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villa settecentesca di Racalmuto Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Villa Matrona è una residenza settecentesca di Racalmuto, nota per essere stata di proprietà dell’omonima famiglia.
Villa Matrona | |
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Villa Matrona vista dall’esterno | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Sicilia |
Località | Racalmuto |
Informazioni generali | |
Condizioni | In rovina |
Costruzione | XVIII secolo |
Stile | Neogotico |
Uso | Residenza estiva |
Realizzazione | |
Proprietario | Gaspare Matrona |
Committente | Famiglia Matrona |
Nel corso dell’Ottocento è stata un prestigioso punto d'incontro frequentato da intellettuali, accademici e uomini politici.[1]
«La fortuna di Contrada Noce fu dovuta al fatto che una grande famiglia vi abbia costruito, alla fine del Settecento, una villa grande quanto un castello. E delle villeggiature di quella grande famiglia è rimasto favoloso ricordo: delle feste; delle colazioni sull'erba in cui tra i lini e gli argenti, nel profumo delle magnolie, e luminose e profumate come magnolie, donne di mai più vista bellezza splendevano; delle carrozze dorate e stemmate; dei cavalli, dei cavalieri, dei lacchè, degli stallieri, dei cuochi.»
«La Noce… Per tanti il nome di una amena campagna, per me un lembo di Eden perduto…»
La villa, sita nella lussureggiante Contrada Noce, venne edificata come residenza estiva dalla ricca famiglia Matrona.
Nell’Ottocento, il mecenate e sindaco di Racalmuto Gaspare Matrona vi ospitò molti tra i più importanti intellettuali europei dell’epoca, fra i quali Francesco Paolo Perez, Giuseppe Zanardelli, il duca Gabriele Colonna di Cesarò.[2]
Seguendo l’esempio dei Matrona, molti racalmutesi costruirono in contrada Noce le loro residenze, anche modeste: un esempio fu rappresentato dal nonno di Leonardo Sciascia.
«Tutto sommato devo ai Matrona questo mio rifugio in campagna: poiché mio nonno, loro fedelissimo elettore, volle anche lui, da capomastro di solfara, avere un pezzetto di terra nella stessa contrada, edificandovi una casetta»
Il celebre scrittore racalmutese si trovò infatti a preferire la sua dimora di campagna, pressoché di fronte alla villa, rispetto alla residenza cittadina, e fu in questo luogo che scrisse la quasi totalità dei propri capolavori.[3]
«Le mie più belle vacanze sono quelle che passo nella campagna del mio paese: ogni anno, da quando sono nato. E tutti i miei libri non solo sono stati scritti in quel luogo, ma sono come connaturati ad esso: al paesaggio, alla gente, alle memorie, agli affetti»
Attorno agli anni ‘80 del XX secolo, la villa fu venduta dagli eredi della famiglia a degli imprenditori del vicino paese di Favara[4] con l’intento, più volte rivisto, di realizzarne un hotel o una clinica privata.[5]
Nonostante un parziale restauro, ad oggi la dimora si trova in stato d’abbandono.
La villa presentava due elevazioni. I portali erano sormontati da archi a sesto acuto, mentre le sale interne presentavano volte a botte.
Era poi presente uno spiazzale in cui si esibiva l’orchestra durante i ricevimenti.
Attorniava la residenza un ampio parco, in cui abbondavano piante di magnolia grandiflora (magnolie), pinus pinaster (pino marittimo) e quercus ilex (quercia).
La villa comprendeva anche delle grotte naturali di salgemma nonché diverse fontane .[6]
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