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stile del nuoto Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il delfino è uno stile del nuoto evoluto dalla farfalla (nome che conserva a livello agonistico). Il termine a cui il regolamento tecnico FIN fa riferimento è comunque quello di farfalla[1] (butterfly in inglese).
La farfalla nacque come evoluzione della rana, nel momento in cui gli atleti si resero conto che recuperare le braccia fuori dall'acqua piuttosto che sotto il suo livello aumentava la velocità. Nel momento in cui quasi nessuno nuotava più secondo lo stile canonico, fu introdotta la regola secondo la quale nella rana era vietato sollevare le mani sopra il livello dell'acqua (regola mutata solo negli anni ottanta, limitata però solo all'azione degli avambracci) e conseguentemente fu codificato questo nuovo stile.
Lo stile delfino nasce storicamente come evoluzione della farfalla, che si differenziava soprattutto nell'azione della gambata: nella farfalla, infatti, le gambe si muovevano come nella rana, e per ogni bracciata era effettuata solo una gambata. In seguito, la FINA proibì la gambata a rana, eccetto che nelle gare master, permettendo per gli agonisti solo la gambata dall'alto verso il basso, con le gambe unite e sincrone.
La totalità dei movimenti previsti dal delfino segue una sorta di onda che origina dall'oscillazione del capo per spostarsi progressivamente, sul tronco sul bacino e sulle gambe. Ne consegue che il capo si troverà sempre in anticipo rispetto al corpo (esempio: fuoriesce prima che inizi il recupero delle braccia e si rivolge verso l'acqua all'incirca a metà di quest'ultima). Si effettua mantenendo il corpo in posizione prona (cioè con la pancia rivolta verso il basso): il tronco e le spalle vanno tenuti in linea con la superficie e tutti i movimenti che vengono compiuti dopo la partenza, sia dagli arti inferiori sia da quelli superiori, devono essere eseguiti sullo stesso piano orizzontale. Durante ogni ciclo di bracciata si eseguono due tipi differenti di gambate, una più ampia e una che presenta minor escursione degli arti inferiori. La prima viene effettuata per contrastare lo sbilanciamento causato dall'azione subacquea della bracciata (gambata stabilizzante) la seconda solo per ottenere un ulteriore avanzamento (gambata propulsiva). Una volta raggiunta la tecnica elementare, molta dell'efficacia propulsiva di questo stile è da ricercarsi nell'armonia, nella coordinazione del movimento e nell'orizzontalità sull'acqua.
Possiamo scomporre la bracciata dello stile delfino in cinque fasi quali l'appoggio o presa, la trazione, la spinta, l'apertura e il recupero.
La gambata invece consiste in un movimento ondulatorio (da qui il nome "delfino") che fa immergere prima le ginocchia leggermente flesse, poi i piedi (fase discendente). Poi le gambe tornano in superficie seguendo sempre il movimento ondulatorio (fase ascendente). La gambata non deve mai avvenire in maniera spezzata, cioè con le ginocchia eccessivamente flesse. È da rimarcare che la gambata a delfino grazie al connubio di muscoli che è in grado di coinvolgere (vedi tecnica) e alla superficie che espone all'acqua sembra configurarsi come il gesto più propulsivo della tecnica del nuoto. Essa viene infatti impiegata nelle fasi subacquee (fasi che seguono la virata e il tuffo) di tutti gli stili, e in particolare molti atleti di livello la sostituiscono al crawl per quasi un quarto delle gare in vasca lunga e quasi metà delle gare in vasca corta, indicativamente 15 metri per vasca. Tuttavia per ottenere un tale risultato è necessaria una spiccata sensibilità sull'acqua e un'esecuzione impeccabile del movimento ondulatorio del corpo. La gambata in subacquea prevede che le mani siano sovrapposte in posizione di torpedine e le braccia iperdistese in modo che il movimento ondulatorio progressivo del corpo venga scaricato unicamente sugli arti inferiori e che non coinvolga la parte superiore del busto, il quale deve rimanere il più fermo possibile.
Per ogni bracciata si effettuano due gambate, una in fase di appoggio (nel momento in cui le mani entrano in acqua), e una in fase di spinta avanzata (circa a metà della fase subacquea della bracciata). La respirazione non va effettuata contemporaneamente ai colpi di gambe e deve terminare prima che le braccia finiscano la fase di recupero. La respirazione può essere indifferentemente effettuata frontalmente o lateralmente, anche se questa versione è effettuata da atleti agonisti molto esperti (Franck Esposito, già primatista europeo, o il russo Denis Pankratov). Fondamentale è riuscire a effettuare ogni fase spostandosi descrivendo un'onda che si sviluppa dalla superficie fino a 30–50 cm sott'acqua: indispensabile è oscillare con il bacino nel senso alto-basso con un'armonia e una fluidità che si devono diffondere anche in gambe e braccia. In sostanza più la nuotata è armonica più è efficace e meno faticosa. Si tratta dello stile più difficile, non perché comporti dei movimenti meno naturali per l'uomo, bensì perché viene insegnato più tardi nelle scuole di nuoto. Poiché per effettuare correttamente la nuotata è necessario sfruttare al meglio la spinta delle braccia e avere degli ottimi tempismo e coordinazione globale, si tratta dello stile che viene svolto più raramente a livello amatoriale, per lo più solo dai nuotatori maggiormente esperti. I nuotatori non esperti quando si cimentano con questo stile trovano, come conseguenza della loro scarsa abilità, difficoltà nell'effettuare la respirazione, il che causa immediatamente un affaticamento che peggiora ulteriormente la situazione.
Il primo requisito per avvicinarsi a questo stile è essere in grado di riprodurre il movimento ondulatorio del corpo, lasciando che quest'ultimo sia guidato dai movimenti del capo e del petto. Esercitazioni:
Da tener presente: ogni qual volta si recuperi il braccio a delfino è necessario mantenere l'arto disteso e rivolgere i pollici in avanti e i gomiti leggermente flessi a imitazione delle ali degli uccelli.
L’aspetto usurante principale per un nuotatore riguarda la cuffia dei rotatori. Sono molti i fattori determinanti. Studi scientifici rilevano che l’arto superiore di un nuotatore compia circa 2 milioni di bracciate l’anno. Movimenti intrarotatori, adduzione dell’arto superiore e posizione del gomito in fase di trazione subacquea comportano infiammazioni e lesioni al muscolo e al tendine sovraspinato e ai tendini del bicipite, boristi subacromiali, stiramento del romboide, tendiniti, infiammazioni dell’estensore radiale breve del carpo e aponeurosi dell’estensore comune dell’epicondilo laterale.
I continui movimenti delle gambe, invece, sono talvolta causa di infiammazione dei tendini estensori del retinacolo.
Un altro aspetto usurante deriva dalla postura in acqua: errata posizione del capo e assetto del corpo in acqua comportano lombalgia, spondilosi, spondilolistesi e la Sindrome di Scheuermann.[2]
Le regole esatte della FIN / FINA per la "nuotata a farfalla" sono definite in una sezione apposita del regolamento e sono:[3][4][5]
Sono presenti anche altre limitazioni generali definite in altre parti del regolamento, alcune sono:
Ci sono tre competizioni utilizzate nel nuoto a Delfino, da poter svolgere sia in vasca lunga (50 metri) o corta (25 metri).[6]
Il Delfino fa parte anche della gara mista sulle seguenti distanze:[6]
Sia per le dimensioni della vasca che per altre motivazioni non è detto siano presenti tutte le competizioni nei vari eventi sportivi, come Olimpiadi e Campionati.[8]
Ad oggi per i Primati Nazionali e Internazionali, sono riconosciute tutte le precedenti distanze per entrambi i sessi.[9][10]
Seppur come gli altri stili il delfino presenti una nuotata elementare e una più tecnica, non si utilizzano differenti didattiche per raggiungere la seconda. Le differenze si manifesteranno con l'aumentare dell'esperienza dell'atleta: precisione nell'esecuzione, armonia nel movimento e orizzontalità sull'acqua.
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