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La Sala di Amore e Psiche è una delle più sontuose stanze affrescate di Palazzo Te, progettato e realizzato a Mantova da Giulio Romano.
Sala di Amore e Psiche | |
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Sala di Amore e Psiche | |
Autore | Giulio Romano |
Data | 1526-1528 |
Tecnica | affresco e pittura a olio |
Ubicazione | Palazzo Te, Mantova |
Il progetto e i disegni di Giulio Romano furono realizzati, oltre che da lui stesso, da suoi collaboratori:
Il marchese Federico II Gonzaga richiede a Giulio Romano di decorare una sala di Palazzo Te, definita successivamente, nel 1577, dall'antiquario mantovano Jacopo Strada[2] "camaron quadro", con un ciclo di affreschi rappresentanti la novella di Amore e Psiche secondo la versione raccontata da Apuleio nelle Metamorfosi.
La favola di Amore e Psiche adombra le vicende private di Federico, il suo amore proibito per Isabella Boschetti, la donna a cui è dedicato il Palazzo, e il conflitto con la madre Isabella d'Este che osteggia quel legame, come Venere osteggia quello fra Eros e Psiche.
La sala, un tempo adibita a sala da pranzo, è adiacente all'appartamento del marchese.
Con la Sala di Psiche si chiude la prima fase decorativa (Sala del Sole, Sala dei Venti, Sala grande dei Cavalli, Loggia nord) di Palazzo Te nel 1530.[3]
«"La complessa ornamentazione è ordinata da un reticolo di fasce in stucco dorato, che definisce un quadrato centrale, quattro semiottagoni, otto ottagoni, dodici vele e altrettante lunette che ospitano le pitture a olio; nelle losanghe in stucco ricompare la Salamandra accompagnata dal motto quod huic deest me torquet."»
1. Nell'ornamentazione del soffitto su quattro losanghe appare una salamandra (per altri un ramarro), avvolta in un cartiglio su cui si legge"QUOD HUIC DEEST ME TORQUET" (Ciò che a costei manca, tormenta me): è l'emblema, o impresa, del marchese Federico, e allude al tormento d'amore che l'animale, dal sangue freddo e resistente al fuoco (secondo la credenza popolare), non conosce.
2. Nell'affresco della parete ovest (il banchetto rusticus) si trova un altro riferimento all'emblema. Quattro putti alati si affaccendano intorno a una pergola: uno cerca con una torcia di appiccare il fuoco ad una salamandra, un altro la trattiene per la coda, un terzo sostiene il calamaio per quello seduto che, con la penna d'oca, scrive il motto sul cartiglio.
1. Losanga con impresa della salamandra | 2. Putto dà fuoco a salamandra |
I dipinti della volta non sono affreschi ma pitture a olio su uno strato di intonaco applicato a una trama di stuoie di canne. La volta non è in muratura ma è costituita da un'intralicciatura lignea composita.[4]
Quattro semiottagoni sono disposti intorno al riquadro centrale del soffitto, epilogo felice della favola.
Versione di Apuleio, Metamorfosi, dal libro IV, cap.28 al libro V, cap. 24
Versione di Apuleio, Metamorfosi, dal libro V, cap.25 al libro VI, cap. 24[5][6]
Un'iscrizione latina, in caratteri lapidari romani, si snoda sui quattro lati e separa la decorazione del soffitto dagli affreschi delle pareti:
Nelle dodici vele, sovrastanti le dodici lunette, c'è la musica della festa: putti cantano, ballano e suonano.
Parete sud
Parete nord
Parete est e parete ovest
Nelle pareti meridionale e occidentale è rappresentato un sontuoso banchetto in onore di Amore e Psiche.
Banchetto degli dei | Banchetto rusticus |
Banchetto degli dei. Affresco: altezza: 378 cm; larghezza: 963 cm[8]
Al centro, su una tavola quadrata, ricoperta di una candida tovaglia, troneggia una piattaia con preziose stoviglie. Sullo sfondo l'arco di una verde pergola.
Da sinistra a destra:
Banchetto rusticus - Affresco: altezza: 375 cm; larghezza: 945 cm[9]
Sulla parete occidentale sono rappresentati i preparativi per il banchetto: satiri e ninfe dispongono cibi e stoviglie e ricoprono di petali la candida tovaglia di una lunga tavola rettangolare. Di spalle, spicca la figura di un'elegante fanciulla (per alcuni critici la stessa Venere) che allunga il braccio per indicare l'arrivo di Mercurio, mentre un satiro le porge pani che trae da un grosso cesto.
Nelle pareti settentrionale e orientale sono rappresentate scene di seduzione di soggetto mitologico.
Amori e miti degli dei | Amori e miti eccentrici |
1. Venere e Marte al bagno
La fonte letteraria individuata da Gombrich e da Verheyen è Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, pubblicata da Aldo Manuzio nel 1499.[10] Sull'isola di Citera, Polia e Polifilo assistono, con Amore e Psiche, al bagno della dea.[11]
2. Bacco e Arianna
Bacco, consigliere e scudiero di Venere "...Veneris hortator et armiger Liber", (Apuleio,Metamorfosi, libro II, capitolo 11), è raffigurato insieme ad Arianna. Un satiro versa del vino mentre un amorino porge al dio il sacro bastone, il tirso. Il dio, appoggiato alla lince, porta una corona di edera. Arianna tiene la mano su un cesto, forse la cysta mystica con gli oggetti destinati al culto dionisiaco.
3. Marte, Adone, Venere
Nella Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna si racconta che Polia e Polifilo si recano al sepolcro di Adone su cui è scolpito l'episodio qui rappresentato. Marte con la spada sguainata, insegue Adone, sorpreso nelle stanze della casa, mentre Venere cerca invano di trattenerlo. Un amorino osserva che la dea si ferisce il piede destro con le spine di un rosaio. Secondo il mito ad ogni anniversario della morte di Adone le rose bianche che adornano il suo sepolcro si colorano di rosso del sangue sparso per lui dalla dea.
1. Bagno di Venere e Marte | 2. Bacco e Arianna | 3. Marte, Adone, Venere |
1. Giove, trasformato in serpente, seduce Olimpiade, mentre il marito Filippo il Macedone spia dietro la porta ed è accecato dall'aquila col fulmine. L'episodio è raccontato da Plutarco, inVita di Alessandro.
2. Polifemo con una lunga clava e un flauto a canne, la siringa di Pan, siede monumentale sopra il camino di marmo rosso; sporge a sinistra il muso di un orsacchiotto (il mito narra che Polifemo allevava orsi per divertire Galatea); in un piccolo riquadro a destra Galatea, sulla spiaggia di fronte al mare, è abbracciata ad Aci che indica con il braccio alzato il ciclope innamorato. Il mito è narrato nelle Metamorfosi di Ovidio ma è probabile che Giulio Romano lo conoscesse nella versione rinascimentale di Giovanni Bonsignori, Ovidio Metamorphoseos vulgare del 1497.[12]
3. Dedalo dà gli ultimi colpi di martello alla vacca che ha costruito per Pasifae. Una raffigurazione simile era stata disegnato per Villa Madama, dove Giulio Romano aveva lavorato come allievo di Raffaello.[13][14] Le fonti letterarie rimandano a Ovidio, Ars Amatoria e a Francesco Colonna, Hypnerotomachia Poliphili.
«...il modo con cui quel rozzo e gigantesco Polifemo viene a inserirsi minaccioso e terrificante in un mondo d'idillio, conferisce a tutto l'insieme un'atmosfera irreale...»
1. Zeus e Olimpiade | 2. Polifemo, Aci e Galatea | 3. Pasifae e il toro |
Nel 1784 l'Accademia delle Belle Arti decide di sostituire i "salicati" con pavimenti di mosaico colorato. Il progetto è affidato a Paolo Pozzo. Nel disegnare le forme dei nuovi pavimenti prende ispirazione dalla scansione delle volte e dei soffitti, e agli ottagoni e semiottagoni fa corrispondere un percorso a labirinto.
I temi rappresentati negli affreschi di Giulio Romano nella sala di Psiche hanno trovato diverse interpretazioni da parte dei critici:
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