Vite dei Cesari

opera di Svetonio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Vite dei Cesari

Le Vite dei Cesari, conosciuto anche come Vita dei Cesari o Vite dei dodici Cesari (titolo originale latino De vita Caesarum), sono un'opera storiografica di Svetonio.

Fatti in breve Titolo originale, Altri titoli ...
Vite dei Cesari
Titolo originaleDe vita Caesarum
Altri titoliVita dei Cesari, Vita dei dodici Cesari
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Manoscritto quattrocentesco dell'opera
AutoreGaio Svetonio Tranquillo
1ª ed. originaletra il 119 e il 122
1ª ed. italiana1544
Editio princepsRoma, Giovanni Filippo De Lignamine, 1470
Generetrattato
Sottogenerebiografico
Lingua originalelatino
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Suddivisa in 8 libri, comprende le biografie di Gaio Giulio Cesare - (101- 44 a.C., dittatore dal 49 al 44 a.C.) - e dei primi undici imperatori romani: da Ottaviano Augusto - nipote, figlio adottivo ed erede designato da Cesare stesso nel proprio testamento, che fu il primo imperatore - si conclude con la morte di Domiziano, imperatore dal settembre dell'81 alla sua morte nel 96, coprendo così un arco temporale di quasi due secoli.

Perduto è l'incipit dell'opera, con la dedica a Gaio Setticio Claro e l'inizio della biografia di Giulio Cesare. Svetonio fu scrittore prolifico in latino e in greco di un imponente numero di opere, anch'esse perdute.

Le fonti a cui l'opera attinge sono i materiali contenuti negli archivi di stato, cui Svetonio aveva accesso nella sua qualità, prima, di "Procurator (segretario) a studiis" sotto Traiano (imperatore dal 98 al 117), poi "Procurator a bibliothecis" e infine "Procurator ab epistulis", sotto Adriano (imperatore dal 117 al 138).

Struttura

Riepilogo
Prospettiva

Le vite, scritte durante il regno dell'imperatore Adriano[1], furono dedicate al prefetto del pretorio Gaio Setticio Claro[2] e comprendono:

Nell'analisi di ciascun imperatore, Svetonio segue uno schema che, anche se modificabile a seconda delle esigenze dell'autore, rimane sempre lo stesso: descrizione delle origini familiari, carriera prima dell'assunzione del potere, vita pubblica e provvedimenti relativi a Roma, vita privata, aspetto fisico e ultimi giorni prima della morte.

Come membro della corte imperiale, Svetonio utilizzò gli archivi imperiali per ricercare le testimonianze oculari e non, decreti, senatus consulta, verbali del Senato, le perdute opere di Gaio Asinio Pollione e Cremuzio Cordo e le Res Gestae Divi Augusti. Ebbe, quindi, a disposizione fonti di prima mano, anche se si servì anche di fonti non ufficiali, come scritti propagandistici e diffamatori e anche testimonianze orali, al fine di alimentare quel gusto per l'aneddoto e il curioso a cui egli dedica ampio spazio e che alcuni gli ascrivono come difetto e altri come pregio.

Sebbene, inoltre, non fosse mai stato un senatore, Svetonio sposò il punto di vista del Senato romano che aveva avuto molti conflitti con i primi imperatori. Ciononostante la sua opera riveste un ruolo importante: ad esempio, è la fonte principale per la vita di Caligola e su altri aspetti in cui mancano altre fonti, come Tito Livio o Tacito.

La sua opera funse anche da modello per le biografie imperiali scritte nel II secolo da Mario Massimo, che, sebbene sia andata perduta, sembra essere stata una delle principali fonti per la successiva Historia Augusta, che è considerata una sorta di continuazione delle Vite di Svetonio, in quanto narra degli imperatori e degli usurpatori romani del II e III secolo.

Ancora nel IX secolo, Eginardo prese a modello proprio Svetonio per la sua Vita di Carlo Magno.

Tradizione manoscritta

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Pagina di un'edizione del 1540

Secondo quanto riportato da Giovanni Lido, nel VI secolo circolavano versioni di Vite dei Cesari ancora complete di prefazione con dedica a Gaio Setticio Claro, prefetto del pretorio, e dell'inizio della Vita di Cesare.[6] Tre secoli dopo, quando Servato Lupo, abate del monastero di Ferrières in Francia, sapendo che nel monastero di San Bonifacio a Fulda in Germania era conservato un esemplare dei Cesari, chiese che gliene venisse inviata una copia trascritta, l'opera era già mutila del principio. Gli storici ritengono che da questa copia trascritta inviata a Lupo circa nell'anno 884, poi andata perduta insieme al modello di Fulda, discendano tutte le successive copie manoscritte dell'opera.

Il manoscritto più antico giunto fino a noi fu prodotto a Tours alla fine dell'VIII o inizio del IX secolo, ed è conservato attualmente nella Biblioteca nazionale di Francia. Al manoscritto manca il prologo e la prima parte della vita di Giulio Cesare, come in tutti i manoscritti più recenti.

Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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