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La diocesi di Ravello (in latino Dioecesis Rebellensis) è una sede soppressa e sede titolare della Chiesa cattolica.
Ravello Sede vescovile titolare Dioecesis Rebellensis Chiesa latina | |
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Facciata del duomo di Ravello | |
Arcivescovo titolare | Vincenzo Turturro |
Istituita | 1968 |
Stato | Italia |
Regione | Campania |
Diocesi soppressa di Ravello | |
Eretta | 1086 |
Soppressa | 27 giugno 1818 |
unita all'arcidiocesi di Amalfi | |
Dati dall'annuario pontificio | |
Sedi titolari cattoliche | |
La diocesi era posta sul versante meridionale della penisola sorrentina, lungo la costiera amalfitana, e comprendeva il solo abitato di Ravello e il territorio circostante. La diocesi era molto piccola, così come le altre due diocesi nelle vicinanze di Ravello, ossia Scala e Minori. «Sembra altronde incredibile - scrive Matteo Camera - come abbiansi potuto erigere contemporaneamente tre vescovadi alla distanza di circa un miglio, come furono Scala, Ravello e Minori».[1]
Cattedrale della diocesi era la chiesa di Santa Maria Assunta. Il capitolo era composto, nel Settecento, da 4 dignitari e 13 canonici.[2]
Patrono della diocesi era san Pantaleone di Nicomedia, che ancora oggi è il patrono della città. L'ampolla, che si dice custodisca il sangue del santo, presenta il fenomeno dell'annuale liquefazione del sangue, che avviene nel mese di luglio o in occasione di miracoli ottenuti dal santo. È conservata nella cappella dedicata al santo, realizzata nel 1643, a sinistra dell'altare maggiore del duomo, dal vescovo Bernardino Panicola, che ne fece la traslazione con una solenne processione per la città.
Nel 1086[3] papa Vittore III eresse Ravello a sede vescovile, scorporandone il territorio da quello dell'arcidiocesi di Amalfi. Primo vescovo della nuova diocesi fu il monaco benedettino Orso Papice, consacrato dallo stesso pontefice l'anno successivo a Capua.
Vittore III concesse alla diocesi il privilegio dell'immediata soggezione alla Santa Sede, che fu confermato dai pontefici successivi, a cominciare da papa Urbano II nel 1090 e poi da papa Pasquale II nel 1101.[4]
Sul finire dell'XI secolo fu edificato il duomo di Ravello, cattedrale della diocesi, dedicato a Santa Maria Assunta. La cripta ospita oggi il "museo del Duomo", istituito il 3 luglio 1983, a cui si deve aggiungere l'adiacente chiesa del Corpo di Cristo, adibita a pinacoteca.[5] Nel territorio esistevano anche due antichi monasteri: l'abbazia maschile di San Trifone, risalente al X secolo, il cui abate Pietro ricevette nel 1096 uno speciale privilegio dalla popolazione ravellese; e l'abbazia femminile della Santissima Trinità, attestata dal 944.[6] Antiche chiese sono quelle di Sant'Eustachio e di Sant'Angelo, documentate rispettivamente nel 1020 e nel 1039.
Nei primi secoli, i vescovi furono tutti di origine ravellese, appartenenti a famiglie del patriziato urbano. Ciò evidenzia il carattere molto municipalizzato della Chiesa. Inizialmente la cattedrale non aveva un capitolo, ma solo un sodalizio di 12 sacerdoti semplici; fu il vescovo Tolomeo (1286-1290) che istituì il collegio dei canonici, composto da tre dignità (arcidiacono, arciprete e primicerio) e 18 canonici.[7]
Sulle rendite patrimoniali di cui godevano i vescovi di Ravello, così scrive Matteo Camera[8]: «Oltre le rendite patrimoniali che percepiva in Barletta, Giovinazzo, Bitonto ed in altri luoghi, riscuoteva poi il vescovo di Ravello de' diritti pecuniari sul macello degli animali (jus macelli), sulle fornaci da calce (jus calcariae), sulla tintura e cilindratura de' panni, la decima sulla pescagione, ecc.»
Alla diocesi di Ravello il 30 luglio 1603 fu unita aeque principaliter la diocesi di Scala. Il vescovo Francesco Bennio, già vescovo di Scala dal 1598, divenne vescovo di Ravello, conservando il titolo di entrambe le Chiese, cosa che fecero anche i suoi successori. Nella bolla di unione viene tuttavia confermata a Ravello l'immediata soggezione alla Santa Sede, per cui i vescovi erano soggetti a Roma come vescovi di Ravello, ma erano suffraganei di Amalfi se agivano come vescovi di Scala.
Nell'ambito della riorganizzazione delle circoscrizioni ecclesiastiche del regno napoletano sancita dal concordato tra papa Pio VII e Ferdinando I, il 27 giugno 1818 le diocesi di Ravello e Scala furono soppresse in forza della bolla De utiliori di Pio VII ed il loro territorio aggregato a quello dell'arcidiocesi di Amalfi.
L'archivio dell'antica diocesi, costituito dall'archivio della curia vescovile, da quello del capitolo e da altri fondi minori, è oggi conservato presso le sale della confraternita del Santissimo Nome di Gesù a Ravello, ed è formato da un fondo pergamenaceo (dal 998 al 1874) e da un fondo cartaceo (secoli XIV-XX).[9]
Dal 1968 Ravello è annoverata tra le sedi vescovili titolari della Chiesa cattolica; dal 29 dicembre 2023 l'arcivescovo, titolo personale, titolare è Vincenzo Turturro, nunzio apostolico in Paraguay.
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