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Gli ebrei in Europa sono presenti da oltre 2 000 anni, a partire dall'antichità ellenistico-romana fino ai giorni nostri.
Comunità ebraiche si sono stanziate in Europa sin dall'epoca ellenistico-romana, formando importanti centri di vita e cultura ebraica nei principali centri europei sul Mediterraneo.[1]
Gli ebrei sono stati l'unica minoranza religiosa alla quale, sia pur sottoposta a limitazioni e discriminazioni, sia stato permesso di vivere nell'Europa cristiana. A partire dal XVI secolo l'istituzione dei ghetti caratterizzò la vita di gran parte degli ebrei europei. Dopo la rivoluzione francese, la nascita dei moderni stati nazionali favorì migliori condizioni di vita e nella maggioranza dei paesi l'emancipazione civile degli ebrei. Il periodo tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento fu il periodo d'oro degli ebrei europei che dettero vita a vibranti comunità e offrirono un contributo importante alla vita culturale, politica e sociale dell'Europa.[2]
Ad un maggior peso della presenza ebraica in Europa si accompagnarono tuttavia sentimenti diffusi di antisemitismo che nel periodo successivo alla prima guerra mondiale giocarono un ruolo sempre più importante nella crescita e affermazione dei regimi fascisti. La Germania nazista acquisì un ruolo di guida nella persecuzione razziale che colpì dapprima i diritti civili degli ebrei e quindi sfociò con l'Olocausto in un progetto scientificamente programmato di genocidio.
La popolazione ebraica in Europa nel periodo precedente alla seconda guerra mondiale era stimata attorno ai 9 milioni. Si ritiene che nel periodo tra il 1940 e il 1945 siano stati uccisi circa 6 milioni di ebrei ad opera dei nazisti di Adolf Hitler e dei regimi loro alleati (la Romania di Ion Antonescu, l'Ungheria, l'Italia repubblichina di Benito Mussolini), la Croazia del Poglavnik. Di più,[3] secondo Raul Hilberg " La Croazia, come la Slovacchia, era un satellite della Germania e "una creazione tedesca fatta a tempo di record" che nella sua politica razziale rispettò e perfino "migliorò" la definizione della Germania nazista.
L'Olocausto ha inferto un colpo durissimo alla presenza ebraica in Europa, significando in molti casi la scomparsa di comunità secolari. A ciò si aggiunse l'emigrazione verso Israele o gli Stati Uniti e le politiche repressive dei regimi comunisti dipendenti dall'Unione Sovietica. La fine della guerra fredda nell'est europeo e la generale riscoperta di interesse nella cultura ebraica ha offerto se non altro migliori prospettive per la salvaguardia del patrimonio artistico e culturale dell'ebraismo europeo.
La Francia con mezzo milione di ebrei ospita oggi la più numerosa comunità ebraica europea; seguono il Regno Unito, la Russia, la Germania, l'Ucraina e l'Ungheria. Paesi un tempo al centro della vita ebraica mondiale, come la Polonia, la Bielorussia, l'Austria, la Repubblica ceca, la Slovacchia, la Romania, la Croazia, la Serbia e la Grecia, contano oggi piccole comunità ridotte ad un ruolo marginale.
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