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Solomon Meisl è un personaggio letterario creato dalla scrittrice italoamericana Ben Pastor.
Medico ebreo, originario di Praga, è il protagonista di una serie di racconti a sfondo giallo-storico e – insieme al tenente Karel Heida – di due romanzi ambientati in coincidenza con lo scoppio della prima guerra mondiale.
Solomon Meisl | |
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Universo | Impero austro-ungarico Prima guerra mondiale |
Lingua orig. | Inglese |
Autore | Ben Pastor |
Editore | Editori vari per i racconti. Romanzi inediti negli USA. |
1ª app. | 1998 |
Editore it. | Hobby & Work |
1ª app. it. | 2002 |
Caratteristiche immaginarie | |
Sesso | Maschio |
Luogo di nascita | Praga |
Data di nascita | 1864 |
Professione | Medico |
Solomon Meis-Horowitz (in lingua ceca Zalman Maisel-Horovsky) nasce a Praga nel 1864 [1], sulla via Rabinska, da una povera famiglia di origine ebraica; riesce tuttavia a studiare e si laurea in Medicina all'Università di Vienna, diventando un medico specializzato nelle malattie del sistema riproduttivo. Il successo professionale gli consente poi di spostarsi verso zone residenziali migliori; nel tempo narrato dai romanzi è però tornato ad abitare nel ghetto (benché dopo il 1869 gli ebrei siano autorizzati a domiciliarsi anche fuori): ha un appartamento al secondo piano di un elegante edificio sulla Niklastrasse, all'angolo con la Siroka. A Praga il dottore ha uno studio arredato in maniera sobria e moderna; un secondo studio si trova invece a Karlsbad.
Meisl ha ancora una sorella minore – Dvorah, coniugata Hirsch – che vive a Brno ed ha un figlio di circa venticinque anni, che nell'estate del 1914 è in procinto di partire per la guerra. Il ramo materno della famiglia – quello degli Horowitz polacchi – è stato però quasi interamente perduto a causa dei pogrom avvenuti nel corso del XIX secolo a Krosno e a Łódź.
All'epoca narrata nei romanzi il dottor Meisl ha circa cinquant'anni; è un uomo aitante, con una barba nerissima ed occhi da falco. Amici e clienti lo apprezzano molto per la sua discrezione.
È orgoglioso della posizione economica e professionale che è riuscito a raggiungere perché ricorda sin troppo bene la povertà della famiglia di origine, tuttavia in lui non c'è alcun tipo di ostentazione. Più complessa e difficile la sua posizione sociale: il dottore vive in un Impero di lingua e tradizione tedesca, ma è anche ceco ed ebreo, e questo spesso lo mette in difficoltà. La sua volontà di arruolarsi come medico militare, una volta scoppiata la guerra, è motivata dal desiderio di rendersi utile, ma anche dalla necessità di confermare il suo ruolo di suddito a pieno titolo.
Non è un investigatore vero e proprio, ma finisce ugualmente per ritrovarsi coinvolto in varie indagini criminali: in parte per ragioni di tipo professionale (se ad esempio viene convocato dalle autorità in qualità di medico legale), in parte a causa dell'amore e del rispetto che nutre nei confronti della verità e della giustizia.
Nel primo decennio del secolo ha trascorso diciotto mesi in Inghilterra, quindi conosce abbastanza bene la lingua inglese.
Tiene un diario. Nel 1920 dovrebbe raggiungere l'età della pensione: vorrebbe allora trasferirsi in Palestina per occuparsi di giovani e di sport.
Il dottore confessa occasionali incontri con svariate donne, relazioni pragmatiche e funzionali, prive di reale importanza; non frequenta però prostitute: nei loro confronti intrattiene rapporti limitati all'ambito professionale. In ogni caso per lui c'è stato un unico grande amore: in gioventù, vent'anni prima dei fatti narrati nei romanzi, aveva avuto con Frau Gisela M. (il cognome viene costantemente taciuto) una lunga e profonda relazione, poi interrotta quando la donna aveva rifiutato la sua proposta di matrimonio. In seguito Gisela aveva sposato un altro, un artista con il quale aveva vissuto a Vienna; quando era tornata a Praga nel 1908 il dottore – ancora molto innamorato - non aveva sopportato il rischio di poterla rivedere ed aveva preferito lasciare la città. Si era dunque trasferito in Inghilterra dove aveva tenuto conferenze, accettato pochi pazienti e svolto occasionali indagini.[2]. Dopo circa un anno e mezzo di assenza, la nostalgia lo aveva ricondotto in Patria: lui e Frau M. però non si erano più rivisti, sino all'estate del 1914.
Poco dopo l'attentato di Sarajevo il dottor Meisl e la sua ex fidanzata – il cui matrimonio nel frattempo si è dimostrato molto infelice - si incontrano casualmente per strada e in breve rinnovano l'antica amicizia. Solo il tempo e gli eventi bellici diranno se per loro potrà esserci un futuro comune.
Il dottor Solomon Meisl, insieme al tenente Karel Heida, che nell'imminenza della guerra condivide con lui numerose esperienze investigative, diventando un amico ed una sorta di figlio, viene ricordato anche in un'altra parte dell'universo narrativo di Ben Pastor: nel racconto La finestra sui tetti, ambientato nel 1943 ed appartenente al ciclo con Martin Bora, il protagonista si trova momentaneamente a Praga e cerca – senza però trovarli – i due uomini, che avevano avuto rapporti personali e professionali con il suo patrigno Edwin von Sickingen.
«Prese l'elenco telefonico [...]. Bora passò alla lettera M e cercò “Meisl, Solomon”, inutilmente. Si rammentò poi che l'esatta grafia in ceco era “Maisel”, e guardò sotto MA. Trovò parecchie persone ma non la vecchia conoscenza del suo patrigno generale, un medico con cui certo aveva solo chiacchierato di quel che lo affascinava della cultura ebraica: il sionismo e la Palestina. Parlava di Meisl alla stregua di un ebreo che sapeva “annusare il vento come un bravo esploratore a cavallo”, al contrario di tanti altri. Chissà: se pure ancora viveva, forse Meisl era davvero emigrato in Palestina ben prima del '38.
Bora girò le pagine a ritroso, cercando sotto CZ il nome “Czernin”, che trovò - ma non Karel Otakar Czernin von Heida. Allora tenente praghese, il suo patrigno lo aveva voluto nel suo reggimento prussiano dopo che l'esercito austroungarico aveva rischiato la rotta sul fronte orientale. Il generale ne aveva perso le tracce quando il giovane era stato trasferito sul fronte italiano. Questo pomeriggio Bora lo immaginava sopravvivere alla guerra, tornare, raggiungere la mezza età (oggi avrebbe avuto una cinquantina d'anni, da qualche parte in quel che era stata la Cecoslovacchia o altrove.); o forse era morto nella Grande Guerra, restando per sempre così come il suo patrigno l'aveva conosciuto, più giovane dei ventinove anni di Bora e ignaro di come il mondo sarebbe mutato, anche per gli slavi germanizzati. Praga, d'oro o meno, sopravviveva.»
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