Riparo Ranaldi
sito preistorico con pitture rupestri a Filiano, Potenza Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il Riparo Ranaldi, noto anche come Tuppo dei sassi, è un complesso di pitture rupestri all'interno di un riparo sotto roccia naturale situato a circa 800 metri s.l.m., nella frazione Carpini, all’interno della Riserva naturale antropologica I Pisconi, nel comune italiano di Filiano.
Localmente conosciuto come “Tuppo dei Sassi”- nome originario del riparo dato da un'errata localizzazione dello stesso poiché si colloca in “Serra Pisconi”- nel 1965 venne dedicato al prof. Ranaldi come riconoscimento per l’impegno protratto nella “scoperta”.[1]
Il Riparo fu scoperto nel corso di ricerche condotte tra il 1962 e il 1964 dall'archeologo Francesco Ranaldi. Il Ranaldi, già interessato all’esplorazione delle aree di Atella e Valle di Vitalba, avvalorò ipotesi relative alla presenza di antichissimi insediamenti. Sotto sollecitazione di Francesco Verrastro, un abitante del luogo, dimostrò l’interesse archeologico del sito. Infatti il riparo era già conosciuto e segnalato da pastori locali.
Nel settembre del 1966 la notizia viene riportata sul “London News”. Il tutto è stato narrato nella relazione che Ranaldi produsse successivamente il ritrovamento a supporto delle indagini e per avviare un'adeguata campagna di scavi. Francesco Ranaldi comprese, quindi, l'importanza della scoperta alla quale dedicò gran parte del suo lavoro di ricerca. A lui si affiancò inizialmente Franco Biancofiore che pubblicò i primi risultati delle indagini, mirati in particolar modo alla descrizione delle raffigurazioni. Solo dopo alcuni anni la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata, realizzò una proposta di Dichiarazione di interesse culturale al Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Nell’estate del 1971 è stato effettuato uno scavo dietro invito del sovrintendente alle Antichità della Basilicata, prof. Dinu Adamesteanu; protagonisti sono il prof. Ranaldi e Borzatti von Lowenstern. Lo scavo portò alla luce industria litica.
Dagli anni ’70 fino a tempi recenti diversi sono stati gli studiosi interessatisi a tale evidenza archeologica, i quali hanno prodotto e studiato varie ipotesi circa il significato e la collocazione cronologica di queste importanti evidenze artistiche.
Lo scavo, protrattosi nell’estate del 1971, fu effettuato a seguito di alcune ipotesi su insediamenti umani presenti nella zona limitrofa al riparo.
Esso si caratterizzò dall’apertura di una trincea profonda 4 metri e dovette essere interrotto a causa della presenza di grossi massi di arenaria la cui rimozione avrebbe causato dei pericolosi cedimenti per il sedimento soprastante. Lo scavo ha evidenziato diverse fasi di sedimentazione descritte di seguito e rappresentate in una sezione realizzata da Borzatti[2].
Le caratteristiche geologiche degli strati testimoniano un importante cambiamento climatico avvenuto nel corso del tempo. A ciò si aggiunge la presenza di diversa industria litica (circa 300 tra strumenti e frammenti di selce). Diversamente non sono presenti resti faunistici probabilmente a causa dell’azione acida del terreno.
L'industria litica realizzata prettamente in selce chiara di scarsa qualità potrebbe appartenere alla fase Mesolitica. Borzatti, facendo alcune considerazioni, come: esasperata microlitizzazione, presenza di geometrici frequenti e assenza di ceramica ipotizzò la collocazione dell’industria a questo specifico periodo cronologico.
Il riparo presenta una forma a mezz’arco, è alto circa 6 m e caratterizzato da strati di arenaria. A causa della fragilità di questa roccia e a seguito di processi di crollo succedutisi nel tempo si è costituita una forma “aggettante” (tipica di un riparo sotto roccia) che persiste tutt’oggi e che ha permesso la frequentazione umana. Lungo la parete liscia e compatta del riparo sono presenti le maggiori evidenze pittoriche, altre tracce minori si collocano sull’antica “volta” del riparo.
Grazie alla conformazione geologica del sito e a fattori climatici favorevoli, in particolar modo la formazione di una concrezione calcarea data dalle acque meteoriche, le tracce rupestri si sono conservate fino ai giorni nostri.
Le evidenze pittoriche sono realizzate in ocra rossa, presenti in particolar modo in un rettangolo immaginario lungo in senso verticale 65 cm e largo 52 cm. Tuttavia su tutta la parete verticale sono presenti altre tracce, meno visibili a causa di processi di deterioramento. I motivi riscontrati sono principalmente antropomorfi e zoomorfi, questi ultimi sottintendono una fauna di tipo Olocenico, caratteristica di ambienti postglaciali, dove iniziano a diffondersi mammiferi di media taglia mentre scompaiono quelli di grossa taglia.
La colorazione dei motivi è rosso scuro, eppure in alcune parti si nota una pigmentazione più debole e sbiadita tale probabilmente a causa di un diverso processo di conservazione rispetto ai motivi che appaiono di colore più marcato.
Tutte le raffigurazioni presenti, seppur in alcune aree abbastanza distanziate tra loro, erano facenti parte di un unico grande pannello figurativo il quale, dopo processi di crollo e degradazione meteorica è andato disfacendosi. Sostenendo tale ipotesi è possibile immaginare l’antica presenza di altre tracce ad oggi non più visibili.
I pittogrammi del Riparo Ranaldi appartengono ad un unico stile simbolico-schematico, realizzati probabilmente con le dita. Questo stile figurativo si caratterizza da una semplificazione delle figure, ridotte alle loro linee fondamentali. I motivi sono ravvicinati ed in alcuni casi sovrapposti, si tratta della rappresentazione di antropomorfi e zoomorfi. I primi riprendono caratteristiche tipiche della figura umana seppure con una schematizzazione della resa anatomica: c’è la testa, gli arti superiori ed inferiori. I secondi vengono rappresentati di profilo con la parte anteriore rivolta a sinistra; sono tutti quadrupedi ed in alcuni casi presentano segmenti ramiformi o di tipo pettiniforme. Tali caratteristiche farebbero attribuire la raffigurazione a rappresentazione di cervidi poiché questi segmenti indicherebbero i loro palchi. Altri, che non presentano queste caratteristiche, potrebbero essere riferibili a canidi.
Diverse sono le interpretazioni di queste raffigurazioni date, nel corso degli anni, dagli studiosi che si sono occupati del sito. Di seguito verranno esposte le principali interpretazioni date in letteratura:
È da sottolineare come gli animali siano in numero maggiore in tutta la composizione questo perché l’aspetto socio-economico era incentrato prettamente su queste “materie prime” di sopravvivenza e pertanto messe in “evidenza” nella raffigurazione.
A causa dell’assenza di datazioni assolute o altri elementi potenzialmente utili per una possibile collocazione cronologica dei motivi figurativi è abbastanza complesso riuscire a dare una precisa datazione alle evidenze artistiche del Riparo.
L'attribuzione cronologica delle pitture rupestri del Riparo Ranaldi, in letteratura, segue due distinti percorsi: raffigurazione naturalistica mesolitica di un branco di cervi nel loro habitat[3] da una parte e scena schematica di caccia neolitica, con persistenza di tradizioni più antiche, dall’altra[4]. Per questo motivo sia nelle pubblicazioni archeologiche sia nella documentazione amministrativa le figure del Riparo vengono diversamente attribuite all’una o all’altra fase archeologica: Paleolitico-Mesolitico o Neolitico (che pare più probabile), con una significativa differenza di qualche millennio. Considerando i confronti con l'arte schematica della penisola iberica, è anche possibile ipotizzare che una parte delle figure, quelle antropomorfe, siano da attribuire all'età del rame[5].
Francesco Ranaldi scoprì anche delle incisioni su una roccia sovrastante il riparo. La roccia, di natura arenosa, ha la forma di un triangolo isoscele con base di 4,10m X 3,50m e uno spessore di 70 cm[6]. Ranaldi ipotizzò che il masso, a causa di una fenditura intorno alla sua base, sia stato tolto dalla sua posizione eretta per cause naturali. La parte superiore risultava, al momento della scoperta, ricoperta di una spessa corteccia di muschi e licheni; la parte inferiore, invece, era rimasta interrata fino a poco tempo prima a causa di un dissotterramento da parte delle persone del luogo per costruire il tracciato di pietre per la raccolta di legna.
Su questa parete vi sono le incisioni: in alto a destra una figura umana alta 22 cm vista frontalmente, in corsa (gamba destra portata in avanti e leggermente piegata) e che impugna una lancia nel braccio sinistro. Con il destro scaglia altre lance contro due animali: cervidi, incisi di profilo. Alla loro destra, sfruttando un rilievo naturale, l'artista ha disegnato il dorso inarcato di un animale colpito e rivolto in avanti con le zampe. In basso a sinistra sono presenti una serie di incisioni di tipo curvilineo che non hanno un significato ben preciso e sono seguite da altre incisioni a forma di V rivolte verso il basso (forse si tratta di corna di cervidi). La figura umana è tracciata con unico solco e ha la caratteristica di avere la gamba destra lunga 4 cm in più della sinistra, forse per dare un'idea di movimento. I cervidi, 18 cm •15 cm e 21 cm • 22 cm, dominano la sezione centrale: sono incisi con un solo tratto profondo che delinea la parte superiore del dorso e le estremità posteriori; una seconda linea ne segna le corna, le estremità anteriori e le gambe e infine una terza ne determina il ventre. Il cervide di destra, ricavato da una sporgenza naturale, sembra proteso in avanti con il muso fino a toccare il muso dell'altro cervo; in entrambi non vi sono accenni agli elementi interni. Secondo Ranaldi esse risalgono al periodo finale del Paleolitico e non appartengono ad alcuna scuola o tradizione.
Uno studio recente del 2002 ha appurato che queste incisioni non sono riconducibili a mano umana ma riferibili a tracce di ichnofossili (invertebrati marini)[7].
Al di sotto del Riparo, all'interno del fitto bosco, Ranaldi documenta anche la presenza di un masso in arenaria di forma tendenzialmente piramidale, arrotondato nella parte superiore e con incisioni coperte da una patina grigia e chiazze di licheni e muschio.
La parte sud-ovest presenta al suo centro alcuni graffiti che, dopo essere stati ripuliti e analizzati, assumono la sembianza di un'incisione circolare (circa 70 cm di diametro) con alcune rientranze e interruzioni nelle parti di frattura della roccia.[8] Il Ranaldi documenta anche un'incisione (circa 36 cm di larghezza) presentante linee e curve che associa a un'arte astratta più che simbolica, com'è invece quella delle tracce rupestri. Numerose sono le ipotesi sul significato dell'incisione, quelle più accreditate sono:
Affidandoci all'ipotesi della figura umana, il collo e la testa vanno individuati nell'incisione raffigurante un rettangolo mentre le braccia vengono solamente accennate. In questo caso, il cerchio che si trova nelle immediate vicinanze della raffigurazione umana potrebbe essere associato a una capanna o a un recinto e le due linee parallele potrebbero voler raffigurare l'ingresso all'abitazione.
Il sito si colloca in contrada Carpini (comune di Filiano), è preceduto da un sentiero naturalistico e protetto da un cancello. Il percorso, dotato di passerelle, presenta dei cartelli illustranti le specie animali e vegetali presenti nella riserva “I Pisconi” in cui si colloca il riparo.
È possibile visitare il sito archeologico tramite prenotazione, il servizio di accompagnamento è gestito dal Comune di Filiano e dalla Protezione Civile.[9] La fruizione della riserva Naturale è consentita solo a fini educativi, di studio, per compiti amministrativi e di vigilanza, secondo precise norme comportamentali (D.M., n.154, 17 giugno 1972). Nonostante tutto, e le protezioni legali supponenti ed inderogabili, l'area, unica nel suo genere, per quanto riguarda il suo patrimonio naturalistico, ambientale ed archeologico, rischia tuttora per pericolosi interventi che riguardano l'intento di una costruzione di una strada lungo il fondovalle boschivo del fiume bradano, non compatibile sia dal punto di vista legale che ambientale.
Nell’agosto 2019 è stato inaugurato un museo multimediale “Dal segno alla scrittura, dalla selce al silicio” con lo scopo di divulgare la conoscenza del riparo e della riserva in cui si colloca.
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