Vespri asiatici
evento storico (88 a.C.) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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I Vespri asiatici furono un eccidio commesso in Asia Minore nell'88 a.C.[6], casus belli della prima guerra mitridatica.
Vespri asiatici parte della prima guerra mitridatica | |
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Busto di Mitridate VI, oggi al museo del Louvre | |
Data | 88 a.C. |
Luogo | Asia e Cilicia |
Causa | Dichiarazione di guerra romana contro Mitridate VI |
Esito | Eccidio contro cittadini romani e italici |
Comandanti | |
Perdite | |
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A Roma era stato chiesto di porsi come mediatrice in una serie di controversie di lunga data tra il re di Bitinia e quello del Ponto.
La deliberazione del Senato fu favorevole alle rivendicazioni della Bitinia. Il re del Ponto, Mitridate VI, fino a quel momento amico di Roma, preferì sottomettersi all'arbitrato. Il controllo del Senato sulle sue truppe sul campo, tuttavia, era minimo. Su istigazione dei soldati, gli ufficiali romani in Asia iniziarono a sollecitare i Bitini a devastare il Ponto, sostenendo falsamente che l'arbitrato del Senato avesse creato un conflitto armato. In tal modo avrebbero avuto una parte nel bottino di guerra accumulato dal saccheggio delle ricche città della regione. Desiderosi di compiacere i loro consiglieri romani, i Bitini iniziarono a devastare il Ponto assistiti da soldati romani. Invano Mitridate tentò di opporsi attraverso i canali diplomatici. Disperato dalla situazione venutasi a creare, cominciò a progettare una grande campagna da condurre in Asia Minore contro lo Stato Romano. Si rivolse perciò ai suoi amici e alleati nella provincia d'Asia, offrendo doni e promesse in cambio del loro sostegno. Li avrebbe liberati dall'odiato oppressore romano con un solo colpo.
Nella provincia asiatica il re Mitridate VI Eupatore sfruttò il risentimento locale per il dominio romano e le sue tasse per orchestrare l'esecuzione di circa 80.000[2]/150.000[5] persone provenienti dall'Italia (sia cittadini romani che semplici socii) o di chiunque parlasse con un remoto accento latino.[7] Quest'azione portò il Senato romano, di norma prudente, a inviare una grande forza militare in Oriente, con l'obiettivo di ridurre il potere del regno del Ponto ed eventualmente di annettere quel territorio, cosa che avverrà con una serie di conflitti noti con il nome di Guerre mitridatiche.[3][4]
Appiano di Alessandria racconta che:
«[Mitridate] scrisse di nascosto a tutti i suoi satrapi e magistrati che il trentesimo giorno successivo avrebbero dovuto procedere all'uccisione di tutti i cittadini romani ed italici nelle loro città, comprese le loro mogli, i figli, i loro servitori di nascita italica, gettando poi i loro corpi fuori dalle mura, insepolti, e dividere i loro beni con lo stesso sovrano. Minacciò poi chiunque avesse provato a seppellire i morti o nascondere i vivi, e offrì ricompense a chi lo informava delle persone che erano state nascoste e dovevo essere uccise, o a chi schiavo avesse tradito il proprio padrone, donando loro la libertà affrancandoli. Offrì anche ai debitori che avessero ucciso [gli Italici] la liberazione di metà dei loro obblighi verso i loro usurai.»
Questi ordini segreti furono inviate a tutte le città allo stesso tempo. Quando arrivò il giorno stabilito, si ricordano particolari episodi di violenza nell'ex-provincia d'Asia come i seguenti:
«Gli Efesini uccisero coloro che erano fuggiti e si erano rifugiati nel tempio di Artemide dove si trovavano le immagini della dea. Gli abitanti di Pergamo li colpirono con il lancio di frecce, mentre erano fuggiti al tempio di Asclepio ed erano ancora aggrappati alle sue statue. Gli Adramitteni inseguirono coloro che cercavano di scappare a nuoto in mare, li uccisero ed annegarono i loro figli. I Caunii, che erano sottomessi ai Rodii, dopo la guerra contro [il re seleucide] Antioco [III il Grande], e recentemente liberati dai Romani, perseguitarono gli Italici che si erano rifugiati presso la statua di Hestia del Senato, li strapparono dal santuario, uccisero i figli davanti agli occhi delle loro madri, e poi uccisero le madri stesse ed i loro mariti dopo di loro. I cittadini di Tralle, per evitare di sentirsi in colpa per lo spargimento di sangue, presero un mostro selvaggio di nome Teofilo di Paflagonia, per occuparsi di ciò. Diresse le vittime al tempio della Concordia e là li uccise, tagliando le mani di alcuni che stavano abbracciando le immagini sacre.»
Appiano di Alessandria conclude dicendo che tale colpe ricadde sugli stessi abitanti d'Asia, poiché:
«[...] pagarono per due volte le loro colpe per il loro crimine: la prima per mano di Mitridate stesso, che male li trattava perfidamente, non molto tempo dopo, e l'altra volta per mano di Cornelio Silla.»
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