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costumista italiana (1899-1978) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Titina Rota (Milano, 15 giugno 1899[1] – 1978[2]) è stata una costumista, scenografa e pittrice italiana.
Nacque nel 1899 a Milano in una famiglia di artisti musicali: il nonno materno era Giovanni Rinaldi, sua madre e sua zia erano pianiste e concertiste e suo cugino era il compositore Nino Rota; si dedicò quindi allo studio del violino.[3] Da giovane ebbe modo di frequentare Igor Stravinskij, Alfredo Casella e Gabriele D'Annunzio, e quest'ultimo apprezzò piuttosto i suoi disegni.[3] A vent'anni si emancipò dalla famiglia per studiare e lavorare come vetrinista e disegnatrice.[3]
Nel 1931, a trentadue anni debuttò come costumista per La locandiera di Carlo Goldoni al Teatro Odeon di Milano.[3] Guido Salvini la chiamò a lavorare per La Scala su scene e costumi di opere liriche.[3] Cambiò il modus operandi ottocentenesco di noleggiare i costumi teatrali da sartorie esterne, creando una squadra di sarte all'interno della Scala che creava costumi ad hoc per lo specifico cast dello specifico spettacolo.[3]
Lavorò per altri palcoscenici d'Italia, quali il Maggio Fiorentino, il Teatro Comunale di Firenze, l'Opera di Roma e La Fenice.[3] Nel teatro veneziano, in particolare, si occupò di costumi e scene di due opere liriche, nonché della propria ultima messa in scena con Il telefono o l'amore a tre di Giancarlo Merotti.[3] Si dedicò altresì al teatro di prosa: tra le sue collaborazioni, i registi Max Reinhardt e Renato Simoni.[3]
Lavorò in campo cinematografico come costumista, in film di Mario Camerini (p.e. Il documento del 1939) e in trasposizioni o film di stampo teatrale di Carmine Gallone.[3]
Dagli anni Cinquanta si dedicò alla pittura ad acquerello.[3] Il suo soggetto più frequente furono i paesaggi invernali di Anacapri, sua residenza principale nel corso dell'anno.[3] Alcune sue creazioni comprendono La vita ad Anacapri (1968), Il gelataio a Venezia e diversi olii intitolati Sogno.[4]
Il suo stile era ispirato all'art déco e il suo tratto era «deciso e insieme leggero, coloratissimo e talvolta surreale».[3] Gli abiti per commedie teatrali avevano una connotazione umoristica, e secondo i critici la sua fantasia e la sua eleganza erano «speziate di ironia».[3] Fu comunque versatile a seconda del genere di spettacolo che affrontava.[3]
Le sue opere sono state soggette a numerose aste nel mercato, con un record di 8 076 dollari per l'acquerello A group of fourteen works depicting operatic characters.[5]
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