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La Viscontea di Baratonia fu una signoria risalente all'XI secolo, i cui possedimenti spaziavano dal nucleo principale in Val Ceronda e nelle Valli di Lanzo fino alla pianura torinese e la bassa Val di Susa in Piemonte. Prende il nome da Baratonia, fino al 1870 comune autonomo[1] ed oggi frazione di Varisella.
Viscontea di Baratonia | |
---|---|
Dati amministrativi | |
Lingue ufficiali | latino |
Lingue parlate | piemontese |
Capitale | Baratonia |
Dipendente da | Marca di Torino |
Politica | |
Forma di governo | Viscontea |
Nascita | XI secolo con Vitelmo Bruno |
Causa | Fondazione da parte di Vitelmo Bruno |
Fine | XV secolo con Eleonora di Baratonia |
Causa | Matrimonio della ultima erede con Guglielmo d'Arcour |
Territorio e popolazione | |
Bacino geografico | Piemonte |
Evoluzione storica | |
Succeduto da | Ducato di Savoia |
Ora parte di | Italia |
Il capostipite Vitelmo Bruno fu un alto funzionario della Marca di Torino, ove assunse il ruolo di vice conte (da cui il termine"visconte"); ebbe grande influenza presso Adelaide di Susa e nella metà dell'XI secolo iniziò a costituire una vera e propria signoria partendo dai possedimenti di famiglia. Nel 1075 appare per la prima volta citato in un documento come "vicecomes de Barratonia". I suoi figli rafforzarono ulteriormente i possedimenti e mantennero il titolo di prestigio che, svuotato delle valenze giurisdizionali, divenne legittimazione del loro dominio signorile.[2]
Nel corso del XIII secolo i Baratonia si allearono ai Marchesi di Monferrato ed al Vescovo di Torino, finché nel 1306 prestarono fedeltà a Filippo Acaia. Nel 1356, venuto meno il potere degli Acaia, i visconti giurarono fedeltà ai Conti di Savoia.
Intorno al 1450, mancando la discendenza maschile, titolo e terre passarono per matrimonio alla ricca famiglia Arcour, le cui proprietà in Fiano e Altessano ingrandirono ulteriormente il patrimonio familiare.[3][4]
Oltre al già citato castello di Baratonia, due importanti complessi fortificati di proprietà della famiglia furono il castello di Givoletto, demolito dall'esercito francese nel 1554,[5] e la Torassa di La Cassa (anche detta Rocca Provana dal nome dei successivi proprietari dell'edificio).
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