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rivista trimestrale italiana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Società è stata una rivista di politica e cultura, a periodicità trimestrale, fondata dall'archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli a Firenze nel 1945[1]; fiancheggiatrice del PCI con la "nuova serie" (1947), cesserà le pubblicazioni nel 1961[2].
Società è stata una rivista trimestrale fondata a Firenze nel 1945 da Ranuccio Bianchi Bandinelli e da un gruppo di intellettuali comunisti composto da Romano Bilenchi, Marta Chiesi, Maria Bianca Gallinaro e Cesare Luporini che tende a: "integrarsi nella nostra cultura in modo polemico e dialettico richiamandosi alla tradizione di concretezza di quella parte di intellettuali del Risorgimento che riuscirono a portare l'Italia a livello europeo".
"Società" attraversa diverse fasi che corrispondono ai cambiamenti di direzione e anche la periodicità varia da trimestrale a bimestrale nonché l'edizione che passa da Leonardo di Firenze 1945-49, poi a Einaudi di Torino 1950-1956 e in seguito a Parenti di Milano dal 1956. Essa terminerà le pubblicazioni nel 1961.
Durante i primi due anni di pubblicazione, la rivista diventa la testimonianza della ricerca teorica della sinistra del dopoguerra tutta tesa nella ricostruzione politica e culturale della nuova Italia.
Sulla rivista apparivano le discussioni e le polemiche di quel periodo seguite da una rubrica che recensiva anche le altre riviste del momento, come "Rinascita", "Socialismo", "La Nuova Europa", "Nord e Sud", "Lo Stato Moderno".
All'aprirsi della nuova fase politica, iniziata con il '47, "Società" dà il via ad una nuova fase che si caratterizza per la volontà di porsi come uno strumento utile per la ricerca comunista e marxista. La sua fisionomia diventa meno variegata e inizia ad occuparsi stabilmente della tradizione comunista italiana in relazione agli apporti internazionali.
Il periodico era diviso in tre parti: la prima parte raccoglieva gli scritti saggistici, la seconda i documenti, la terza le recensioni.
Entrano a far parte della redazione intellettuali prestigiosi, come Mario Alicata, Massimiliano Aloisi, Antonio Banfi, Vezio Crisafulli, Carlo Muscetta, Carlo Salinari e Natalino Sapegno.
Quando nel '53 la direzione passa a Carlo Muscetta e a Gastone Manacorda la rivista inizia a perdere quei caratteri di chiusura che l'avevano caratterizzata nel periodo precedente.
La vicenda del manifesto dei 101 produce, nel '57, le dimissioni dei direttori[3] che vennero sostituiti da un Comitato di Direzione. In ogni caso, la rivista continua ad aprirsi alle nuove discipline, dall'antropologia dell'epistemologia, alla scienze sociali. Durante questa fase vengono affiancate alla parte saggistica, diverse sezioni, come "Note e ricerche", "Rassegne", "Recensioni", "Schede", "Attualità e discussioni".
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