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critico musicale britannico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Simon Reynolds (Londra, 19 giugno 1963) è un critico musicale britannico.
Cresciuto nello Hertfordshire, è famoso per i suoi scritti sull'Electronic Dance Music e per aver coniato il termine post-rock. È considerato uno dei più importanti critici musicali contemporanei.[1]
Oltre alle recensioni inerenti alla musica elettronica e alcuni libri sul post-punk e il rock, Reynolds ha scritto recensioni su una vasta gamma di artisti e generi musicali, collaborando con Melody Maker, The New York Times, Village Voice, Spin, The Guardian, Rolling Stone, The Observer, Artforum, New Statesman, The Wire, Mojo, Uncut e molte altre riviste specializzate; risiede all'East Village di New York, con sua moglie Joy Press e i due figli, Kieran and Tasmine.
Reynolds è diventato famoso per aver incorporato la teoria critica nella sua analisi musicale, scrivendo abbondantemente a proposito del genere, classe, razza e sessualità e la loro influenza sulla musica. Nei suoi studi sul legame fra classe sociale e musica, Reynolds ha coniato il termine classe liminale, definita come alto-proletariato e bassa-borghesia, un gruppo sociale cui attribuisce "molta energia musicale".[2]
Reynolds ha anche scritto estensivamente sulla cultura della droga e la sua relazione con la musica; nel suo Generazione ballo/sballo Reynolds traccia gli effetti della droga sulla scena rave. Oltre che in Generazione ballo/sballo, il suo interesse per l'argomento è evidente anche nella sua recensione del film Trainspotting.[3]
Gli scritti di Reynolds hanno tratto ispirazione da alcuni noti filosofi e teorici musicali moderni, fra cui Gilles Deleuze, Félix Guattari, Brian Eno, Joe Carducci e i Situazionisti.
Reynolds afferma di essere stato leggermente influenzato dal pensiero marxista, applicando alla musica concetti quali il feticismo della merce e la falsa coscienza (Reynolds parla di due esempi relativi alla musica hip hop).
Dalla seconda metà degli anni duemila si è dedicato all'analisi del revival e del riciclo di generi del passato che a suo avviso sono ormai dominanti nella scena musicale del XXI secolo.[1] Viene inoltre ricordato per aver riutilizzato il concetto di "hauntology", coniato dal filosofo Jacques Derrida, per definire un genere musicale che "mette il passato dentro il presente".[4]
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