseudostoriche circa il Forte di Fenestrelle] Sono andato a vedere se la documentazione immensa – perché ogni burocrazia, ogni Stato, ogni esercito produce un'immensa documentazione – prodotta in quegli anni permette davvero di ricostruire cosa è successo a quei 100 000 uomini, a quegli 8 000 fra loro che sono stati effettivamente portati al nord come prigionieri di guerra alla fine del 1860, e a tutti gli altri. La documentazione [sabauda] permette di ricostruire in modo molto dettagliato cosa volevano fare di loro le autorità sabaude, cosa gli hanno fatto e cosa è accaduto a questa gente... è la storia di un'epoca di conflitto, di guerre, di traumi, non è in nessun modo una storia di sterminio... il punto che a me interessa è: si dice, si scrive e si crede che lo Stato italiano tra il 1860 e il 1861 ha scientificamente sterminato migliaia di italiani, facendoli morire di fame e di freddo. Questo non è vero.[5]
Quando una cosa comincia a essere necessaria, di solito qualcuno la inventa.[6]
Lo Ius primae noctis è una straordinaria fantasia che il medioevo ha creato, che è nata alla fine del medioevo, ed a cui hanno creduto così tanto, che c'era quasi il rischio che qualcuno volesse metterlo in pratica davvero, anche se non risulta che sia mai successo davvero. In realtà è una fantasia: non è mai esistito.[7]
Da molti anni ci hanno fatto il lavaggio del cervello dicendoci che i totalitarismi son tutti uguali, che l'Unione Sovietica di Stalin e la Germania di Hitler erano la stessa cosa... e allora anche il loro accordo [il Patto Molotov-Ribbentrop] sembra meno strano. La realtà è che per allora, per la gente di allora, è uno shock immenso. Perché la Germania nazista e l'Unione Sovietica comunista appaiono come i due paesi più contrari e nemici che ci siano. E lo sono! È una prova del cinismo, dell'astuzia, e della freddezza straordinarie sia dei nazisti, sia di Stalin e del suo gruppo, il fatto che facciano questo accordo, da cui il mondo rimane esterrefatto. Stalin ha deciso che gli inglesi e i francesi son troppo molli, non lo vogliono l'accordo [l'alleanza antinazista proposta dall'URSS], "perciò lo faccio coi nazisti, alla faccia loro, perché io ho bisogno di essere sicuro! [...] Tanto poi non lo manterremo il patto, ma per il momento ci serve!".[8]
[Sul concetto di "egemonia culturale" di Antonio Gramsci] Oggi si vede benissimo, c'è un gruppo sociale - che è la grande finanza, i grandi imprenditori - che è al potere, ma non perché mette i carri armati per le strade: quello, avrebbe detto Gramsci, sarebbe "il dominio con la forza", che non basta. Un gruppo sociale è forte e comanda quando fa pensare anche gli altri come lui. E oggi tutti pensiamo quello: l'imprenditore è la figura più ammirata, il profitto è fondamentale... e gli intellettuali ripetono queste cose oggi. [...] In ogni società c'è un gruppo che domina. Poteva essere la cavalleria nel Medioevo supponiamo, o la borghesia dopo la Rivoluzione francese. Questo gruppo domina e dirige. Dominare vuol dire "avere la forza", dice Gramsci. Dirigere è qualcosa di più. Dirigere vuol dire che in realtà gli altri gruppi sociali son d'accordo che sia quel gruppo lì a comandare, in sostanza, o non si pongono neanche il problema. E vedono il mondo così come lo vedono i membri della classe dirigente. "Quando le cose stanno così", dice Gramsci, "un regime è solido" una società è solida. Comincia ad andare verso la rivoluzione quando le forze al potere non hanno più questa egemonia culturale e la società gli scappa da tutte le parti ed è solo con la forza che si riesce a mantenere il regime. Quindi, diciamo che è un concetto complesso ma è utile perché uno guarda tante società umane e dice "vedi, funziona anche lì". Tant'è vero che secondo me funziona anche nella nostra oggi.[9]
Sarebbe bene se, diversamente da Roberto Benigni nel suo film [La vita è bella], ci ricordassimo che a liberare Auschwitz e le sue vittime sono stati i "malvagi comunisti sovietici" e non i "buoni americani" [...]. Ecco, vedete come si sfuma tra la memoria vera, la memoria ricostruita? Quanta gente ha visto il film e si ricorderà per sempre che Auschwitz è stata liberata dagli americani? Ecco, la storia è un'altra cosa.[10]
I ragazzi dei GAP sono partigiani improvvisati, senza nessuna esperienza, a corto di armi, a corto di munizioni. Quelle poche armi e munizioni che hanno, le hanno perché a Roma esiste anche una resistenza militare monarchica, organizzata da ufficiali del Regio Esercito [...], solo gli ufficiali dell'esercito riescono a rimediare armi ed esplosivi e, ovviamente - fornirle ai partigiani comunisti - qualche discussione c'è; però poi alla fine le danno, perché gli ufficiali hanno le armi e gli esplosivi ma i comunisti le usano.[11]
Furono i nostri alleati francesi e britannici a pretendere la testa di un comandante che aveva subito una disfatta così rovinosa [a Caporetto]. E i politici, che non amavano affatto il comandante supremo, furono ben felici di cogliere l'occasione per sostituirlo con Armando Diaz. In particolare il nuovo presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando, ex ministro degli Interni, era da tempo in rapporti gelidi con Cadorna.[12]
[Su Armando Diaz] Non è poi così diverso dal suo predecessore, i due sono il prodotto di uno stesso sistema. Di certo Diaz migliora il trattamento delle truppe, anche se qualche misura per sollevarne il morale era già stata presa. Inoltre la situazione sul Piave è diversa da quella che si era creata sull'Isonzo per oltre due anni. Cadorna doveva attaccare, mandando i soldati al macello in territorio asburgico. Invece a Diaz basta respingere gli assalti di un nemico ormai esausto. E può fare appello al sentimento nazionale di soldati che adesso si battono per difendere la patria.[12]
I tedeschi uno può pensare quello che vuole, ma la guerra la sapevano fare. Hanno fermato di netto lo sbarco americano. Gli americani sono inchiodati sulle spiagge di Anzio, non si muovono più. Su un muro di Trastevere compare una scritta [dei partigiani] "Americani resistete, veniamo noi a liberarvi".[13]
La storia è diversa della memoria: la memoria è infatti soggettiva e non può essere condivisa ma pacificata. La memoria è una trappola. La storia è ricostruire i fatti all'interno del loro contesto, a volte è l'interpretazione dei fatti se i fatti sono acclarati. Non esiste una storia oggettiva, proprio perché l'orientamento personale rischia di offuscare il giudizio.[14]
Gli Stati Uniti dal 1945 a oggi non sono mai stati, credo, in pace in senso stretto. Nel senso che non ci fosse qualche posto del mondo dove dei soldati americani stavano combattendo e morendo.[15]
L'idea che dopotutto la Resistenza abbia avuto poco o nessun peso, in termini strettamente militari, è da relegare nell'armamentario dei luoghi comuni, apparentemente così veri e invece imprecisi e faziosi.[16]
Siamo un Paese [l'Italia] particolarmente variegato e frazionato e litigioso e spaccato, più della Francia di sicuro, o della Germania che è comunque un Paese di grandi diversità e che però non è così profondamente litigioso. E in più c'è la grande diversità geografica... Al di là del pittoresco, l'Italia è tuttora un Paese per metà fascista e per metà antifascista. E lo è sempre stato, salvo che si è fatto finta che i fascisti non fossero proprio la metà, che fossero una minoranza, invece sono chiaramente la metà del Paese.[17]
[Parlando del Movimento delle sardine] Si va troppo in fretta a dare importanza a queste cose. Il movimento esisteva da qualche settimana e già ci si chiedeva quale fosse il loro programma; ma sono solo un'increspatura nella storia.[18]
Non c'è stata alcuna risposta europea a questa emergenza [il Coronavirus]. Da questo punto di vista l'Europa non esiste, l'Unione Europea è inesistente. Oltre a essere inesistente negli spiriti, nel senso che si è visto che ogni Paese comunque pensa esclusivamente a sé stesso, con la meravigliosa eccezione della Cina che ci manda medici [...], tutte le decisioni sono prese a livello del singolo Paese, i dati vengono raccolti e comunicati con criteri che ogni Paese ha scelto, e che non sono per nulla trasparenti fra l'altro. L'inesistenza totale dell'Europa in questo che è il più grande avvenimento storico degli ultimi 20 o 30 anni è qualcosa su cui bisognerà evidentemente poi riflettere a cose finite, perché è drammatica.[19]
La guerra, Hitler, l'ha persa nel momento stesso in cui ha attaccato l'Unione Sovietica, nel giugno del 1941, perché si è messo contro un nemico di cui non immaginava la potenza, i tedeschi avevano sottovalutato clamorosamente la potenza industriale, le capacità organizzative, la volontà di resistenza e la forza militare dell'Unione Sovietica.[20]
La Germania di Hitler era un Paese fondato su una concezione razziale, sull'idea del popolo eletto, i tedeschi, e gli altri popoli inferiori, fra cui noi italiani, naturalmente, e poi i subumani da eliminare: gli ebrei, gli zingari, ecco... in Unione Sovietica non c'era niente del genere. E se uno invece uno va a cercare un Paese che negli anni 30 aveva una politica razziale molto precisa e ufficiale, ecco con grande sorpresa scopriamo che gli Stati Uniti, la più grande democrazia del mondo di allora, erano un paese ufficialmente razzista, dove c'era una politica razziale, dove la popolazione era censita per razze, tutt'ora [lo è] fra parentesi, ma dove soprattutto, in una parte dell'unione, i neri erano discriminati concretamente, non avevano diritti politici.[21]
Allora, io devo confessare che i libri di Giampaolo Pansa non li ho mica letti tutti e a fondo perché mi prende un rigurgito a prendere in mano quei libri, tuttavia so più o meno come vengono vissuti da quelli che li leggono. Noi non possiamo essere nella testa di Giampaolo Pansa e quindi non possiamo sapere se quest'uomo, che era stato di sinistra, a un certo punto ha avuto una conversione e davvero si è detto: i vinti meritano di essere ricordati... è stata fatta un'ingiustizia in Italia... Se non si è reso conto dell'effetto che stava provocando con i suoi libri, o se se ne è reso conto ma è cinicamente andato avanti perché gli rendevano un sacco di soldi. Noi questo non possiamo più dirlo; certamente i libri sono spregevoli, non perché possano contenere delle inesattezze [...]. Ma non mi stupirei per niente neanche se questi libri riportassero soltanto episodi autentici, perché si sa da sempre in Italia che ovviamente nella Resistenza è potuto succedere di tutto. Son cose che già negli anni '50 i fascisti, che per inciso erano perfettamente liberi in democrazia di pubblicare libri in cui raccontavano queste cose, per cui queste cose le sapevano già tutti anche prima. [...] Dopodiché appunto, episodi drammatici? Tragici? Crimini? Crimini dei partigiani con l'autorizzazione delle autorità alleate, che in genere dicevano ai partigiani "Fate pulizia"? Chi può dire non importa? Certo che è sempre una tragedia, però appunto se andiamo a vedere i crimini che hanno commesso i liberatori allora? Gli eserciti che risalivano la penisola ne hanno commesso di crimini, contro la popolazione civile, contro i prigionieri di guerra... Fin da quando sono sbarcati in Sicilia, e tuttavia le popolazioni delle città italiane li accoglievano festanti, felici che fossero arrivati. Quindi appunto, il problema è che di singoli episodi se ne potranno sempre trovare in qualunque contesto per mettere in buona o cattiva luce chiunque: quello che conta è chi stava dalla parte giusta e chi stava dalla parte sbagliata. E io sfido chiunque oggi arriccia il naso davanti ai partigiani o ha i libri di Pansa sullo scaffale in bella vista a dire: "Ma tu avresti preferito che vincessero quegli altri? Ma tu vorresti vivere in un mondo in cui avrebbe vinto Hitler? E in cui le camere a gas avrebbero continuato a funzionare? Davvero?". Se tu me lo dici sinceramente mi sta bene, d'accordo. Ma io voglio vedere quali lettori dei libri di Pansa risponderebbero sì a questa domanda.[22]
Sono sempre stato orgogliosamente di sinistra e continuo a esserlo. Ma la sinistra, oggi, è rimasta ingabbiata nel mondo intellettuale e nei salotti borghesi: non è più radicata, come un tempo, tra le fasce popolari. È una sinistra più attenta ai diritti umani, temi comunque nobilissimi, che non al conflitto economico e sociale. Ma è un problema della sinistra di tutto l'Occidente.[23]
Il sogno che gli operai potessero diventare la parte più avanzata, più consapevole della società, e prendere il potere nelle loro mani, è fallito; il risultato è che nei Paesi occidentali non c'è più nessun partito che si presenti alle elezioni dicendo "noi rappresentiamo gli operai e vogliamo portarli al potere". Ma la sinistra era quello, nient'altro. Invece la destra, cioè la rappresentanza politica di chi vuole legge e ordine, rispetto dell'autorità e libertà d'azione per i ricchi, e non si sente offeso dalle disuguaglianze sociali ed economiche, è ben viva. E in un mondo dove la destra è molto più vitale della sinistra è inevitabile che la lettura del passato vada di conseguenza, e che si possano diffondere enormità come quella per cui il comunismo sarebbe stato ben peggio del fascismo.[24]
La lotta di classe c'è stata e l'hanno vinta i ricchi... e non hanno preso prigionieri.[25]
Nella Seconda guerra mondiale i vincitori erano dalla parte giusta, ma non faccio fatica a dire che hanno commesso orrori. Che i sovietici hanno sterminato gli ufficiali polacchi nelle fosse di Katyn, che Churchill ha fatto morire milioni di indiani ai tempi della carestia del Bengala, non faccio fatica a dire che i bombardamenti aerei degli alleati sulle città italiane e tedesche siano stati indiscriminati.[26]
Io penso che essere di destra o di sinistra, a volte, è una cosa proprio banalmente viscerale. Gli studenti manifestano in piazza: ti fanno simpatia, e ti vien voglia di capire cosa vogliono questi ragazzi, o ti danno fastidio, ti fanno rabbia, e speri che arrivi la polizia a bastonarli?[27]
Dov'è il confine tra immaginario e reale? [...] La storia è sempre fatta da due elementi che bisogna far stare insieme anche se in realtà sono come l'acqua e l'olio. Da una parte i fatti oggettivi che succedono, dall'altra i riflessi che provocano nella testa della gente.[28]
Il romanzo può fare quello che alla storia è vietato.[28]
[Sugli «ingredienti per una lezione di storia accattivante e godibile»] Il primo è essere appassionati di quello che si sta per raccontare e poi essere onesti intellettualmente: dire la verità facendo capire ai propri studenti che non è sempre facile farlo.[29]
Storia e filosofia continuano a essere insegnate dallo stesso docente. È ancora dalla riforma Gentile che [...] ci si illudeva che si potessero mettere insieme le due cose. In realtà la riforma Gentile dava il primato alla storia, e pensava che anche della filosofia si dovesse insegnare la storia. Non so quanto voi percepite se il vostro docente è laureato in storia o filosofia, di solito l'approccio cambia molto. Noi storici la pensiamo come Salvemini: la filosofia non sarebbe dannosa, sarebbe solo inutile, se non fosse che fa perdere tempo. È uno scherzo, la filosofia serve molto, ma è una cosa diversa dalla storia.[30]
Intervista di David Crescenzi, tusciaweb.eu, novembre 2017.
Non sono sicuro che un cristiano o un musulmano, dalla totale e perfetta appartenenza alla propria religione, possano dirsi pienamente compatibili con dei cittadini laici. Ma la Repubblica è fatta per tener dentro tutti. Purché si rispettino principi di fondo, come l'uguaglianza, il rispetto delle regole da parte di tutti e l'impegno a non sollevare gli uni contro gli altri.
L'Islam in senso religioso è certamente diviso, come lo è anche il Cristianesimo. Oggi siamo abituati a una visione irenica in cui tutte le varie fedi cristiane coesistono abbastanza bene e dove solo una, quella cattolica, ha un leader di statura internazionale come il papa. Quindi, soprattutto noi che viviamo in un paese cattolico, tendiamo a pensare che il cristianesimo sia più unitario, cosa che non è, e ad immaginarci un Islam monolitico, quando in realtà non lo è affatto.
Nella tradizione islamica non c'è una sola interpretazione. O meglio, un maestro può anche dire che l'interpretazione vera sia la sua, ma il maestro della moschea accanto può sostenere il contrario. E poi c'è da dire che, anche laddove i testi sacri sono estremamente espliciti, i fedeli di ogni religione, storicamente, hanno sempre avuto una grandissima capacità di dimenticarseli e di considerarli tacitamente decaduti. Per cui, quand'anche qualcuno dimostrasse che un certo passo del Corano inciti a fare la guerra agli "infedeli", la questione diventerebbe quella di aiutare il mondo musulmano a non pensare più a quel versetto. Così come è accaduto per noi nel mondo cristiano, che certo non andiamo più ripetendo la massima di San Paolo "La donna taccia nell'assemblea!". Sta scritta nel Nuovo Testamento, ma fingiamo che non ci sia. Insomma, in tutte le religioni, un conto sono i libri sacri con le loro contraddizioni, dove si può trovare tutto ciò che si vuole. Un altro è l'atteggiamento dell'interprete. Qui, la sfida è incoraggiare chi trova significati che facilitano convivenza e tolleranza anziché chi trova messaggi aggressivi, che pure ci sono.
È indubbio che esista un Islam intollerante, come del resto è esistito un Cristianesimo intollerante. Anzi, per gran parte della sua storia, il Cristianesimo è stato molto intollerante. Però, oggi, noi viviamo in una fase felice perché il Cristianesimo, nel suo insieme, è molto più tollerante di una volta, pur avendo le sue sacche di intolleranza, specie in materia di vita sessuale.
[...] noi italiani viviamo in una democrazia in cui una maggioranza cattolica, dal concordato del '29, impone al paese leggi che ne mutuano la visione confessionale. È un fatto di cui molti nemmeno si accorgono, mentre ad altri dà un po' fastidio. Ora, dal punto di vista teorico, per uno stato laico questo non sta in cielo né in terra. Però, in pratica, sappiamo tutti che nella nostra repubblica si può convivere. Avere una maggioranza cattolica che in Italia vieta certe leggi e ne impone certe altre è una seccatura, è un fastidio, è un limite della nostra libertà.
Le "visioni" di uno storico
Dalla conferenza al Festival della Comunicazione, Camogli, 2018; video disponibile su youtube.com.
[...] la storia non ha leggi, non ha certezze, la storia è caotica come la vita di ciascuno di noi, è influenzata da mille cose che non possiamo prevedere, va in direzioni che non ci aspettiamo, non si può irrigidire in leggi. Però, secondo me, una legge della storia c'è: non bisogna invadere la Russia. Ebbene, anche questa legge così semplice, evidente, facile da capire, i più potenti politici degli ultimi secoli l'hanno ignorata alla grande! Io per me sarei tentato di aggiungere anche l'Afghanistan, devo confessarvi... (min. 06:26-07:08)
La storia potrebbe anche essere magistra vitae, però bisogna che ci sia qualcuno che vuole imparare. (min. 08:38-08:44)
Finché una cosa sta succedendo, avviene nella totale incertezza, nella totale fluidità. Poi una volta che una cosa è successa, acquista una forza spaventosa, acquista la stabilità di un macigno. Sono successe le cose. Sono quelle. Ed è allora che noi, per una stortura che è comune a tutti noi, diciamo: ah be', doveva andare a finire così per forza! Capite il problema logico: lo dici solo dopo. Prima non lo dici mai [...] (min. 13:43-14:15)
Per tanto tempo gli storici [...] hanno raccontato del grande Regno di Israele, che mille anni prima di Cristo esisteva in Palestina, un grande e potente regno, con una grande città come capitale: Gerusalemme. Grandiosi edifici, il tempio di Salomone, i suoi gloriosi Re Davide, Salomone. Gli storici raccontavano questo, perché le uniche fonti che avevamo erano i racconti dell'Antico Testamento. Poi gli archeologi israeliani hanno cominciato a scavare alla ricerca di questo grande regno e della sua grande capitale. Hanno cominciato a scavare, hanno continuato a scavare, dopo un po' hanno cominciato a dirsi "Mah, sai che qui non viene mica fuori niente?! Veramente siamo arrivati allo strato di mille anni fa", non c'era niente. Qualche focolare di nomadi. Dopo un po' gli storici e gli archeologi israeliani hanno cominciato a dirlo che loro stavano trovando questo. Ovviamente i politici israeliani non sono stati contenti, e neanche l'opinione pubblica, ma — e va detto a imperituro onore degli archeologi israeliani — gli archeologi israeliani sono andati avanti e hanno dimostrato che il grande Regno di Israele mille anni prima di Cristo non è mai esistito. Non c'era Gerusalemme, non c'era il tempio di Salomone, non c'era niente. Solo dei nomadi che vagavano nella steppa. (min. 56:10-57:38)
Intervista di Daniela Ranieri, ilfattoquotidiano.it, 23 gennaio 2020.
Il nazismo è un'ideologia inventata in Germania da Hitler e i suoi soci, è durata 20 anni; essere nazista vuol dire essere d'accordo con quella cosa. Il comunismo è esistito per 150 anni, in tutto il mondo, ha avuto milioni di fedeli e militanti. In alcuni casi questi sono andati al potere e hanno commesso delitti. Ma il comunismo non ha mai voluto dire prendere il potere per mandare la gente nei lager. Erano quelli che lottavano per i diritti della povera gente, e finivano loro nei lager.
In qualche cassetto ho una tessera del PCI firmata da Enrico Berlinguer, con la falce e il martello; voglio vedere chi venga a dirmi che me ne devo vergognare.
Alcuni volutamente confondono antisemitismo e opposizione alla politica israeliana. [...] C'è chi ha interesse a impedire che si critichi lo Stato di Israele. Questo è un antisemitismo inventato.
Possono passare secoli in cui un sistema iniquo riesce a farsi accettare, magari anche a creare consenso, e poi esplode. Non c'è motivo di pensare che questo capitalismo disgraziato stia per finire, ma non c'è nemmeno certezza che un giorno la Rivoluzione non arrivi.
[In Polonia] Si ostinano a pensare che i nazisti erano meglio dei comunisti, [...] si cerca di non far ricordare l'entusiasmo con cui molti polacchi hanno partecipato allo sterminio degli ebrei. Nella loro concezione distorta può nascere l'idea che la falce e martello faccia orrore quanto la svastica.
Diego Bianchi intervista il Prof. Alessandro Barbero
Da Propaganda Live, LA7, 12 febbraio 2021; video disponibile su la7.it.
[«Qual è la cosa del mondo intorno che più ti angoscia?»] È un lungo elenco. Io in genere sono uno che non fa classifiche. [...] Siamo entrati in una lunga epoca in cui ormai la guerra di classe l'hanno vinta i ricchi, e i ricchi saranno sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri. Quella è una cosa grossa effettivamente, e a me angoscia. Io sono abbastanza egoista e autistico da dire: «Vabbè, io vivo la mia vita». Però se ci penso quella è la cosa che fa più rabbia, ecco, più che angoscia la cosa che fa più rabbia del mondo di oggi. Perché poi non lo dice nessuno, lo dicono quelli che tanto nessuno sta a sentire. Però ufficialmente va tutto a meraviglia: viviamo in democrazia. [...] Adesso esce qualche articolo su come i miliardari in Italia si sono raddoppiati negli anni della pandemia [di COVID-19]. Però [...] non è colpa della pandemia: è proprio che l'Occidente ha preso quel giro lì. Ma noi ce lo ricordiamo: è tutta colpa di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, che brucino all'inferno. (min. 1:50-2:50)
[Sull'alternanza scuola-lavoro] La scuola serve a fare sì che gli esseri umani abbiano tutti un terreno comune, ricco, complesso; imparino a confrontarsi con situazioni diverse, con vite diverse. [Quando] tu studi letteratura, impari a vivere altre vite oltre alla tua; studi la storia, ed è la stessa cosa. E anche lo studio scientifico, che a me personalmente è alieno – strappavo la sufficienza a gran fatica –, anche quello ti apre la testa e ti aiuta a pensare. [...] È chiaro, ci sono indirizzi di scuola che ti insegnano anche i fondamenti del tuo futuro mestiere. Meno male che l'alberghiero ti insegna a cucinare! Però anche all'alberghiero si studia anche la letteratura, e la storia: questo significa aprire le teste delle persone. Ora la sensazione che il discorso sia: «Siccome l'economia è l'unica cosa che importa, il profitto è l'unica cosa che importa; e l'economia ha bisogno di tecnici, di esecutori, non di gente che critica! Magari forse andare a scuola troppo a lungo a cosa serve, se non a creare appunto della gente che poi non ubbidisce?». Io ogni tanto ho l'impressione che poi inconsciamente le classi dirigenti nostre di oggi, dell'Occidente di oggi, abbiano un po' in testa questa cosa qui. È chiaro che se invece che a scuola per un po' di ore li mandi a lavorare, sotto un capo che li dà degli ordini, con cui non è che discuti ma ubbidisci, cominci [...] prima. (min. 13:40-15:20)
[...] benché le foibe siano chiaramente una tragedia, uno dei tanti episodi spaventosi della seconda guerra mondiale, stabilire per legge che in Italia quello specifico episodio, quella specifica tragedia viene trasformata in un giorno [Giorno del ricordo] che tutti devono ricordare è una scelta politica, forzata; è una scelta ideologica, è una scelta divisiva [...]. (min. 16:40-17:22)
Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo
L'anno 1848 finirà presto. Le foglie degli aceri sono morte, e il vento che le spazza via odora già di neve. Ho settantotto anni, che sono una bella età anche in questo secolo di progresso, e credo che anch'io finirò presto. Può darsi che l'elettricità, il vapore e la strada ferrata permettano un giorno agli uomini di vivere più a lungo, ma mi sembra più probabile il contrario, nonostante le chiacchiere dei giornalisti; ad ogni modo, io non lo saprò mai. La gotta ha preso possesso del mio piede sinistro, e sta scavandosi la via verso l'alto, sicché un giorno o l'altro arriverà a bussare al cuore; non lo rimpiango, perché penso a tutto il roast-beef che ho mangiato, a tutto il Bordeaux che ho bevuto, e credo che ne sia valsa la pena, ma non posso nascondermi che sarò fortunato se arriverò a vedere un altro autunno.
Carlo Magno
È il luglio del 799, e il re dei Franchi, Carlo, è accampato a Paderborn, nel cuore della Sassonia conquistata. C'è gran traffico di muratori e falegnami, convogli di carri carichi di mattoni e calcina giungono ogni giorno lungo le piste di terra battuta, altri materiali arrivano per via d'acqua, risalendo i fiumi su chiatte e barconi: in mezzo alle foreste e alle paludi il re sta costruendo una nuova città, che sarà l'avamposto della Cristianità in mezzo ai pagani da poco convertiti, con un palazzo e una basilica capaci di rivaleggiare con quelli di Aquisgrana.
Gli occhi di Venezia
C'era stato il sole per tutto il giorno, ma adesso il vento dalla laguna si era rinfrescato e il cielo su Venezia cominciava a intorbidire. Matteo, ritto sul ponteggio principale del palazzo in costruzione, si asciugò il sudore con la manica fradicia della camicia, per l'ennesima volta: d'estate le giornate di lavoro cominciavano presto e non finivano mai. Guardò il sole per valutare quanto mancava al tramonto; nessuna chiesa aveva ancora suonato il vespro, nemmeno quella dei Frari che da un po' di tempo, per chissà quale mania del campanaro, lo suonava sempre prima delle altre.
L'ultimo rosa di Lautrec
Il nano procedeva cautamente, puntando davanti a sé il bastone da passeggio, come se sperasse di tenere a distanza l'acciottolato. Ci voleva poco per inciamparci, del resto: la ripida stradina di periferia scendeva a precipizio verso la place Blanche, e alzando gli occhi da terra ci si smarriva subito nel candore ovattato d'un cielo invernale, striato dal fumo dei camini. Poco sicuro delle proprie gambe, il nano cercava di tenersi accostato alle case, ma senza sfiorarle, per non sporcarsi; perché erano assai sudicie.
Romanzo russo
Quando si atterra a Mosca col buio, mentre l'aeroplano vira lentamente sulla città in attesa che trasmettano il segnale di via libera, è facile che l'occhio incontri dal finestrino il grattacielo dell'Università, sui Monti dei Passeri. Le luci sono accese dietro innumerevoli finestre, fioche, è vero, ma nella notte brillano; e sulla guglia più alta brucia ancora la stella rossa, come una volta. Per adesso il grattacielo sta lì può anche darsi che un giorno lo facciano saltare con la dinamite, e al suo posto scavino, chissà, una piscina, ma non mi pare che se ne sia ancora parlato seriamente, e del resto sarebbe un peccato.
Brick for stone
Tames Square stamattina è deserta. Le strade sono ricoperte di cartacce e coriandoli, palloncini afflosciati, cicche di sigarette e vetri rotti. Ogni tanto passa un taxi vuoto o una macchina della polizia, a passo d'uomo; ma non c'è niente da controllare, a quest'ora stanno dormendo tutti e il loro fiato sa di alcol. Secondo la televisione, ieri sera c'era un milione di persone a festeggiare il Capodanno, e io ero uno di loro. [...] Nessuno mi riconosceva per quello che ero.
↑ Estratto dalla videopresentazione Barbero vs Neoborbonici - La sfida di Fenestrelle, Bari, Libreria Laterza, 5 dicembre 2012; video disponibile su youtube.com (min. 13:10-14:08).
↑ Dall'intervento a Superquark, Rai 1, 8 agosto 2013; video disponibile su rai.tv (min. 1:28:50).
↑ Dalla conferenza Come scoppiano le guerre? La seconda guerra mondiale, Festival della Mente, Sarzana, 2014; video disponibile su youtube.com (min. 46:27).
↑ Dall'intervista a Quante storie, Rai 3, 8 giugno 2017; video disponibile su raiplay.it (min. 14:15)
↑ Dalla conferenza L'eredità di Roma con Nicola Gardini e Alessio Sokol, Festival èStoria, 12 giugno 2017; video disponibile su youtube.com (min. 33:11).
↑ Dalla conferenza Le reti clandestine. Una rete di partigiani: i GAP di Roma e l'attentato di via Rasella, Festival della Mente, 2 settembre 2017; video disponibile su youtube.com (min. 25:32).