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opera dello Pseudo-Plutarco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Le Vite dei dieci oratori sono un'opera erroneamente attribuita a Plutarco e giuntaci nei suoi Moralia[1].
Vite dei dieci oratori | |
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Titolo originale | Βίοι τῶν δέκα ῥητόρων |
Altro titolo | Vitae X oratorum |
Busto moderno di Plutarco nella sua Cheronea. | |
Autore | Pseudo-Plutarco |
Periodo | II secolo |
Genere | Saggio |
Sottogenere | aneddoti |
Lingua originale | greco antico |
Serie | Moralia |
Preceduto da | De vitando aere alieno |
Seguito da | Confronto tra Aristofane e Menandro |
Il trattato si pone come n. 41 nel Catalogo di Lampria delle opere di Plutarco. Esso comprende le biografie, con documenti ufficiali, dei dieci oratori del Canone alessandrinoː Antifonte[2], Andocide[3], Lisia[4], Isocrate[5], Iseo[6], Eschine[7], Licurgo[8], Demostene[9], Iperide[10], Dinarco[11].
Segue, come appendice[12] una raccolta di decreti ufficiali per i vari oratori.
La serie di biografie dei dieci oratori attici selezionati nel Canone alessandrino è evidentemente basata su Cecilio di Calacte, citato spesso e fu sicuramente attribuita al nostro per il carattere biografico, anche se di livello certamente minore rispetto alle biografie plutarchee; tuttavia, il carattere erudito e bibliografico ne decretò la sopravvivenza nel corpus dei Moralia e l'ampio utilizzo anche da autori competenti quali Fozio[13].
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