Santuario di Sant'Anna (Cilavegna)
chiesa di Cilavegna Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il santuario di Sant'Anna è un santuario cattolico che si trova nel comune di Cilavegna, in provincia di Pavia, in Lombardia. L'edificio è l'unico santuario non mariano in tutta la Lomellina, in quanto dedicato a Sant'Anna.
Santuario di Sant'Anna | |
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Santuario Sant'Anna | |
Stato | Italia |
Regione | Lombardia |
Località | Cilavegna |
Coordinate | 45°18′17.25″N 8°45′21.87″E |
Religione | cattolica |
Diocesi | Vigevano |
Consacrazione | 1719 |
Stile architettonico | romanico |
Inizio costruzione | XVI secolo |
Completamento | 1899 |
Il Santuario accoglie ogni 26 luglio una festa che celebra la Santa, unendo lo spirituale, con la tradizionale messa cantata e la benedizione dei campi, ai festeggiamenti più popolareschi, come lo spettacolo pirotecnico serale.
Durante l'anno scolastico 2017/2018 tre studenti si sono occupati del sito, ponendolo all'attenzione del "Fondo Ambiente Italiano" attraverso un progetto di valorizzazione dei beni del territorio.
La storia del Santuario è un dedalo di storie e leggende popolari che vengono tramandate da secoli.[1] Si narra che nel XVI secolo un affresco di Sant'Anna fosse incastonato in una piccola Cappelletta Votiva nelle campagne Cilavegnesi, ma che, con la spartizione dei terreni con i novelli comuni limitrofi di Parona e Albonese, passò al Comune di Parona.[1] I Cilavegnesi, però, devoti alla santa, decisero di trafugare l'affresco e di riportarlo a Cilavegna, edificando una chiesetta per proteggere il loro tesoro: nacque così la prima chiesetta di Sant'Anna, all'epoca chiamata "Gesiolo della Calderlina", data la vicinanza con la cascina omonima.[1]
Il santuario rischiò di essere demolito due volte: la prima nel 1671 per ordine del Vicario Generale di Pavia che ordinò di trasferire l'affresco nella chiesa parrocchiale e di demolire la cappella campestre, affinché si prevenissero furti e profanazioni.[1] I Cilavegnesi, allora, acquistarono paramenti e arredi, restaurarono alcune parti e resero più sicura l'area circostante, nominando un Eremita, il romito, preposto alla cura del santuario (gli "eremiti della Calderlina" erano ordinati e investiti del sacro abito dal Padre Guardiano del Convento di San Francesco di Santa Maria della Guardia in Vigevano); la seconda volta che il santuario rischio la demolizione fu nel 1871 a causa degli scavi del ramo del canal Cavour, il canale Quintino Sella. Il pericolo fu scongiurato deviando il corso d'acqua.[1]
Nel 1719 l'Eremita, Frate Agostino Zuccola, ottenne dalla curia il permesso di celebrare sacre funzioni nel Santuario e il 26 luglio dello stesso anno, solennità dei Santi Anna e Gioacchino, si celebrò la prima festa di Sant'Anna.[1] Alcuni documenti narrano una solenne Messa Cantata, una processione attraverso i campi con aspersione dell'acqua di San Giulio “ad patendam pluvium” e una festa contadina con lancio conclusivo di mortaretti; questa tradizione, dopo 300 anni, non è cambiata.[1]
I fedeli e la devozione alla Santa aumentavano e nel 1889 si procedette all'ampliamento dell'edificio su disegno del Sacerdote Giovanni Delconsole. La parte antica costituisce la navata media anteriore, come si deduce dai confronti della muratura all'esterno e dalla sagoma barocca delle vele soprastanti le finestre. L'ampliamento conferì alla chiesa uno stile romanico a croce greca imperfetta, con tre navate nel braccio anteriore.[1] L'altare maggiore di marmo e muratura fu arretrato all'incrocio dei travetti inserendovi la porzione dell'antico muro che racchiude il famoso affresco. Nei bracci laterali vennero realizzati due altari dedicati alle Apparizioni di Lourdes e a Santa Rita da Cascia, ora altare della "Natività di Maria".[1]
I restauri continuarono e continuano ancora oggi: nel 1914 il pittore vigevanese Francesco Villa decorò l'interno della chiesetta e ultimò l'altare maggiore e all'inizio del XX secolo fu demolito l'antico portico d'ingresso sostituendolo con una facciata in uno stile architettonico totalmente diverso, lasciandola spoglia di stucchi e decorazioni, costituita da un porticato ad archi, un rosone, e cinque guglie sulle due falde della parte alta.[1]
L'affresco risale al secolo XVI e alcuni storici locali l'hanno attribuito alla scuola di Gaudenzio Ferrari. Non esistono documenti che ci forniscono dati certi su quest'opera né sono presenti autografi o simboli che possano aiutarci a risalire alla data di realizzazione o all'autore.[2] L'opera si presenta come un ritratto di famiglia, in cui troviamo la Beata Vergine Maria seduta nel centro con Gesù Bambino, ai lati i genitori Sant'Anna e San Gioacchino e il piccolo Giovanni Battista.[2] La Beata Vergine indossa un abito rosaceo e un velo blu;[2] il rosa a rappresentare l'eterno, simbolo della maternità, mentre il blu simboleggia la santità di cui è rivestita. In grembo vediamo Gesù Bambino nudo.[2] A destra di Maria vediamo Sant'Anna in preghiera e sulla sinistra San Gioacchino appoggiato al bastone.[2] Entrambi indossano abiti verdi e marrone chiaro, simboli di speranza, fertilità e soprattutto umiltà.[2] In basso a sinistra un piccolo Giovanni Battista, abbraccia un agnellino e una croce con un nastro su cui è scritto ecce Agnus Dei.[2] L'affresco venne collocato nell'altare maggiore nel 1889, incorniciato e protetto con un vetro. Nel primo ‘900 a Maria e a Gesù erano state apposte delle corone metalliche, che furono sottratte durante un furto.[2]
Dal 1977 al centro del presbiterio si trova l'altare maggiore in legno intagliato, arricchito da sei preziose statue: nelle quattro nicchie troviamo San Pietro Apostolo, il Sacro Cuore di Gesù, il Sacro Cuore di Maria e Santa Lucia, mentre sull'altare ci sono due angeli ceriferi.[2]
Alla sinistra dell'altare maggiore è presente una maestosa grotta in calcestruzzo che ricorda la Grotta delle apparizioni di Lourdes.[2] Nel 2003 le statue originali raffiguranti Santa Bernadette e la Beata Vergine Maria furono rubate, ma prontamente si intervenne per sostituirle; qualche mese dopo il furto un contadino trovò in un campo un braccio della statua rubata di Bernadette, ora esposto in una teca e venerato come reliquia a ricordo di quell'oltraggio.[2]
Alla destra dell'altare maggiore i Cilavegnesi avevano eretto l'altare di Santa Rita da Cascia che racchiudeva un prezioso dipinto che, purtroppo, fu rubato.[2] Nel 2005 venne realizzata una nuova tela raffigurante “la Natività di Maria” e questa prese il posto del vecchio altare.[2]
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