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giornalista e scrittore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Salvo Palazzolo (Palermo, 24 giugno 1970) è un giornalista e scrittore italiano.
Dopo la laurea in Giurisprudenza ha iniziato l'attività giornalistica nel 1992, al quotidiano L'Ora di Palermo. Ha poi collaborato con l'emittente TeleScirocco, i quotidiani il manifesto, La Sicilia e Il Mediterraneo, occupandosi di cronaca giudiziaria. In collaborazione con Video On Line ha realizzato il primo sito internet italiano su un processo penale, quello che ha visto imputato l’ex 007 del Sisde Bruno Contrada[1][2].
Dal 1999 lavora al quotidiano la Repubblica. Nel 2019 è stato nominato inviato speciale. Negli ultimi trent’anni, ha raccontato le trasformazioni del fenomeno mafioso in Sicilia dopo le stragi Falcone e Borsellino. Per le sue inchieste sulla riorganizzazione di Cosa nostra è stato oggetto di minacce. I mafiosi del clan Inzerillo, tornati dagli Stati Uniti a Palermo, sono stati intercettati dalla squadra mobile nel dicembre 2018 mentre discutevano di dargli “due colpi di mazzuolo”[3]. Nell’aprile 2020, il capomafia dello Zen Giuseppe Cusimano lo ha invece insultato pesantemente su Facebook (“Giornalisti peggio del Coronavirus”)[4][5]: non aveva gradito l’articolo che svelava la sua distribuzione di generi alimentari agli abitanti della periferia palermitana durante il lockdown[6].
Un capitolo importante delle inchieste giornalistiche di Palazzolo riguarda il rapporto fra Chiesa e mafia. Nel 2004 ha intervistato il boss Pietro Aglieri[7], il killer di Cosa nostra che dopo l’arresto (avvenuto nel 1997) si è dissociato dall’organizzazione, intraprendendo studi di Teologia. Ha poi rivelato la trattativa segreta fra i boss e un gruppo di sacerdoti, che dopo le stragi contro Giovanni Falcone e Paolo Borsellino avrebbe dovuto portare alla dissociazione di alcuni mafiosi da Cosa nostra[8]. Nel 2014, alcuni suoi articoli sul mafioso Stefano Comandè, che era a capo di una Confraternita, hanno portato allo scioglimento del gruppo religioso da parte del cardinale di Palermo Paolo Romeo[9][10]. Due mesi dopo, ha documentato “l’inchino” durante una delle più importanti processioni della città davanti all’agenzia di pompe funebri del boss Alessandro D’Ambrogio[11].
Nel 2016, un altro suo articolo ha denunciato “l’inchino” della processione davanti all’abitazione della famiglia del capomafia Salvatore Riina, a Corleone: per questo episodio, il componente di una confraternita religiosa è stato condannato a 6 mesi per il reato di “turbamento delle funzioni religiose”[12]. Nel 2019, svela che nella Chiesa di Santa Teresa alla Kalsa, il sacerdote Mario Frittitta aveva celebrato una messa in suffragio del boss Tommaso Spadaro, condannato a 30 anni per l’omicidio del maresciallo dei carabinieri Vito Ievolella. Dopo aver filmato di nascosto alcuni passaggi dell'omelia, ha chiesto al padre carmelitano: “Come ha potuto celebrare messa per un mafioso, dunque per uno scomunicato dalla Chiesa?”. Il sacerdote gli ha risposto con tono minaccioso: “Stia attento a come parla, perché altrimenti lei la paga. Perché il Signore fa pagare queste cose”[13]. Il video dell’intervista ha portato all’intervento dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, che ha richiamato don Frittitta (“C’è inconciliabilità fra l’appartenenza alle organizzazioni mafiose e il Vangelo”)[14].
Ha raccontato anche storie di coraggio. Nel 2012, il libro inchiesta “Se muoio sopravvivimi. La storia di mia madre che non voleva essere più la figlia di un mafioso”[15], scritto con Alessio Cordaro, ha fatto riaprire le indagini sull’omicidio di Lia Pipitone, la giovane uccisa nel 1983, a Palermo: il nuovo processo ha portato alla condanna a 30 anni per i boss Nino Madonia e Vincenzo Galatolo[16]. Nel 2013, ha raccolto l’ultimo racconto di Agnese Piraino Leto, la vedova di Paolo Borsellino, nel libro “Ti racconterò tutte le storie che potrò”[17][18].
Nel 2017, ha svelato la coraggiosa battaglia delle sorelle Irene, Ina e Anna Napoli, contro la mafia dei pascoli, nel cuore della provincia di Palermo, a Mezzojuso[19][20]. Su questa vicenda, Massimo Giletti ha condotto una lunga campagna nella sua trasmissione “Non è l’arena”, in cui Palazzolo è stato ospite[21][22].
Il suo libro[23], dedicato ai fratelli Graviano, i mafiosi delle stragi, parte dall’esperienza con don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia nel 1993: all’epoca, il sacerdote era anche assistente spirituale del gruppo Fuci, la federazione degli universitari cattolici, di cui Palazzolo era responsabile. Nel 1998, ha testimoniato al processo contro i fratelli Graviano raccontando l’impegno del sacerdote, nominato dalla Chiesa beato per il suo impegno contro le cosche.
Come coautore di programmi televisivi di inchiesta su Cosa nostra, ha collaborato con la società di produzione Magnolia e con la Rai. È fra gli sceneggiatori delle docu-fiction del regista Claudio Canepari, andate in onda su Rai 3: Scacco al re, la cattura di Provenzano; Doppio gioco, le talpe dell'antimafia; Le mani su Palermo. Quest'ultimo programma nel 2009 ha ricevuto il premio della critica alla XV edizione del premio giornalistico televisivo "Ilaria Alpi"[24].
Autore di pièce teatrali: con Gery Palazzotto ha scritto le opere-inchiesta "Le parole rubate" e "I traditori", dedicate ai misteri della strage di Capaci e della strage di via D'Amelio. I lavori sono stati rappresentati in prima assoluta al Teatro Massimo di Palermo nel maggio 2017 e nel maggio 2019, interpretate rispettivamente da Ennio Fantastichini e Gigi Borruso (musiche di Marco Betta, Diego Spitaleri e Fabio Lannino)[25][26][27][28].
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