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Il trauma vicario è un fenomeno che deriva dal coinvolgimento empatico tra chi svolge una professione d'aiuto e coloro che sono effettivamente vittime di un trauma in prima persona[1]; si tratta quindi di un'esposizione indiretta a un evento traumatico altrui, che però causa un cambiamento in negativo degli schemi cognitivi e delle credenze del soccorritore rispetto al proprio lavoro e alla realtà.[2] È rilevante sottolineare che la traumatizzazione vicaria non è necessariamente dovuta al trauma in sé, ma piuttosto alla relazione d'aiuto, basata su empatia e immedesimazione, che si instaura tra vittima e soccorritore in situazioni drammatiche e ad alto impatto emotivo. Dunque, coloro che sono esposti al rischio di trauma vicario sono tipicamente professionisti e volontari quali soccorritori, terapeuti e personale socio-sanitario.
Il concetto di traumatizzazione vicaria è stato introdotto per la prima volta da McCann e Pearlman nell’ambito della Teoria Costruttivista dello Sviluppo del Sé (Constructivist Self Development Theory – CSDT). La CSDT cerca di integrare le teorie psicoanalitiche con le teorie cognitive della Social Cognition, allo scopo di creare una cornice dinamica per comprendere le esperienze dei sopravvissuti a eventi traumatici e di chi si prende cura di loro. Questa teoria si basa sul presupposto che ogni individuo costruisca e modifichi il proprio schema cognitivo per poter capire al meglio gli eventi che accadono nella realtà che lo circonda: quando, per esempio, un terapeuta incomincia a seguire un paziente traumatizzato, per adattamento cognitivo il suo sistema di credenze cambia.[3] Tutto questo può essere imputato ai neuroni specchio che, quando entriamo in relazione con qualcuno, permettono di comprendere ciò che egli sta vivendo, fino a condividerne la natura e l’intensità.[2]
Il concetto di trauma vicario è in larga parte sovrapponibile a quelli di "stress traumatico secondario" e "compassion fatigue". È importante però non confonderlo con quello di sindrome da burnout, che indica piuttosto una condizione di spossamento, logoramento e insoddisfazione nel proprio lavoro, dovuto però alla percezione di un carico eccessivo che perdura per un lungo periodo di tempo; la sindrome da burnout, quindi, può colpire indipendentemente dalla professione e dall'esposizione indiretta a situazioni traumatiche.[3]
Benché nel trauma vicario l’esposizione all’evento traumatico sia indiretta, la tipologia di sintomi che ne consegue è la stessa riscontrabile in un quadro clinico di disturbo da stress post-traumatico.[1] Gli individui possono rispondere alla traumatizzazione vicaria in molti modi diversi, ma possono essere individuate cinque categorie sintomatologiche principali.
Possono includere sensazioni di perdita, tristezza e ansia. Alcuni soggetti possono diventare irritabili o rabbiosi, frequentemente distratti, o sperimentare sbalzi d'umore e cambiamenti nell'umorismo. Un'altra sensazione comune è quella di sentirsi costantemente non al sicuro.
Possono includere tendenza all'isolamento, un aumento nel consumo di alcolici o di sostanze stupefacenti, un'alterazione delle abitudini alimentari e difficoltà nel dormire. Inoltre, i soggetti vittima di un trauma vicario possono sentire la necessità di correre dei rischi, smettere di rispettare i propri impegni, evitare le altre persone e fare fatica a tenere separata la propria vita personale da quella lavorativa.
Possono comparire, per esempio, sotto forma di mal di testa, sfoghi cutanei, ulcere e bruciore di stomaco.
Possono apparire sotto forma di cinismo e negatività, oppure di una difficoltà nel concentrarsi, ricordare o prendere decisioni nella vita di tutti i giorni.
Possono includere una perdita di speranza, una diminuzione della percezione dell'importanza dei propri scopi, e una sensazione di essere sconnessi dal resto del mondo. Le vittime potrebbero non vedere più un senso nella propria vita, sentirsi inutili, incapaci di amare o non meritevoli di essere amati.[4]
Per evitare la traumatizzazione vicaria è fondamentale mantenere un buon equilibrio tra vita professionale e vita personale: svago, amicizie, cura della persona e qualche hobby sono ritenuti utili affinché il lavoro non estranei un individuo dalla realtà e ne indebolisca il senso di identità personale. Inoltre, è di fondamentale importanza mantenere un rapporto di collaborazione, dialogo e sostegno tra colleghi, per ridurre la sensazione di isolamento. Infine, chiunque svolga una professione a rischio di trauma vicario dovrebbe avere informazioni su questa patologia, anche solo per identificarne velocemente i sintomi.[3][1]
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