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santo italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Alessandro di Bergamo (III secolo – Bergamo, 26 agosto 303) è stato un militare romano della legione tebea, che subì il martirio a Bergomum. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Sant'Alessandro di Bergamo | |
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Il santo in un dipinto di Bernardino Luini, elemento della pala Torriani, 1525 circa | |
Militare | |
Nascita | III secolo |
Morte | Bergamo, 26 agosto 303 |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Santuario principale | Cattedrale di Bergamo |
Ricorrenza | 26 agosto |
Attributi | vessillo gigliato, divisa romana e ramo di palma |
Patrono di | diversi comuni d'Italia (vedi Patronati) |
Alessandro di Bergamo | |
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Nascita | III secolo |
Morte | Bergamo, 26 agosto 303 |
Cause della morte | Martirio |
Religione | Cristianesimo |
Dati militari | |
Paese servito | Impero romano |
Forza armata | Esercito romano |
Arma | Fanteria |
Unità | Legio Tebea |
Grado | Vexillifer |
voci di militari presenti su Wikipedia | |
Fu probabilmente, secondo quanto documentato dai tardivi atti del suo martirio (risalenti all'VIII secolo), il vessillifero della leggendaria legione tebea, composta da soldati della Tebaide e comandata dal generale romano Maurizio anch'egli venerato dalla chiesa cattolica con il nome di san Maurizio.
Secondo la tradizione, la centuria di cui Alessandro era comandante fu spostata intorno all'anno 301 dalla Mesopotamia alle regioni occidentali, prima a Colonia, poi a Brindisi, sino a giungere in Africa.
Durante il lungo viaggio dei legionari, diverse persecuzioni contro i cristiani furono ordinate dall'imperatore Massimiano, ma i soldati si rifiutarono di eseguire gli ordini pagando con la decimazione, avvenuta ad Agaunum, nell'odierna Saint Maurice-en-Valais che si trova nel cantone Vallese, in Svizzera.[1]
Tra gli scampati al massacro, Alessandro riparò con alcuni suoi compagni in Italia, ma fu imprigionato a Milano (nel luogo dove sorge la basilica di Sant'Alessandro in Zebedia, in piazza di Sant'Alessandro) e qui si rifiutò di abiurare alla fede cristiana come ordinatogli dall'imperatore Massimiano. Fuggito dalla prigione, grazie all'aiuto di Fedele di Como e del vescovo Materno, sulla strada verso Como, secondo la leggenda compì il miracolo di risuscitare un defunto.
Dopo essere stato riconosciuto, catturato e riportato davanti a Massimiano, Alessandro abbatté l'ara preparata per il sacrificio agli dei romani, facendo infuriare l'imperatore, che lo condannò a morte per decapitazione; la leggenda vuole che il carnefice non osasse colpirlo poiché Alessandro gli appariva "come un monte" e, per lo spavento, gli si sarebbero irrigidite le braccia: la stessa sorte sarebbe toccata ad altri soldati chiamati ad eseguire la condanna; pertanto fu nuovamente incarcerato nel carcere Zebedeo, a morire di stenti, ma riuscì nuovamente a fuggire.[1]
Alessandro passò miracolosamente l'Adda all'asciutto e si nascose in un bosco vicino a Bergamo, presso il ponte della Morla, da un patrizio locale, Crotacio. A Bergamo Alessandro iniziò un'opera di conversione alla fede cristiana degli abitanti della città, tra cui i futuri martiri Fermo e Rustico, parenti di Crotacio. Fu presto scoperto da alcuni soldati romani che lo condussero in catene a Bergamo, dove fu condannato alla decapitazione, che questa volta fu eseguita senza inconvenienti il 26 agosto 303 nel luogo dove ancora sorge la Colonna del Crotacio, sul sagrato della Basilica di Sant'Alessandro in Colonna.[2]
Grazie alla nobildonna Grata, il corpo del Martire fu trafugato e trasportato nel podere della famiglia di lei, dove fu inumato. La santa, alcuni giorni dopo l'esecuzione, avrebbe trovato le spoglie di sant'Alessandro, la cui presenza era segnalata da gigli, cresciuti in corrispondenza di alcune gocce del sangue del Martire, le avrebbe raccolte e fatte seppellire in un orto della sua famiglia, fuori della città, là dove sarebbe sorta la grande basilica di Sant'Alessandro, poi abbattuta durante la costruzione delle mura veneziane di Bergamo.[3][4]
La Chiesa cattolica lo ricorda il 26 agosto con un sintetico elogio nel Martirologio Romano: "A Bergamo, sant'Alessandro, martire".[1]
Sant'Alessandro, patrono, è raffigurato tradizionalmente in veste di soldato romano con un vessillo recante un giglio bianco, e in molte raffigurazioni a cavallo.[5]
Sant'Alessandro di Bergamo è protettore e patrono di numerose località italiane, fra le quali:
L'intera vicenda di sant'Alessandro rimane però alquanto oscura e mal documentata. Gli atti del suo martirio sono infatti posteriori di quasi cinque secoli rispetto all'epoca del martirio. L'appartenenza stessa di Alessandro alla leggendaria legione tebea contribuisce a rendere ancor più oscura la sua storia. La legione tebea o legione tebana, infatti, è una leggendaria legione romana della letteratura agiografica cristiana.
Secondo Eucherio, vescovo di Lione del V secolo, questa legione era composta interamente da cristiani e venne spostata da Tebe alla Gallia per assistere l'imperatore Massimiano. Quando Massimiano ordinò di reprimere alcuni Galli cristiani la legione si rifiutò e venne decimata (venne ucciso un legionario su dieci). Seguirono altri ordini che la legione rifiutò ancora di eseguire, sotto l'incoraggiamento di san Maurizio che ne era il comandante; venne quindi ordinata una seconda decimazione ed infine l'intera legione venne sterminata (6600 uomini). Il luogo del massacro fu Agaunum, oggi San Maurizio in Vallese, sede dell'omonima abbazia.
L'esistenza di una Legio I Maximiana, anche nota come Maximiana Thebaeorum è riportata nella Notitia dignitatum. Denis Van Bercham, della università di Ginevra, ha messo in dubbio la veridicità della leggenda della legione Tebea[6]. Questo studioso fece notare che la decimazione era un anacronismo e che il servizio di cristiani in una legione prima di Costantino I era abbastanza raro. Secondo David Woods, professore alla University College Cork, i racconti di Eucherio di Lione sono una completa finzione[7].
Una nuova ipotesi tende quindi ad identificare il martire Alessandro di Bergamo con uno dei martiri dell'Anaunia (Val di Non). Si tratterebbe quindi dell'Alessandro compagno di Sisinnio e Martirio, tre chierici originari della Cappadocia inviati dal vescovo Ambrogio da Milano ad evangelizzare la regione dell'Anaunia, su richiesta del vescovo di Trento, Vigilio. I tre furono brutalmente uccisi dai pagani locali e sono per questo venerati come santi e martiri dalla Chiesa cattolica. Questo collegamento tra il sant'Alessandro di Bergamo e quello dell'Anaunia spiegherebbe inoltre la presenza, tra i colli che costituiscono l'attuale Bergamo alta, di un colle detto di San Vigilio vescovo e di un'omonima chiesa a lui dedicata.
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