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santa italiana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Santa Zita (Lucca o Succisa, 1218 – Lucca, 27 aprile 1278) è stata una devota cristiana lucchese del XIII secolo, venerata come santa dalla Chiesa cattolica.
Santa Zita di Lucca | |
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Santa Zita, dipinto di Arnould de Vuez datato 1712 | |
Vergine | |
Nascita | Monsagrati di Pescaglia (Lucca) o Succisa (Pontremoli), 1218 |
Morte | Lucca, 27 aprile 1278 |
Venerata da | Chiesa cattolica |
Canonizzazione | 5 settembre 1696 |
Santuario principale | Basilica di San Frediano, Lucca |
Ricorrenza | 27 aprile |
Attributi | giglio (purezza), chiavi (in riferimento alla casa da lei servita per tutta la vita), fiori |
Patrona di | Lucca, fiori, domestiche, governanti, casalinghe, guardarobiere, fornai |
Proveniente da una famiglia povera, originaria forse di Succisa, un paese nel comune di Pontremoli, vicino al Passo della Cisa, a soli dodici anni iniziò a servire in casa della famiglia Fatinelli a Lucca. Secondo la tradizione devozionale si fece subito apprezzare dai poveri per la generosità e dalla famiglia Fatinelli per la dedizione al lavoro e la bontà d'animo.
La medesima tradizione narra la leggenda secondo cui, forse proprio perché invidiosa dell'affetto ricevuto da Zita, un'altra domestica dei Fatinelli avrebbe iniziato ad insinuare nella mente del capofamiglia il sospetto che Zita rubasse in casa ciò che donava ai poveri; un giorno il padrone, incontrando Zita con il grembiule gonfio mentre si recava da una famiglia bisognosa, le avrebbe chiesto cosa portasse; nonostante questo fosse pieno di pane, Zita avrebbe risposto che portava solo fiori e fronde e, sciolto il grembiule, sarebbero caduti, appunto, fiori e fronde.[1]
La popolazione lucchese è molto devota a Santa Zita, quasi quanto è devota al Volto Santo. La devozione per Zita, in "odore di santità", crebbe notevolmente per tutta la sua vita tanto che, alla sua morte, i fedeli di Lucca vollero che il suo corpo venisse sepolto nella basilica di San Frediano. La tradizione riporta che sia rimasto incorrotto: tuttora è visibile - mummificato naturalmente - nella teca trasparente sotto l'altare della cappella ad essa dedicata, che fu della famiglia Fatinelli[2][3]. L'ultima ricognizione canonica del corpo mummificato fu effettuata nel 1989, insieme allo studio paleopatologico.
Santa Zita era così venerata in Toscana da essere citata da Dante Alighieri che, facendo riferimento ad un magistrato di Lucca, parla di anzian di santa Zita, identificando quindi Lucca con la santa. Si noti peraltro che alla data della scrittura della Divina Commedia attestata tra il 1307 e il 1321[4], Zita era già morta (1278), ma non era ancora stata canonizzata, in quanto il suo culto fu approvato il 5 settembre 1696 da papa Innocenzo XII. Ciò nonostante, Dante la indicava già come santa, ad ulteriore riprova della grande devozione popolare di cui Zita era protagonista.
Santa Zita fu proclamata patrona delle domestiche da Pio XII ed è anche patrona di Lucca, delle casalinghe e dei fornai. La settimana del 27 aprile si tiene a Lucca, presso la basilica di San Frediano e l'anfiteatro, in onore della santa, una manifestazione floreale volta a ricordare il miracolo dei pani trasformati in fiori.
È titolare della congregazione femminile delle Suore Oblate dello Spirito Santo, detta anche Istituto di Santa Zita. La sua memoria liturgica cade il 27 aprile.
A Palermo, in seguito ad una deformazione linguistica, la santa viene chiamata Cita e a lei è intitolata la seconda chiesa dei domenicani per grandezza, oggi parrocchia di San Mamiliano.
Lo studio paleopatologico del corpo, effettuato nel 1989 dalla Divisione di Paleopatologia dell'Università di Pisa sotto la direzione del prof. Gino Fornaciari[5][6][7], ha rivelato che Santa Zita era una donna di statura medio-bassa, di complessione piuttosto gracile, appartenente antropologicamente ad un sottotipo razziale di ascendenza padana. L'età, determinata antropologicamente e radiologicamente (60±5 anni), è risultata in armonia con quella delle fonti, che riportano il decesso nel 1278 all'età di 60 anni.
Era portatrice dalla nascita di una sublussazione congenita dell'anca destra, che non le comportò importanti problemi funzionali di deambulazione, se non in età avanzata. Questo dato depone comunque per l'appartenenza ad un gruppo endogamico, fenomeno di comune riscontro nelle piccole comunità costrette da isolamento geografico, quale doveva appunto essere quella di Monsagrati.
Lo studio dell'ipoplasia dello smalto, che documenta diversi arresti di crescita delle corone dentarie, dimostra un periodo di allattamento prolungato, come avveniva di norma nelle comunità rurali, e che il divezzamento ebbe luogo intorno ai 3 anni. Durante l'infanzia subì almeno due periodi di malnutrizione, rispettivamente a 7 e 9 anni di età, che coincidono con la grave carestia del 1226, riportata negli annali di Simone della Tosa (“MCCXXVI...valse lo staio del grano soldi XV e fu tenuto gran caro...”).
In età giovanile probabilmente fu affetta da tubercolosi polmonare, forse databile, tramite le strie di Harris, intorno ai 10-12 anni. La malattia potrebbe coincidere con il suo trasferimento a Lucca e l'inizio del servizio in casa Fatinelli, avvenuti, come tramandano le cronache, proprio a questa età. Il contagio può ovviamente essere messo in relazione con l'affollamento e il malsano ambiente urbano tipico delle città medievali.
Un certo grado di antracosi polmonare (presenza di particelle carboniose) è di comune riscontro in tutti gli individui del passato, esposti cronicamente ai fumi dei fuochi e delle lampade. Con Santa Zita siamo di fronte ad una antracosi particolarmente grave, spiegabile probabilmente con la sua attività di domestica, che comportava la continua permanenza in un ambiente completamente saturo di fumo come la cucina di casa Fatinelli.
È stata rilevata un'intossicazione da piombo, sicuramente limitata all'ultimo periodo della vita. Fra le varie cause che possono aver provocato tale tipo di intossicazione, essendo questa limitata agli ultimi 6-8 mesi di vita, è verosimile supporre un uso massivo, orale e topico, di medicamenti a base di piombo, largamente utilizzati dai medici dell'epoca.
Fra le varie osservazioni effettuate durante l'esame radiologico, una è di particolare interesse culturale. Infatti la presenza di una moneta posta all'interno della cavità orale rimanda all'antica usanza che prevedeva il pagamento del tradizionale obolo a Caronte.
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