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genere di animali della famiglia Actinodontidae Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Lo sclerocefalo (gen. Sclerocephalus) è un anfibio estinto, appartenente ai temnospondili. Visse tra il Carbonifero superiore e il Permiano inferiore (circa 301 - 297 milioni di anni fa) e i suoi resti sono stati ritrovati in Europa. È uno dei tetrapodi paleozoici più abbondanti e meglio conosciuti.
Gli esemplari adulti di questo animale raggiungevano circa un metro e mezzo di lunghezza. Assomigliavano vagamente a grandi salamandre, con un corpo allungato e una coda compressa lateralmente. In alcuni esemplari sono conservati i solchi della linea laterale, un organo sensoriale tipico dei pesci e dei tetrapodi arcaici. Il cranio, di forma pressoché triangolare se visto dall'alto, era dotato di orbite situate all'incirca a metà della sua lunghezza. In generale, il cranio era molto più corto rispetto a quello degli altri temnospondili affini ma successivi, come Archegosaurus, e possedeva un osso lacrimale di dimensioni ridotte. Oltre ai piccoli denti aguzzi lungo il margine di mascelle e mandibole, Sclerocephalus era fornito di una o più file (a seconda delle specie) di denti sulle ossa del palato (palatino ed ectopterigoide), oltre a un paio di vere e proprie zanne palatali. Il foro pineale era ben visibile. L'interclavicola era ampia e con una parte posteriore di forma triangolare. Gli esemplari giovani erano dotati di branchie, come i girini degli anfibi odierni.
Il genere Sclerocephalus venne descritto per la prima volta nel 1847 dal paleontologo tedesco Georg August Goldfuss, che scambiò i primi fossili di questo animale (un cranio) rinvenuti in Germania per quelli di un pesce. Solo successivamente venne attribuito a un anfibio stegocefalo. L'esemplare tipo andò poi perduto, per poi essere riscoperto solo nel 2019. La specie tipo è Sclerocephalus haeuseri, nota per numerosissimi fossili ritrovati in terreni del Permiano inferiore in Renania-Palatinato, nella località di Odernheim am Glan; l'unità litostratigrafica nota come Rotliegend è conosciuta in Europa anche come "Stegocephalenkalke", ovvero "calcare a stegocefali". Oltre alla specie tipo, sono note altre specie attribuite al genere Sclerocephalus: S. bavaricus (sempre della Renania-Palatinato ma un po' più antica e primitiva della specie tipo), S. jogischneideri (del Permiano inferiore della Turingia), S. nobilis (del Permiano inferiore della Renania-Palatinato) e S. stambergi (del Permiano inferiore della Repubblica Ceca).
Il genere Sclerocephalus è stato a lungo confuso con i generi Actinodon e Onchiodon, attualmente considerati anfibi eriopoidi. Forme larvali originariamente descritte come Leptorophus levis sono state in seguito attribuite da Alfred Sherwood Romer a Sclerocephalus. Questo animale è stato inizialmente attribuito ai gruppi (attualmente considerati parafiletici) degli stegocefali e dei labirintodonti, a causa del cranio non connesso con il cinto pettorale e della struttura dei denti. Revisioni più recenti hanno indicato che Sclerocephalus era un membro arcaico della linea evolutiva di anfibi temnospondili nota come Stereospondylomorpha, che comprende forme dal muso allungato (gli archegosauroidi) e i veri stereospondili (i temnospondili sopravvissuti all'estinzione di massa del Permiano e dalle abitudini strettamente acquatiche).
Di seguito è riportato un cladogramma tratto dal lavoro di Schoch e Witzmann (2009):
Temnospondyli |
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Le specie appartenenti al genere Sclerocephalus andavano incontro a una drastica metamorfosi: le larve (un tempo considerate un genere a sé stante noto come Pelosaurus) erano di dimensioni piccole, strettamente acquatiche e dotate di branchie, mentre gli adulti erano di grandi dimensioni e probabilmente si avventuravano sulla terraferma. Le larve, inoltre, erano dotate di crani più corti, occhi più grandi e code più lunghe. Alcuni esemplari conservano al loro interno i contenuti dello stomaco: da questi fossili eccezionali si è potuto capire che gli esemplari adulti si nutrivano principalmente di pesci ossei del genere Paramblypterus, ma a volte si cibavano di altri anfibi (Branchiosaurus, Micromelerpeton) e anche di giovani esemplari della stessa specie.
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