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pittore italiano del Cinquecento attivo nell'area geografica dell'odierna basilicata Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Simone da Firenze (fine XV secolo – prima metà XVI secolo) è stato un pittore italiano.
Simone da Firenze, conosciuto anche come Simo o Simon de Florentia, è stato un pittore italiano attivo nell'area geografica del vicereame spagnolo del Cinquecento, la porzione corrispondente all'odierna Basilicata.
Sebbene il nome lo designi come "fiorentino", l'artista risulta attivo esclusivamente nell'Italia meridionale, a Napoli, prima e anche dopo la sosta di Polidoro da Caravaggio nel 1523-1524, e infine in Basilicata. In quest'ultima Simone giunge tramite la mediazione dei francescani e dei Sanseverino di Salerno, di Bisignano e di Marsico, che in Basilicata possedevano i feudi di San Chirico Raparo, di Salandra e di Potenza, che costituiscono i luoghi dove si conservano i dipinti del maestro.
La presenza di Simone in Basilicata si ricava dall'epigrafe del Polittico della chiesa di San Francesco a Senise, firmato MR (Magister) Simon de Florentia e datato al 1523. Tale opera, seppur si attenga ancora alla tipologia arcaica della pala d'altare a più scomparti e mostri una mentalità ancora tardo-quattrocentesca, già evidenzia di volersi orientare verso un ammodernamento del linguaggio espressivo, improntato sulla lezione di Raffaello, ma appreso e filtrato dalle stampe di Marcantonio Raimondi, dalla traduzione napoletana di Polidoro da Caravaggio e dallo stile compendiario e patetico di Pedro Machuca. Con una certa sicurezza si può affermare che Simone, soprattutto nel periodo maturo, ha traghettato in Basilicata i canoni linguistici del Manierismo, ai quali ha saputo innestare una nuova espressività, resa con una narrazione fluida, più umana e a tratti popolare.[1]
L'artista, probabile pittore-emigrante, costretto a rifugiarsi al Sud per l'incapacità di adeguarsi completamente alla "terza maniera", ha comunque rivelato una tenace volontà d'inseguire la cultura "moderna" tramite un personale processo di trasformazione, con varianti compositive o di significato, che lo hanno messo in grado di rispondere alle attese conservatrici della committenza lucana.[2]
Gli echi di Simone giungono sino in Veneto dove, alla Ca' d'Oro di Venezia, è conservata una tavola, probabile parte di un polittico, che raffigura un San Paolo, attribuita a scuola del "sud Italia" della prima metà del XVI sec., ma assegnata dal Rizzi[3] a Simone da Firenze per le analogie con il San Paolo di Palazzo Lanfranchi a Matera e col busto dello stesso santo del Polittico di Salandra. In tutti e tre i casi, San Paolo è raffigurato con barba radiale, simile a quella dei profeti, e con una folta e scarmigliata capigliatura, in contrasto con la classica iconografia che lo vuole affetto da calvizie.
Il percorso biografico e artistico di Simone risulta comunque ancora poco chiaro per biografia, per attribuzioni e per cronologia.
È possibile che la fase più antica di Simone, collocabile tra il 1505 e il 1510 circa, sia da identificarsi nell'opera del cosiddetto Maestro del Polittico di Angri, contraddistinta da evidenti derivazioni da modelli fiorentini della fine del Quattrocento. Secondo il Naldi[4] sono state eseguite in Campania due opere.
Il corpus giovanile delle opere di Simone in Basilicata è costituito dalle opere seguenti.
Nella maturità lo stile di Simone è più manierista: narra la realtà con lo spirito del Rinascimento, mostrando al contempo una sorprendente carica umana ed espressiva.
Dal punto di vista tecnico, le tavole del primo registro (San Pietro, San Giovanni Battista, parzialmente l'Annunciazione) e della predella sono state eseguite a fondo oro, lavorato finemente a bulino, con la stessa tecnica di doratura applicata nella più antica tradizione toscana. Anche dal punto di vista stilistico l'opera si colloca nel solco della medesima tradizione toscana per la precipua attenzione assegnata al disegno, esibito anche nell'uso del tratteggio per definire i volumi[8].
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