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balletto musicato da Stravinskij Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La sagra della primavera (titolo originale francese Le Sacre du printemps; in russo Весна священная) è un balletto con musica del compositore russo Igor' Fëdorovič Stravinskij.
La sagra della primavera | |
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Bozzetto, Nikolaj Roerich, 1913. | |
Compositore | Igor' Fëdorovič Stravinskij |
Tipo di composizione | balletto |
Epoca di composizione | Ustyluh 1911-Clarens 1913 |
Prima esecuzione | Parigi, 29 maggio 1913, Théâtre des Champs-Élysées |
Pubblicazione | Édition Russe de Musique, Paris 1921 |
Dedica | Nikolaj Roerich |
Durata media | 35 minuti |
Organico | vedi sezione |
Movimenti | |
Parte I: L'adorazione della terra
Parte II: Il sacrificio | |
L'opera fu scritta fra il 1911 e il 1913 per la compagnia dei Balletti russi di Sergej Djagilev; la coreografia originale fu di Vaclav Nižinskij, le scene e i costumi di Nikolaj Konstantinovič Roerich. La prima rappresentazione, avvenuta a Parigi il 29 maggio 1913 al Théâtre des Champs-Élysées, segnò un momento fondamentale non solo nella carriera del compositore, ma anche per la storia del teatro musicale. L'innovazione straordinaria della musica, la coreografia e l'argomento stesso, basato sul sacrificio di una giovane al giungere della primavera, crearono un enorme scandalo; nonostante le successive schermaglie fra ammiratori entusiasti e acerrimi denigratori, l'opera fu destinata a rimanere una pietra miliare nella letteratura musicale del XX secolo.[1]
«A Igor Stravinsky
...Ho sempre impresso nella memoria il ricordo di quando, a casa di Laloy, suonammo la vostra Sagra della Primavera...
Mi ossessiona come un magnifico incubo e cerco, invano, di rievocare quell'impressione terrificante.»
Il titolo Le Sacre du printemps, in francese, non fu trovato subito da Stravinskij; inizialmente l'opera avrebbe dovuto chiamarsi Vesna svajačšennaia ovvero Printemps sacré. Col procedere del lavoro l'idea di una primavera rigeneratrice, quasi santa, e quella di una adolescente "consacrata" al risveglio della natura si fusero e diedero origine al titolo definitivo, ideato da Léon Bakst, Le Sacre du printemps che in forma così contratta era comprensibile su vasta scala e utilizzabile in altre lingue.[3] Nella corrente traduzione italiana del titolo originale, la parola "sagra" (tradotta dal francese "sacre") non è quindi intesa nel significato generico di "festa paesana", bensì in quello di "consacrazione",[4] e si riallaccia al termine arcaico sagrum derivante dal latino sacrum.
L'opera ha come sottotitolo Quadri della Russia pagana in due parti che, preannunciando un'ambientazione arcaica, era di per sé già molto indicativo sull'argomento e la tipologia del lavoro.[5]
Il 6 febbraio 1909 Djagilev, ascoltando ai Concerti Siloti Feu d'artifice e lo Scherzo fantastique, dimostrò il suo fiuto infallibile nel capire la genialità di un giovane compositore. Stravinskij era allora praticamente sconosciuto e quando scrisse per i Balletti Russi L'uccello di fuoco nel 1910 e Petruška l'anno successivo, il mondo musicale scoprì la straordinaria innovazione che egli stava attuando.[6]
Nella primavera del 1910 il musicista, mentre era in procinto di terminare L'uccello di fuoco, ebbe una sorta di visione, di sogno a occhi aperti, come egli stesso narra: «un giorno, in modo assolutamente inatteso, perché il mio spirito era allora occupato in cose del tutto differenti, intravvidi nella mia immaginazione lo spettacolo di un grande rito sacro pagano: i vecchi saggi, seduti in cerchio, che osservano la danza fino alla morte di una giovinetta che essi sacrificano per rendersi propizio il dio della primavera.»[7] Era così nata la prima idea de Le Sacre du printemps che, contrariamente a quanto generalmente si pensa, non fu musicale e strumentale, bensì plastica[8] e riguardava quella che diventerà poi la scena conclusiva del balletto, la Danse sacrale. Probabilmente questo spunto iniziale fu ambientato solo successivamente dall'autore su di uno sfondo primaverile, per suggerimento della semplice coincidenza tra la visione e l'epoca in cui essa si manifestò.[8] Da quanto detto da Stravinskij in seguito, però, si ricava l'impressione che fosse proprio il rinnovarsi della natura in questa stagione a fargli intravedere, in modo inconscio, l'immagine di questo rito propiziatorio pagano. Bisogna infatti ricordare che, per ammissione del musicista stesso, in Russia la cosa che da lui fu più amata fu «la violenta primavera...che sembrava cominciare in un'ora ed era come se la terra intera si spaccasse»,[9] rivelando in tal modo quale turbamento provocasse in lui il risvegliarsi della natura. Eric Walter White osservò che il Sacre «rappresentò una vittoria importante di Stravinsky sulle inibizioni della sua deprimente infanzia»; dopo anni di tentata rivolta, ottenne la liberazione con l'espressione artistica, trovando nell'immagine della primavera quella di una sorta di rinnovata libertà individuale.[10]
L'impressione avuta dal suo sogno fu tale che Stravinskij ne informò subito l'amico Nikolaj Roerich e successivamente Djagilev il quale si entusiasmò all'idea e quando in seguito ascoltò una prima parte della composizione al pianoforte, capì subito che da quel progetto si sarebbe potuto trarre un balletto fortemente suggestivo e che poteva quindi trarne anche un notevole profitto.[11]
La nuova opera, che aveva il titolo provvisorio di Printemps sacré, non fu realizzata subito. Stravinskij, sebbene avesse già in mente il soggetto dell'opera, non aveva ancora nessuna idea musicale concreta e, poiché si rese ben presto conto che la stesura si presentava lunga e complessa,[12] preferì dedicarsi a un lavoro più rilassante componendo una sorta di konzertstück che divenne a breve una delle prime pagine di Petruška. La scrittura di questo balletto lo assorbì totalmente e, solo dopo la fine della stagione a Parigi, egli ritornò in Russia nella sua proprietà di Ustyluh per dedicarsi alla composizione del Sacre.[13] Nel luglio 1911 il musicista si recò presso Smolensk a Talashkino, nella tenuta di campagna della Principessa Teniševa, grande protettrice delle arti, dove si incontrò con Nikolaj Roerich, amico della principessa oltre che del compositore, allo scopo sia di lavorare allo scenario del Sacre sia di vedere la collezione di arte etnica russa, possibile spunto creativo per il nuovo lavoro. Dopo pochi giorni il piano dell'opera e delle danze erano pronti e Roerich disegnò alcuni costumi ispirandosi a quelli della collezione.[14] Ritornato a Ustyluh, nel corso dell'estate del 1911, il musicista trovò la prima vera idea musicale della sua opera: l'accordo martellato ripetuto degli Augures printaniers che viene subito dopo il preludio iniziale.[15]
Rientrato in Svizzera nell'autunno, il musicista si stabilì con la famiglia a Clarens in una piccola pensione, Les Tilleuls; qui, in una minuscola stanza dove stavano a malapena un pianoforte verticale, un tavolo e due sedie, Stravinskij, fino alla primavera del 1912, compose quasi tutto il Sacre[15] iniziando dagli Augures printaniers e scrivendo successivamente il Preludio che nelle sue intenzioni «doveva rappresentare il risveglio della natura, lo stridere, il rosicchiare, il dimenarsi di uccelli e bestie».[14] Il lavoro procedeva speditamente e tutte le danze della seconda parte furono scritte esattamente nell'ordine poi dato nella partitura; tutto il Sacre fu terminato «in uno stato di esaltazione e di spossatezza»[14] all'inizio del 1912: Successivamente Stravinskij concluse l'ultima parte della strumentazione non ancora fatta, soltanto la Danse sacrale gli diede dei problemi per la realizzazione e infatti fu terminata in forma definitiva solo verso il 17 novembre, giorno ben ricordato dal compositore che scrisse: «avevo un terribile mal di denti che andai poi a farmi curare a Vevey».[14] Egli realizzò quindi una trascrizione del balletto per due pianoforti che intendeva far ascoltare a Debussy, musicista che frequentava spesso e che gli dimostrava una simpatia sincera apprezzandone la musica con giudizi misurati e di grande acutezza; Stravinskij suonò la sua trascrizione a Parigi, a casa del critico musicale Louis Laloy, con Debussy che leggeva agevolmente a prima vista una partitura non facile.[16]
Alla fine del mese di gennaio 1913 Stravinskij raggiunse Djagilev a Berlino dove si esibivano, in tournée, i Balletti Russi, sperando che l'impresario allestisse il Sacre nella stagione in corso, ma quando capì che non vi era nessuna possibilità, ne rimase profondamente deluso. Quasi per consolarlo, Djagilev lo invitò a seguirlo nella tournée del Balletti Russi a Budapest, Londra e Venezia, città che Stravinskij non conosceva e che diverranno per lui molto care. Quando ritornò in Svizzera egli lasciò la sua residenza di Les Tilleuls per un'altra casa, sempre a Clarens, Le Châtelard, dove si dedicò alla composizione delle Tre poesie della lirica giapponese. In seguito, insieme a Maurice Ravel, procedette a una nuova strumentazione di alcune parti della Chovanščina di Musorgskij poiché Djagilev aveva intenzione di abbinarla alla futura rappresentazione del Sacre.[17] Il procrastinarsi della realizzazione scenica dell'opera era dovuto soprattutto al fatto che Djagilev voleva a tutti i costi come coreografo Nižinskij; il ballerino, impegnato anche nella realizzazione del Prélude à l'après-midi d'un faune di Debussy, era non solo oberato di lavoro, ma anche alla sua prima esperienza come coreografo, pretese perciò un numero spropositato di prove, rimandando di fatto la rappresentazione del Sacre all'anno successivo.[18]
Stravinskij scelse di affidare le scene e i costumi del Sacre a Nikolaj Roerich, in accordo con Djagilev, perché, memore delle scenografie da lui realizzate per le Danze polovesiane tratte da Il principe Igor', sapeva che avrebbe fatto un buon lavoro senza esagerazioni o stravaganze,[11] tanto più che Roerich era profondo conoscitore del paganesimo e della preistoria russa. Il pittore trasse una notevole ispirazione per i suoi costumi dalla collezione di arte etnica russa della Principessa Teniševa realizzando dei bozzetti credibili e corretti da un punto di vista storico. Egli consultò inoltre le opere e gli studi di Aleksandr Nikolaevič Afanas'ev scrittore esperto in arte folclorica russa contadina e del paganesimo antico.[19]
Anche se i costumi «furono trovati scenicamente soddisfacenti»,[11] i ballerini dagli strani copricapi a punta e le ballerine dalle lunghe trecce, così infagottati nei larghi costumi, dovettero sorprendere non poco alla loro apparizione sulla scena. La scenografia immaginata dal pittore comprendeva, come disse Stravinskij «un fondale di steppe e cielo, i luoghi dell'Hic sunt leones immaginati dai vecchi cartografi», inoltre la «fila di dodici ragazze bionde e dalle spalle quadrate sullo sfondo di questo paesaggio ne fece un quadro di grande efficacia»;[11] in effetti i fondali, con i loro colori crudi, nettamente definiti, erano appropriati al carattere della partitura. Blanche così descrive la realizzazione di Roerich: «All'alzarsi del sipario, la scena, di Roerich, ci ha portato in un'atmosfera alla Cézanne. Dei verdi teneri, ma crudi, delle pesanti macchie rosa, una semplificazione radicale delle linee e dei toni...Bretagna? Tahiti? Dove eravamo? Ma quale ricchezza di colorito, quale gioia per gli occhi, o quale dolore secondo le nostre abitudini e i nostri gusti!» [20]
Se la collaborazione con Roerich non creò alcun problema a Stravinskij, ben diversa fu quella con Nižinskij. Djagilev, che ammirava oltremodo le sue doti di ballerino, aveva deciso di farlo diventare coreografo, tanto più che Mikhail Fokine, che aveva già realizzato L'uccello di fuoco e Petruška, era impegnato con la messa in opera di altri balletti (Daphnis et Chloé di Ravel e Le Dieu bleu di Reynaldo Hahn). All'epoca Nižinskij stava terminando la sua prima realizzazione coreografica sulla musica del Prélude à l'après-midi d'un faune di Debussy, lavoro che lo impegnò mentalmente e fisicamente al punto di dover rimandare di un anno la creazione del Sacre. Stravinskij era sinceramente turbato all'idea di dover lavorare con Nižinskij; nonostante lo ammirasse come notevole danzatore,[9] egli sapeva benissimo che il giovane era totalmente a digiuno di nozioni musicali, non conosceva la musica né sapeva suonare alcuno strumento. Il compositore tentò di insegnargli i minimi rudimenti in merito, ma il ballerino recepiva con immensa fatica le nozioni. La collaborazione era difficoltosa e il lavoro procedeva con lentezza, tanto più che Nižinskij continuava a complicare tutto caricando i passi di danza rendendoli difficoltosi; pretese poi un numero eccessivo di prove mostrandosi presuntuoso e intrattabile, forte dell'appoggio di Djagilev.[21]
Il nuovo tipo di danza che, nelle intenzioni di Stravinskij, doveva essere il Sacre, faceva immaginare che alla potenza della musica e alla sua pesantezza di ritmo si sarebbe affiancata una realizzazione scenica in cui «dei corpi ammassati, scossi, proiettati in balia dei ritmi, avrebbero costruito uno spettacolo completo di per se stessi, libero da ogni appoggio letterario».[22] La musica da una parte, la realizzazione coreografica dall'altra, dovevano perciò essere «due sistemi ritmici...seguenti ciascuno, secondo i propri mezzi, un oggetto finito e distinto».[22] Una tale concezione lasciava perciò una grande libertà d'azione al coreografo. Il carattere di Nižinskij era impulsivo e spontaneo, ma non bisogna dimenticare che il Sacre è sì un'opera istintiva, ma è anche molto razionale, tutto in essa è stato calcolato da Stravinskij; perciò, se per i suoi doni naturali il danzatore era in sintonia perfetta col Sacre istintivo e drammatico, non si può dire altrettanto per ciò che riguarda il rapporto danza-musica, per il tempo, il ritmo e per i valori musicali che egli ignorava.[23]
Nella sua coreografia egli si mostrava veramente ossessionato dal ritmo stravinskiano, tanto che i ballerini erano come pervasi da scosse elettriche.[24] La sua realizzazione drammatica ed emotiva si basava essenzialmente su nuove posizioni, sull'uso della gestualità delle mani, su figure plastiche non convenzionali: braccia rovesciate, piedi voltati verso l'interno, espressioni di terrore e numerosi salti; il tutto rendeva i movimenti spigolosi e meccanici[25] tanto da far dire a un critico che si trattava di esercizi ginnici piuttosto che coreografici.[26] Realizzazione quella di Nižinskij ben lontana dalla danza accademica; essa aveva rivelato tuttavia notevoli intuizioni e innovazioni che oggi sarebbero normalmente accettate, ma che al pubblico del 1913 dovettero sembrare sgraziate e ridicole.[27]
L'interprete principale, nel ruolo della fanciulla vittima del sacrificio, avrebbe dovuto essere Bronislava Nižinskaja, sorella di Vaclav, ma poiché durante il periodo delle prove era incinta, la parte venne affidata a Maria Piltz.[28]
Stravinskij ottenne da Djagilev la possibilità di utilizzare un organico orchestrale di dimensioni grandiose, ben 99 esecutori che in gran numero facevano parte de l'Orchestre Colonne di Parigi. La direzione fu affidata a Pierre Monteux che aveva già diretto la prima di Petruška nel 1911. Nonostante la sua reazione, non certo favorevole, avuta all'ascolto in anteprima de Le Sacre nella versione per pianoforte, Monteux accettò di dirigere il balletto, grazie soprattutto all'insistenza di Djagilev; egli richiese ben sedici prove complete a causa della complessità della partitura. Secondo Stravinskij "l'esecuzione musicale non fu cattiva"[11], Monteux dimostrò infatti ancora una volta la sua coscienziosa professionalità anche se non amò mai questa composizione e pensò addirittura che contenesse errori, non comprendendo le inconsuete combinazioni sonore ideate da Stravinskij. Nonostante tutto Monteux trattò con rispetto la partitura e continuò a dirigerla per molti anni con assoluta fedeltà.[14]
Quello che accadde la sera del 29 maggio 1913[29] al Théâtre des Champs-Élysées, Avenue Montaigne a Parigi, è rimasto registrato come il più grande scandalo della storia della musica. Il teatro parigino era di recente realizzazione, infatti era stato fatto costruire da Gabriel Astruc, giornalista e impresario, e inaugurato il 31 marzo 1913 con un concerto di musica francese. Il pubblico parigino sperava di poter ascoltare della nuova musica e di assistere a spettacoli innovativi.[30] Il manager aveva deciso perciò di portare sulle scene del suo teatro i Balletti Russi e, fra altri brani già noti, puntava, per la nuova stagione, su due opere prime: Le Sacre du Printemps e Jeux di Debussy.[31]
Il programma per la sera del 29 maggio comprendeva, oltre a Le Sacre, le Danze polovesiane da Il principe Igor di Borodin, Les Sylphides, Le Spectre de la rose di Weber. L'incasso per i biglietti venduti per questa serata ammontò a 38.000 franchi.[32] La prima generale si svolse in grande tranquillità alla presenza di un certo numero di artisti, tra cui Ravel e Debussy, di intellettuali e di membri della stampa parigina, anche se alcune voci di corridoio e notizie trapelate sull'argomento brutale del balletto facevano già presagire il peggio.[33]
Le rappresentazioni della serata iniziavano con Les Sylphides su musiche di Chopin, balletto a cui Stravinskij aveva collaborato orchestrandone due brani; interpreti principali erano Nižinskij e Tamara Karsavina. La seconda opera era Le Sacre. Già dall'introduzione, alle prime note acute del fagotto, si sollevarono mormorii che diventarono presto risate e battute; all'inizio erano solo casi isolati, ma, all'alzarsi del sipario con Gli auguri primaverili, si propagarono a gran parte del pubblico; per reazione un'altra parte dei presenti, di opinione contraria, si espresse con urla e insulti creando in poco tempo un baccano infernale. Le due fazioni di fatto del pubblico teatrale parigino, gli agiati benpensanti legati alla tradizione e alla bella musica, e le avanguardie amanti delle novità a tutti i costi, trovarono terreno fertile al sollevarsi dei primi dissapori.[34] Stravinskij così ricorda: «Lasciai il mio posto non appena iniziarono i rumori pesanti...e andai nel retroscena dove mi misi alle spalle di Nižinskij che, seduto su una sedia dietro le quinte di destra, appena invisibile al pubblico, gridava dei numeri ai danzatori.»[11] Ovviamente «…i poveri ballerini non sentivano niente a causa del tumulto della sala e del loro calpestio. Io ero costretto a tenere per il vestito Nižinskij, fuori de sé dalla rabbia, e in procinto di balzare in scena, da un momento all'altro, per fare uno scandalo. Djagilev, per far cessare il fracasso, dava ordine agli elettricisti, ora di accendere, ora di spegnere la luce nella sala.»[35]
Monteux rimase fermo al suo posto e diresse l'orchestra senza mai interrompere. Ricorda Stravinskij:
«The image of Monteux's back is more vivid in my mind today than the picture of the stage. He stood there apparently impervious and nerveless as a crocodile. It is still incredible to me that he actually brought the orchestra through to the end.»
«L'immagine del dorso di Monteux è oggi più vivida nella mia mente di quella dello stesso palcoscenico. Egli si ergeva manifestamente impervio e snervato come un coccodrillo. Mi pare ancora quasi incredibile che abbia potuto effettivamente trascinare l'orchestra sino alla fine.»
Il chiasso durò fino a metà della seconda parte, quando andò scemando; la finale Danza sacrificale dell'Eletta si svolse in una calma accettabile. I danzatori e il direttore d'orchestra furono chiamati più volte sul palco. Al termine della rappresentazione Stravinskij, con Djagilev e Nižinskij, si recò al ristorante e in seguito raccontò di come fossero tutti e tre "eccitati, adirati, disgustati e...felici".[11] L'unico commento di Djagilev fu "Esattamente quello che volevo"[11] da cui trapelava una notevole soddisfazione; egli aveva infatti capito subito le grandi prospettive pubblicitarie nate dall'esito della serata. Stravinskij confuta quindi l'aneddoto di Jean Cocteau secondo cui lo scrittore si sarebbe recato in taxi con il musicista, Djagilev e Nižinskij al Bois de Boulogne dove l'impresario, piangendo, avrebbe recitato versi tratti dalle poesie di Puškin.[36]
Come il compositore stesso ha detto[14] nulla gli aveva fatto presagire un simile scandalo. Gli altri musicisti, che avevano già ascoltato la musica durante le prove, non avevano fatto commenti in tal senso. Debussy si era già dimostrato entusiasta della nuova opera e delle sue innovazioni e, all'uscita dal teatro, così si espresse: "C'est une musique nègre"[14]. Ai primi dissensi Stravinskij si infuriò molto, non riuscendo a comprendere come il pubblico potesse reagire negativamente dopo aver ascoltato solo poche battute; l'impressione che egli ebbe in seguito fu che la coreografia di Nižinskij fosse stata la causa principale delle controversie essendo stata creata, secondo lui, con incoscienza; invece di essere una realizzazione plastica semplice e naturale, derivante dalle esigenze della musica, risultò solo "un penosissimo sforzo senza risultato".[37]
Alla prima seguirono cinque repliche, sempre al Théâtre des Champs-Élysées; Stravinskij però non poté assistere a nessuna di queste rappresentazioni poiché si ammalò di una febbre tifoide che lo costrinse a letto per sei settimane.[38] Le repliche si svolsero comunque in una calma relativa, senza più gli scontri della prima. Il musicista non poté nemmeno seguire la compagnia di Djagilev a Londra dove vi furono altre quattro rappresentazioni al Theatre Royal Drury Lane; suo malgrado fu costretto in ospedale per così tanto tempo che si diffuse persino la voce di una sua morte imminente.[39]
Come quelle del pubblico, anche le reazioni della critica e della stampa si divisero in due fazioni opposte; gli uni consideravano la nuova composizione come la negazione vera e propria della parola musica, gli altri vi vedevano l'alba di una nuova era musicale.[40] Henri Quittard, musicologo e critico de Le Figaro, definì Le Sacre "una puerile barbarie".[41] Cyril W.Beaumont, storico e critico della danza, ritenne che i movimenti dei ballerini fossero lenti e grossolani, in totale opposizione alle tradizioni della danza classica.[42] Gustave Linor, critico della rivista teatrale Comœdia, ritenne invece la rappresentazione superba, esaltando soprattutto l'interpretazione di Maria Piltz nel ruolo dell'Eletta.[32] Gaston de Pawlowski, sempre su Comœdia, sottolineò la stupidità della cosiddetta élite parigina nel boicottare un'opera veramente nuova e ardita.[43]
Molti fra il pubblico furono gli ospiti illustri; Debussy, molto vicino a Stravinskij, lo sostenne strenuamente; Maurice Ravel[44] se ne uscì urlando "Genio!"[45] Gabriele D'Annunzio da un palco si scagliò contro coloro che si prendevano gioco del lavoro, appoggiato subito da Florent Schmitt e da Alfredo Casella, così come testimonia Gian Francesco Malipiero.[46] Cocteau disse "Le Sacre est encore une oeuvre fauve une oeuvre fauve organisée"[47]rimarcando, come Debussy, l'esotismo selvaggio della musica. Nessuno però all'epoca cercò di esaminare la partitura per capire da dove derivasse quella novità così esplosiva; i più riuscirono solo a sottolineare il ritmo ossessivo, il grande uso delle dissonanze e la strumentazione particolare basata essenzialmente sui fiati.[48]
Dopo l'ultima rappresentazione londinese alcuni fatti fecero sì che Le Sacre venisse momentaneamente accantonato. Nižinskij il 19 settembre 1913 sposò l'aristocratica ungherese Romola de Pulszky, attrice e ballerina, durante una tournée dei Ballets Russes in Sud America. Djagilev, che aveva la fobia per i viaggi transoceanici, non era presente e, appena ebbe la notizia, si infuriò e licenziò Nižinskij; rimanendo senza coreografo egli pensò di richiamere Mikhail Fokine con cui aveva già collaborato per L'uccello di fuoco e Petruška, ma il coreografo pose come condizione assoluta il suo rifiuto a lavorare su qualsiasi realizzazione di Nižinskij. Il 5 aprile del 1914 Le Sacre venne eseguito per la prima volta in forma di concerto, insieme a Petruška, al Casino de Paris, ancora con la direzione di Pierre Monteux. In una sala gremita la composizione di Stravinskij ebbe finalmente la sua rivincita. Ricorda il musicista: "Il pubblico, che non era più distratto dallo spettacolo, ascoltò il mio lavoro con attenzione concentrata e lo applaudì con un entusiasmo del quale fui molto commosso e che ero ben lontano dall'aspettarmi. Alcuni critici, che avevano biasimato in precedenza il Sacre, confessarono francamente il loro errore. È evidente che tale conquista del pubblico mi diede allora una soddisfazione profonda e duratura."[49] Un gran numero di persone invase il palcoscenico, Stravinskij fu issato sulle spalle di un ammiratore e portato in trionfo fino a Place de la Trinité.[14]
Le Sacre du printemps non ha un intreccio vero e proprio; il sottotitolo stesso Quadri della Russia pagana indica il susseguirsi di scene di ambientazione arcaica senza dare l'idea di una possibile trama. Nicholas Roerich così parlava delle sue intenzioni: «Nel balletto Le sacre du printemps...il mio scopo è presentare un certo numero di scene che manifestano la gioia terrena e il trionfo celestiale secondo la sensibilità degli slavi.»[50]
Gli spettatori presenti alla rappresentazione del 29 maggio 1913 ebbero a disposizione solo un programma molto schematico[51]:
Dopo le prime rappresentazioni del 1913 la coreografia di Nižinskij venne accantonata; anche quando Djagilev tentò il riavvicinamento al coreografo nel 1914, lo scoppio della prima guerra mondiale creò ulteriori problemi. Nižinskij infatti fu arrestato in Ungheria e internato in quanto cittadino russo; d'altra parte la sua salute stava lentamente deteriorandosi e anche quando Djagilev riuscì a farlo rilasciare, i problemi mentali, da cui il grande ballerino era afflitto, gli impedirono di realizzare ancora dei lavori di rilievo.[52]
I tentativi di coreografia de Le Sacre, dal 1913 ad oggi, sono stati molti e non tutti certamente riusciti; la motivazione sta soprattutto nel fatto che la complessità della musica e le notevoli difficoltà delle innovazioni ritmiche rendono ardua la realizzazione scenica. Dall'altro lato la concezione musicale de Le Sacre di printemps, lasciando una grande libertà d'azione al coreografo, fece sì che "nessuna versione coreografica poteva imporsi al punto da impedire ad un'altra di esserle sostituita senza danno".[3]
Quando nel 1920 Djagilev decise di riprendere Le Sacre con i Balletti Russi, ormai nessuno ricordava più la coreografia creata da Nižinskij; l'impresario aveva già ingaggiato in precedenza Léonide Massine per realizzare il Pulcinella di Stravinskij e decise di affidargli anche il rifacimento de Le Sacre con una nuova coreografia. Il lavoro di Massine non si discosta sostanzialmente da quella che era l'idea originale, anche se privò il balletto del suo pretesto storico ed eliminò l'implicita base emotiva per attenersi a una concezione formale e svuotata da ogni significato.[53] Senza dubbio questa versione ha meno personalità di quella di Nižinskij e introduce meno novità;[54] l'unico elemento veramente nuovo che la caratterizza è quello della pesantezza, in contrapposizione agli aspetti aerei delle numerose elevazioni che si ritrovano nei balletti di Nižinskij. In questa nuova creazione le ballerine non sembrano più immateriali nelle evoluzioni e nei sollevamenti, ma diventano inerti e pesanti, tanto che nella danza finale il corpo dell'Eletta sembra essere scolpito nella pietra.[55] Massine mantenne Roerich come scenografo e costumista mentre la parte dell'Eletta fu affidata a Lydia Sokolova. Poiché Djagilev all'epoca attraversava un momento di difficoltà economica, l'aiuto di amici permise di mettere in scena questa nuova versione; Coco Chanel aiutò finanziariamente e fece anche realizzare i costumi nella sua sartoria.[56]
La prima rappresentazione avvenne sempre al Théâtre des Champs-Élysées il 15 dicembre 1920 con la direzione orchestrale di Ernest Ansermet. L'anno dopo, il 21 giugno 1921, la nuova versione venne rappresentata anche a Londra al Prince of Wales Theatre. Secondo Stravinskij musica e danza avevano qui più coordinazione rispetto alla versione di Nižinskij, ma il lavoro di Massine non piacque molto al musicista che lo trovava troppo ginnico[14] pur riconoscendo che la plasticità delle figure si accordava con la musica in modo mirabile. Questa stessa coreografia fu poi affidata alla compagnia di Martha Graham che la propose a Filadelfia con la direzione orchestrale di Leopold Stokowski l'11 aprile 1930. Massine, continuando la collaborazione con Roerich, creò un'ulteriore realizzazione per la compagnia di ballo del Teatro alla Scala di Milano che la rappresentò il 24 aprile 1948 con la direzione orchestrale di Nino Sanzogno, Luciana Novaro nel ruolo dell'Eletta e Ermanno Savaré in quello del Vecchio Saggio. La prima italiana de Le Sacre era però già avvenuta il 24 marzo 1941 al Teatro dell'Opera di Roma con la creazione di Aurel Milloss, scene e costumi di Nicola Benois e direzione di Tullio Serafin. Milloss cercò di adattare la sua coreografia il più possibile alle indicazioni che Stravinskij aveva dato del suo lavoro, realizzando "una serie di movimenti ritmici di estrema semplicità, eseguiti da compatti blocchi umani"[57]. Nel 1957 la coreografa tedesca Mary Wigman mise in scena a Berlino una nuova versione puntando su significati erotici del sacrificio della vergine Eletta che diventa quasi un essere inerte, un oggetto in balia dell'elemento maschile; i danzatori la circondano e la lanciano l'uno all'altro come un fantoccio.[58]
L'8 dicembre 1959 Maurice Béjart realizzò la sua versione de Le Sacre du Printemps al Théâtre de la Monnaie col Ballet du XXe siècle di Bruxelles. Protagonisti furono Duska Sifnios, sostituita poi da Tania Bari, e Germinal Casado; i costumi erano di Pierre Caille. Béjart modificò l'originale concezione del balletto e al sacrificio dell'Eletta sostituì l'unione fisica di una Eletta e di un Eletto a simboleggiare la continuità della vita vista nell'esplosione della primavera.[59] Su di un palcoscenico totalmente spoglio, privo di scenografia, i danzatori, in semplice calzamaglia, si muovono, a volte in fila, a volte in gruppi. La danza di Béjart è fatta di movimenti ampi, di larghe aperture delle braccia e delle mani, di flessioni e salti. L'espressività dei volti è sempre accentuata a sottolineare una paura primordiale; ogni movimento sembra scaturire in maniera spontanea.
Il coreografo volle che la sua danza fosse semplice e forte e la realizzò separando in blocchi uomini e donne, blocchi che si scontrano con una forza primitiva che erompe con vigore, ma che sono anche pervasi da un terrore primordiale di fronte al risvegliarsi della vita. Si può dire che qui, a un rituale che necessita della morte per ritrovare il mistero della rinascita, si sostituisce un atto d'amore, un'unione di due esseri che sta a simboleggiare la forza della vita e assurge a un significato universale, al di là di ogni confine e cultura. Le Sacre di Béjart è infatti spogliato da ogni aspetto pittoresco o folclorico, non vi è alcun accenno alla Russia arcaica. Ogni movimento aderisce alla formidabile pulsazione ritmica della musica e le composizioni di massa riflettono la forza e il vigore della partitura.[60]
Le Sacre di Maurice Béjart è stato giudicato da Balanchine come la migliore realizzazione coreografica del balletto di Stravinskij.[25]
L'8 maggio 1962 Kenneth MacMillan presentò al Covent Garden una sua versione del balletto con la produzione del Royal Ballet di Londra e la collaborazione del pittore Sidney Nolan; il ruolo dell'Eletta fu affidato alla giovanissima Monica Mason. La prima rappresentazione de Le Sacre in Unione Sovietica avvenne nel 1965 a Mosca con il Balletto Bol'šoj in una versione realizzata da Natalia Kasatkina e Vladimir Vasiliev. John Neumeier rielaborò Le Sacre in una versione primitiva che prevede la liberatoria fuga finale della vergine Eletta.[61]
Un'altra versione fu quella del coreografo John Taras che mise in scena il balletto alla Scala di Milano il 9 dicembre 1972 con protagonista Natalija Makarova e con scene e costumi di Marino Marini. Il coreografo statunitense Glen Tetley il 17 aprile 1974 all'Opera di Monaco riprese il tema del sacrificio che porta a una rinascita primaverile dell'umanità, sostituendo all'Eletta un Eletto. La stessa versione di Tetley venne replicata l'anno successivo a New York con interpreti Martine van Hamel e Michail Baryšnikov.[62]
Il 3 dicembre 1975 al Teatro dell'Opera di Wuppertal la coreografa tedesca Pina Bausch creò una versione de Le Sacre che rispetta la concezione originaria del balletto, anche se elimina qualsiasi aspetto folclorico e di riferimento alla Russia pagana. La sua è una visione altamente drammatica che si svolge su di un palcoscenico ricoperto di terra per ricordare il legame diretto con la natura. Il simbolo del sacrificio è un vestito rosso che passa prima di mano in mano tra le ballerine per poi finire indossato dall'Eletta. La danza finale assume aspetti di grande intensità; l'Eletta, nel suo assolo, è in preda al panico ed è scossa da sussulti violenti tanto da sembrare posseduta.[63]
Martha Graham, che era stata protagonista de Le Sacre di Massine nella ripresa di Filadelfia del 1930, creò il suo Sacre come coreografa all'età di 90 anni nel 1984. L'idea è sostanzialmente quella originale; l'Eletta però diventa una vera vittima sacrificale e viene legata con una fune da uno sciamano che si sostituisce al vecchio saggio della versione iniziale. Nel 2001 Angelin Preljocaj nella sua versione de Le Sacre ritrova gli aspetti intensi e drammatici di un rito ancestrale violento.[64]
Dal 1979 gli esperti di danza Millicent Hodson e Kenneth Archer si impegnarono a ricostruire la coreografia originale di Nižinskij avvalendosi di ogni fonte possibile, da disegni e fotografie dell'epoca, da appunti e da ricordi di ballerini e del personale dei Balletti russi ancora in vita, ma soprattutto dall'esperienza di Marie Rambert che era stata assistente di scena di Nižinskij nel 1913. Questa ricostruzione, durata otto anni, venne rappresentata dal Joffrey Ballet[65] a Los Angeles il 30 settembre 1987 mantenendo anche le scene e i costumi originali. Questa stessa versione ricostruita venne in seguito ripresa dal corpo di ballo del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo nel 2003 e riproposta ancora, nel centenario della prima rappresentazione, il 29 maggio 2013 al Théâtre des Champs-Élysées con la direzione di Valerij Gergiev.[66]
La posizione di Stravinskij di fronte alla musica è sempre stata «puramente compositiva»[67]. L'opera da realizzare non implica quasi mai per lui un problema estetico da risolvere, ma solo una questione di mestiere. Da questo ne deriva un rifiuto per gli atteggiamenti approssimativi e la preferenza per un linguaggio musicale chiaro e preciso, ridotto all'essenziale; nessun elemento estraneo ne deve compromettere la purezza. Ovviamente viene spontaneo chiedersi come potesse un musicista che tendeva a un'arte pura, conciliare questo suo atteggiamento con la realizzazione scenica e quindi con la contaminazione di numerosi elementi extra musicali. Stravinskij ha però sempre saputo salvaguardare la propria autonomia di musicista. Inoltre, come osserva De Schloezer "la genesi di un'opera e la sua struttura, la sua natura intima, sono cose totalmente differenti... Tutto dipende dall'atteggiamento dell'artista, e il suo punto di partenza non ha importanza".[68] L'atteggiamento di Stravinskij è quello di «musicalizzare in qualche maniera il teatro, di annettere la scena alla musica, di estenderne il dominio a dei campi estranei».[69] Si può dire che Stravinskij "porta il concerto al teatro".[70] Le Sacre du Printemps è infatti un'opera essenzialmente musicale; vi è ben poco di descrittivo nella sua partitura, nulla che abbia a che fare con la musica a programma. Il tema si presta sì a realizzazioni coreografiche, ma la cosa è del tutto facoltativa, infatti «tutta l'unità dell'opera, il suo sviluppo si basano su mezzi esclusivamente musicali».[71]
In questo lavoro Stravinskij realizza un allargamento del sistema musicale tradizionale operando soprattutto in tre campi: melodico, ritmico e armonico. La melodia qui assume un carattere particolare, legata com'è al ritmo, all'armonia e alla strumentazione. I temi si sviluppano poco secondo una tradizionale linea melodica, ma si modificano in una maniera particolare e progressiva; in effetti le linee melodiche dopo essere state esposte "sono sviluppate con mezzi totalmente nuovi, in modo da dare loro un dinamismo sempre più rimarcato".[71] Questo sviluppo è molto lento e particolarissimo proprio perché non modifica quasi per niente i temi da un punto di vista strettamente melodico; sono invece "i rapporti armonici, contrappuntistici, ritmici, strumentali dei temi...che variano continuamente. Il dosaggio graduale di questi elementi apporta alla musica una tensione che aumenta senza tregua".[72]
I temi non sono molti nel Sacre, non più di una ventina; essi vengono esposti, brevemente ripetuti e poi sembrano sparire. Ognuno degli episodi non ha più di uno o due temi che lo caratterizzano, ma è raro trovare un passaggio di temi da una parte all'altra dell'opera; uno di questi esempi si ha nel caso della Danza della terra di cui un motivo appena accennato riapparirà come il secondo tema dei Cerchi misteriosi delle adolescenti. I temi importanti del Sacre sono tutti semplici e diatonici, raro il caso di qualche tema minore a carattere cromatico, come, ad esempio, il tema esposto dagli oboi e dai corni inglesi nell'Azione rituale degli antenati. I temi nel loro diatonismo arcaico ricordano in un certo modo l'antica musica folclorica russa,[73] di cui Stravinskij, però, fa un uso inconscio, poiché afferma che tutte le melodie del Sacre, meno una, sono originali. Il compositore lo specifica ricordando che la melodia iniziale del fagotto è l'unica melodia popolare autentica, provenendo infatti da un'antologia di musiche lituane del polacco Antoni Juskiewicz che egli aveva trovato a Varsavia.[9] Secondo il musicologo Richard Taruskin, però, i motivi popolari presenti nella Sagra sono molti, sia russi sia ucraini, tanto che lo studioso accusa il compositore di aver taciuto la provenienza degli stessi anche se, al tempo stesso, ammette che l'identificazione non sia certa e che molti di questi sfuggano all'indagine.[74] È vero, però, come sostiene Robert Craft avvalorando quanto affermato dal musicista, che Stravinskij aveva dimenticato l'origine di tali melodie tanto erano entrate a far parte della sua memoria inconscia e che l'origine etnologica delle stesse per lui non aveva ormai più alcuna importanza.[75] Bisogna infine aggiungere che il compositore aveva talmente fatto proprie queste melodie, trasformandole e ricreandole in profondo, da poter dire che ormai esse potevano essere considerate "sue" a tutti gli effetti.[76]
La linea melodica dei temi è breve, chiara, diretta, senza effusioni e ha un'ampiezza, una facilità di cui si era, fino a quel momento, perduta l'abitudine.[77] Nel Sacre la melodia è legata al timbro degli strumenti; in certi punti sembra nascere talvolta per mettere in rilievo la simmetria di due timbri differenti, talvolta per contrapporli. E non solo. La melodia è strettamente legata al ritmo. I temi si sviluppano essenzialmente da un punto di vista ritmico più ancora che armonico o strumentale. "Il fenomeno più importante nel campo tematico del Sacre è la comparsa di un tema ritmico nel vero senso della parola, dotato di esistenza propria".[78] La bellezza lineare della melodia appare infatti a Stravinskij quasi un susseguirsi di linee indipendenti legate però all'esistenza del ritmo.[79]
Le Sacre du printemps, con il suo eccezionale dinamismo, porta il ritmo ad assumere un valore primario nell'ambito del discorso musicale. È proprio in questo campo che si rivela principalmente la straordinaria innovazione di Stravinskij; in effetti è il ritmo che sostiene e caratterizza tutta l'opera. Fin da un primo ascolto si può notare che Le Sacre ha l'aspetto di un doppio crescendo ritmico, dall'inizio alla fine di ognuna delle due parti; si arriva infatti progressivamente alla violenza ostinata ritmica nel Prestissimo della Danza della terra partendo da una lenta e calma introduzione; altrettanto avviene nella seconda parte, dal Largo iniziale al parossismo ritmico della Danza sacrificale, così violento da superare anche quello della Danza della terra. In questi crescendo si alternano momenti di grande tensione dinamica, come ne Il gioco del rapimento, ad altri di momentanea quiete in cui la musica assume toni più pacati come nelle successive Danze primaverili. Gli altri elementi quasi scompaiono quando, nella sua straordinaria vitalità, il ritmo si impone in primo piano, come nel caso dei celebri accordi compatti de Gli auguri primaverili, caratterizzati da una accentuazione fortemente asimmetrica.[80]
Il linguaggio ritmico utilizzato da Stravinskij è plastico e costruttivo; egli fa uso di una poliritmia che accomuna in uno stesso movimento ritmico metri differenti e anche frasi di metro diverso.[81] La sovrapposizione di diversi ritmi è un procedimento frequentissimo in quest'opera. Un esempio si può trovare nella Danza della terra dove la sovrapposizione, su un ritmo di 3/4, di terzine e quartine crea un contrasto ritmico solo apparentemente caotico, ma che è in realtà logicamente calcolato con una precisione matematica. A un ritmo prevedibile, come era finora stato, il compositore aggiunge l'imprevedibilità di un contro-ritmo irregolare che, per forza di cose, condurrà anche a una nuova dimensione armonica e polifonica.[82]
Nel balletto vi è infatti un grande impiego di oscillazioni metriche continue che danno il senso di una vitalità sorprendente; ad esempio, la Danza sacrificale, il brano più difficile e complesso da questo punto di vista di tutta l'opera, presenta questo rapido concatenarsi di battute di valore diverso:
3/16, 2/16, 3/16, 3/16, 2/8, 2/16, 3/16, 3/16, 2/8, ecc.
Un tale procedimento rende evidente che il ritmo si sviluppa; in effetti, così come in campo armonico vi sono ritardi, appoggiature, anche nel ritmo del Sacre troviamo ritardi, aumentazioni e diminuzioni.[83] Inoltre, André Schaeffner osserva che al ritmo chiaramente definito di un tema Stravinskij "fa delle correzioni successive, sia che egli vi aggiunga o vi sopprima arbitrariamente un tempo",[84] quindi la ripetizione del motivo continua in modo da essere ogni volta praticamente incompleta, ma diversa dalla precedente; da ciò ne deriva che "la sola forma di sviluppo nel Sacre appare quindi completamente ritmica e si esercita per eliminazione o per amplificazione metrica".[85]
Il contrasto ottenuto dal continuo alternarsi di ritmi differenti, di ritmi simmetrici e asimmetrici, nonché dagli spostamenti degli accenti, conferisce al lavoro, e soprattutto alla Danza sacrificale, un carattere parossistico irresistibile, mettendo così in rilievo il vero e proprio valore espressivo che assume qui l'elemento ritmico.[25]
La violenta impressione di asprezza e aggressività che sconcertò i primi ascoltatori de Le Sacre du printemps nel 1913 è dovuta non solo al ritmo inusitato, ma anche all'uso di nuovi e particolarissimi procedimenti armonici. Come infatti dice Robert Siohan, per potente che sia il ritmo in quest'opera sarebbe riduttivo vedere in esso tutta la forza del Sacre.[86] La novità principale risiede nell'utilizzazione marcata della politonalità, procedimento mediante il quale il musicista sovrappone tonalità differenti affidandole contemporaneamente a diversi gruppi strumentali. Precedenti si potevano già trovare in Petruška, opera che contiene in germe molte delle novità del Sacre.[87] Questa tecnica, usata in maniera magistrale da Stravinskij, si rivela di una grande potenza soprattutto sul piano estetico. Combinazioni deliberate di tonalità contrastanti si possono notare da un capo all'altro della partitura, come, ad esempio, nell'inizio dell'introduzione (Largo) della seconda parte, Il sacrificio. L'aspetto di groviglio dissonante, unitamente alla lentezza del tempo, conferisce al brano una sensazione di attesa, carica di estrema tensione. Il notevole senso drammatico che scaturisce da queste introduzioni politonali e dalle dissonanze che ne derivano si ritrovano soprattutto ne il Gioco del rapimento che, con il suo presto, raggiunge un crescendo di vera forza d'urto[88].
La politonalità del Sacre ha attirato l'attenzione di molti critici e musicisti. De Schloezer afferma che si tratta più che altro di una pseudo politonalità, poiché una reale politonalità implica una completa indipendenza di tonalità differenti, cosa che non accade in quest'opera, dal momento che vi è sempre una tonalità fondamentale a cui si aggiungono complessi armonici di tonalità estranea.[89] D'altra parte il fatto che vi sia un piano tonale principale non nega che la simultaneità di diversi elementi tonali di varia provenienza esista nel Sacre.[90] Ernest Ansermet ritiene che non si possa realmente parlare di senso armonico politonale poiché esiste un elemento di contatto che assume il valore vero e proprio di una tonica e che agisce come un polo di attrazione; questo polo è presente e ricorre costantemente, richiamando il senso armonico dell'opera e fissandone la sua unità.[91] Esempi di queste note polari nel balletto ve ne sono molti; esse esercitano una funzione attrattiva per tutte le altre note che sono così condotte a una tonalità implicita come a un centro di gravità. Ben nove dei tredici brani del Sacre restano pur sempre legati a una tonalità o sono comunque attratti da un polo tonale; i rimanenti hanno, per così dire, una traiettoria modulante.[92] Un esempio lo troviamo nella Danza sacrificale dove tutto gravita, in un continuo crescendo di tensione, verso la nota re.[93]
L'organico orchestrale che Stravinskij ha radunato per realizzare il Sacre è colossale.[94] In primo luogo vi è la notevole importanza data alle percussioni; la partitura richiede infatti almeno cinque timpani e una nutrita batteria in cui figurano anche strumenti inusuali come i piatti antichi in La♭ e Si♭.
Altrettanto numerosa è la sezione dei fiati, dove figurano ben ventitré legni e diciannove ottoni, largamente diversificati: i flauti, per esempio, comprendono tre flauti grandi, un flauto piccolo e un flauto alto. Gli archi, presenti in numero proporzionale rispetto alle altre sezioni, completano l'organico, ma non hanno mai un ruolo di primo piano, spesso sono usati solo come sottolineatura ritmica.[95]
L'assenza di determinati strumenti, quali l'arpa e il pianoforte, è una scelta precisa del compositore in quanto il loro timbro, più dolce, non era compatibile con la durezza del linguaggio usato; anche alcune percussioni dal timbro scintillante vengono escluse, scelta dettata dall'intenzione dell'autore di essere chiaro e diretto nel comunicare ciò che vuole dire.[96] Per questo motivo vengono eliminati tutti gli strumenti dal timbro dolce e marcata l'importanza di quelli dal timbro privo di fremiti, quali i legni. Anche gli archi non sono utilizzati per la loro cantabilità, ma sono sfruttati, oltre che nella marcatura ritmica, più che altro nei pizzicati, tremoli, glissandi e nelle loro sonorità più taglienti e incisive.[97][71]
Nonostante la sua complessità, questa formazione orchestrale è logica e necessaria. Essa si avvicina in certo qual modo a quella adoperata da Richard Strauss e da Gustav Mahler, ma, mentre in essi «l'accumulazione dei mezzi fonici corrispondeva unicamente a un desiderio di potenza e di intensità fonica, in Strawinsky agisce unicamente in obbedienza al principio della purezza dei timbri e degli incessanti contrasti.»[98] I timbri in quest'opera assumono un valore nuovo; essi sono strettamente legati alle linee melodiche che rivelano spesso più valore per il timbro dello strumento che le espone che per l'aspetto più propriamente musicale.[99]
Unitamente al timbro assume una straordinaria importanza anche il registro degli strumenti. Ad esempio il primo tema dell'opera, che è esposto dal fagotto in un registro sovracuto e insolito per questo strumento, come dice Paul Collaer, non avrebbe lo stesso potere espressivo se fosse esposto da un altro strumento oppure dallo stesso, ma in un altro registro.[71] La scelta degli strumenti e la loro utilizzazione sono quindi fondamentali e contribuiscono in modo notevole al linguaggio aspro e duro dell'opera, unitamente all'emancipazione della dissonanza e alle innovazioni ritmiche. Oltre alle linee melodiche anche i compatti blocchi sonori, che si susseguono nell'opera, trovano il loro significato nell'agglomerazione timbrica che da essi deriva. Gli strumenti conservano però sempre la loro individualità, il valore espressivo è dato infatti dalla collaborazione o dalla differenziazione degli stessi; quello che ne deriva è una vera e propria melodia di timbri nata da un susseguirsi di suoni sempre coordinati,[97] come nel caso dell'Introduzione del primo quadro. Come ha scritto Ansermet, l'opera di Stravinskij "è una costruzione polifonica di ritmi melodici e di ritmi armonici messi in risalto dalla qualità dei timbri".[100]
Le Sacre du printemps, opera "storica" dello scenario musicale di tutti i tempi, è rimasto tuttavia un fenomeno quasi isolato, senza nessuna vera discendenza.[101] Considerando in primo luogo le conseguenze avute da Le Sacre sulla produzione successiva del suo autore, si può dire che tutto sembra essere in reazione a esso; la dimensione orchestrale si riduce notevolmente, la scrittura diventa lineare, le grandi realizzazioni ritmiche sembrano non avere un seguito. Le opere scritte dopo Le Sacre, per circa dieci anni, sono pressoché tutte per piccole formazioni di orchestra da camera in cui l'autore sembra interessato soprattutto allo studio dei timbri puri dei singoli strumenti più che alla combinazione degli stessi.[102]
Anche le influenze su compositori contemporanei sono in verità pochissime. Uno dei pochi, se non l'unico, che seppe accostarsi al lavoro di Stravinskij fu Prokof'ev con la Suite scita nel 1915 per l'uso della politonalità, l'uso irregolare del ritmo e la padronanza dell'orchestrazione.[103] Tuttavia, anche un musicista molto lontano per carattere e tipologia musicale come Giacomo Puccini, secondo Roman Vlad, ha subito l'influsso dell'opera di Stravinskij, e di questo si trovano evidenti tracce nella Turandot dove la melodia portante di Tu che di gel sei cinta riprende il tema melodico de Gli auguri primaverili, prolungandolo e spogliandolo ovviamente di ogni aspetto d'urto armonico.[88] Il compositore Edgard Varèse fu uno dei tanti musicisti presenti alla prima del 29 maggio 1913; la suggestione del balletto di Stravinskij si ritrova in lui nell'opera per grande orchestra Amériques che scrisse fra il 1918 e il 1921; le notevoli dimensioni orchestrali con un gran numero di percussioni, il grande crescendo e l'uso spinto delle dissonanze richiamano infatti Le Sacre. Un altro musicista che ha preso spunto in un suo lavoro dall'opera di Stravinskij è Aaron Copland che, nel balletto Billy the Kid del 1938, risente delle impressioni musicali di alcuni brani de Le Sacre e in particolare delle Danze primaverili.[104]
Bisogna dunque dar atto a Stravinskij stesso quando asserisce che non vi fu una rivoluzione con l'avvento del Sacre e che le ipotetiche conquiste avvenute con esso non sono state affatto assimilate dai nuovi musicisti; in poche parole hanno fatto di lui un rivoluzionario suo malgrado.[105] La "bomba" scoppiata il 29 maggio 1913 sconvolse il mondo musicale di allora e lo lasciò come inebetito a continuare nel solito percorso.[106]
Sebbene siano occorsi parecchi anni perché pubblico e mondo musicale assimilassero e comprendessero le novità di quest'opera fondamentale, la notorietà e la popolarità ottenuta infine dall'opera indussero nel 1938 gli uffici della Disney a chiedere a Stravinskij il permesso per utilizzare la musica de Le Sacre du printemps per un film a cartoni animati, permesso in verità ipotetico poiché la casa americana avrebbe comunque potuto usare la musica, anche senza il consenso dell'autore: Le Sacre infatti, essendo un'opera russa, non possedeva il copyright per gli Stati Uniti. I produttori offrirono al compositore un compenso di 6000 dollari, di cui 1000 andavano all'editore per il noleggio del materiale orchestrale.[14] Stravinskij assistette poi all'anteprima della proiezione del film Fantasia durante il periodo natalizio del 1939 insieme a Balanchine. Il compositore rimase di stucco quando gli organizzatori gli proposero la partitura, asserendo che era stata modificata; in effetti, come egli disse, «la strumentazione era stata migliorata da bravate tali come il far suonare i glissandi dei corni a un'ottava superiore nella Danse de la terre. Anche l'ordine di successione dei pezzi era stato scompigliato e i più difficili erano stati eliminati».[14] Inutile aggiungere che Stravinskij prese molto male l'arrangiamento della sua partitura fatto da Leopold Stokowski, giudicando anche l'esecuzione «esecrabile».[14]
L'influenza della Sagra inoltre travalica anche i confini di genere e in particolare, nel corso della storia del jazz, è stata richiamata da più autori.[107] Il tema iniziale è stato citato dal celebre sassofonista Charlie Parker nell'apertura del solo su Salt Peanuts durante un concerto alla Salle Pleyel del 1949.[107] Hubert Laws è forse il primo, nel 1971, a dedicare all'opera maggiore attenzione nel disco omonimo The Rite of Spring, mentre nel 1976 Alice Coltrane inserisce Spring Rounds nel disco Eternity. Anche l'Esbjörn Svensson Trio inserisce come ghost track di Reminiscence of a Soul, contenuto in Good Morning Susie Soho del 2000, un richiamo alla sezione Danze primaverili. Una delle riletture più recenti e meticolose si deve invece al trio statunitense The Bad Plus ed è presente nel disco The Rite of Spring del 2014.[107]
Dopo lo scalpore suscitato dalla prima rappresentazione de Le Sacre du printemps si sono susseguite numerose le ripercussioni in ambito sia critico che musicale in senso stretto. Fra i molteplici scritti resta fondamentale il testo di Adorno del 1949, Philosophie der neuen Musik, che punta l'interesse soprattutto sull'antagonismo Stravinskij-Schönberg, dedicando anche un'analisi abbastanza ampia a Le Sacre du printemps. All'inizio dell'attività compositiva sia Schönberg che Stravinskij videro le loro prime importanti opere rifiutate dal grande pubblico, Pierrot Lunaire nel 1912 e Le Sacre nel 1913; e mentre per Adorno Schönberg continuerà sulla sua strada, rimanendo sempre estraneo all'alienazione del mondo contemporaneo, Stravinskij ne diventerà, secondo lui, il simbolo. Partendo da questo presupposto nell'esame de La sagra Adorno, più che sulle considerazioni del valore musicale dell'opera, in effetti ben poco riconosciuto dalla sua analisi astiosa, punta il dito sul compiacimento del musicista per una situazione priva di soggettività[108] che porta al sadomasochismo di una musica che fa sparire totalmente il soggetto, obbligato a portare il peso di un rito incomprensibile. L'eletta danza fino alla morte e «il suo "a solo" è [...] collettivo nella sua specifica organizzazione interna, una danza spoglia di qualsiasi dialettica tra "universale" e "particolare"; [...] bandito l'agevole conformismo con la società individualistica, si produce un conformismo assai sinistro: quello di una società integrale e cieca».[109] Per Adorno il distacco e le distanze che la musica di Stravinskij mantiene dall'orrore prodotto da ciò che avviene sulla scena, sono il riflesso dell'alienazione della soggettività dell'autore.[110]
Come ha scritto Massimo Mila, l'antitesi manichea di Adorno fra Stravinskij e Schönberg oggi non ha più nessun credito.[111] Anche Paolo Castaldi, pur riconoscendo che la contrapposizione di Adorno deve essere mantenuta, afferma che è essenziale che essa venga attraversata e totalmente rovesciata.[112] Se nel 1913 Le Sacre fu un vero scandalo, per la successiva generazione fu il simbolo di una liberazione dalla retorica del romanticismo e dagli eccessi dell'impressionismo.[113] I musicisti venuti dopo quali Pierre Boulez o Luciano Berio non smentiscono certo quanto devono compositivamente allo Stravinskij de Le Sacre. Pierre Boulez afferma che nella multiforme produzione stravinskiana, il nome del musicista è legato fortemente a un solo lavoro, La sagra della primavera; tutte le opere create nello stesso periodo gravitano intorno a un polo d'attrazione che resta l'opera chiave del fenomeno Stravinskij. Per Boulez indubbiamente Le Sacre vale molto di più di tutti gli elogi e le considerazioni da cui negli anni è stata subissata.[114] Secondo Mila, certo è che se La sagra della primavera non ha avuto eredi diretti, alcuni elementi sono rimasti fondamentali in tutta la musica moderna, dall'uso del timbro puro degli strumenti all'innovazione ritmica.[115] Se nella capacità compositiva Stravinskij sia poi riuscito in seguito a toccare i valori assoluti dell'istintività de Le Sacre è un campo di discussione ancora aperto.[116]
La storia delle revisioni, riadattamenti, correzioni ed edizioni de Le Sacre du printemps è complessa, non facile da ricostruire e ha creato a volte confusione.[117] Stravinskij fece molte revisioni de Le Sacre du printemps; le più importanti, a suo dire, sono quelle del 1921 e del 1943.[14] Quando Djagilev decise di riprendere le rappresentazioni del balletto nel 1920, il compositore, che non aveva più avuto l'occasione di riascoltare la sua musica per circa sette anni, pensò di rielaborare la partitura modificando le battute nell'Evocazione degli antenati, rendendole più corte in modo da facilitare la scansione sia per l'orchestra che per il direttore. La nuova versione andò in scena con la direzione di Ansermet e la coreografia di Massine.[118]
Negli anni successivi, mentre preparava nuovi concerti, Ansermet comunicò a Stravinskij di aver trovato diversi errori nella prima pubblicazione dell'opera; il compositore, pensando allora a una nuova eventuale pubblicazione, operò alcune modifiche alla partitura. I cambiamenti più importanti furono fatti alla Danza sacrificale; il musicista non era soddisfatto del risultato orchestrale di questa parte finale ed egli la riscrisse in modo sostanziale nel 1943 anche in vista di una esecuzione della Boston Symphony Orchestra, evento che in realtà non si realizzò mai.[14] I cambiamenti più evidenti apportati alla vecchia versione del 1921 della Danza sacrificale riguardavano il pizzicato dei violoncelli e dei contrabbassi[119] e nell'utilizzo di misure più piccole, ma, malgrado l'impegno di Stravinskij per migliorare la sua partitura, molti esecutori ignorarono completamente le modifiche fatte nel 1943; il problema stava nel fatto che le orchestre si rifiutavano di pagare due percentuali alle case editrici per la vecchia e per la nuova versione. Nonostante ciò, le differenze fra le versioni furono molto discusse e criticate; la preoccupazione del compositore era in fondo solo di rendere più agevole la scansione della musica utilizzando battute più corte, facilitando così il compito al direttore e agli orchestrali.[14] Il lavoro di rilettura e di limatura della sua opera continuò comunque per molti anni ancora, l'ultima revisione della Sagra è infatti del 1965.[120]
La prima pubblicazione de Le Sacre fu un arrangiamento per pianoforte a quattro mani realizzato da Stravinskij nel 1912 che fu stampata dalla Édition Russe de Musique di Parigi nel 1913 (RMV196). Lo scoppio della Prima guerra mondiale impedì poi che si potessero avere ulteriori pubblicazioni. Fu soltanto nel 1921 che la partitura dell'opera venne edita nella sua forma integrale per orchestra sempre dalla Édition Russe de Musique (RMV197,197B), dopo che Djagilev aveva deciso di riprendere nel 1920 le rappresentazioni. In seguito alle revisioni fatte negli anni successivi, Stravinskij volle che fosse realizzata una nuova edizione de Le Sacre nel 1929. Questa nuova pubblicazione, però, non comprese le correzioni suggerite da Ansermet e riportò lo stesso codice dell'edizione del 1921. Il compositore si preoccupò di revisionare la sua opera, oltre che per ovvi motivi di esecuzione musicale, anche per risolvere il problema del copyright. Nel 1945 egli lasciò la casa editrice Édition Russe de Musique per la Associated Music Publishers che pubblicò il balletto con la nuova versione della Danza sacrificale e che fu quindi la prima edizione stampata in America. Nel 1948 la casa editrice Boosey & Hawkes, che aveva acquisito il catalogo della Édition Russe de Musique, stampò la versione corretta della partitura del 1929 (B&H 16333), che non comprendeva ancora una volta le correzioni fatte alla parte finale poiché non aveva i diritti per pubblicarla.[121] La Boosey & Hawkes ristampò nel 1952 la versione per pianoforte a quattro mani, senza modifiche, del 1913; la stessa casa ripubblicò poi la sua precedente edizione del 1948 nel 1965 e successivamente anche nel 1967 (B&H 19441).[122]
Nel 2013 la Paul Sacher Foundation, in occasione del centenario della prima rappresentazione dell'opera, pubblicò, in collaborazione con la Boosey & Hawkes, un'edizione in tre volumi comprendente il manoscritto autografo de Le Sacre che Stravinskij utilizzò per le sue prime direzioni e la prima versione realizzata per pianoforte a quattro mani.[123]
Nel 1921 Stravinskij accettò la proposta che gli fecero i titolari della casa francese Pleyel di incidere le sue opere con la Pleyela, pianoforte meccanico a rulli di loro creazione. Il musicista era molto interessato a questa realizzazione soprattutto perché in tal modo sperava di evitare in futuro interpretazioni deformate delle sue opere da parte di esecutori poco attenti alle sue indicazioni e intenzioni.[124] Stravinskij firmò il contratto nel maggio 1921 e la versione per Pleyela de Le Sacre uscì l'anno stesso. Nel 1924 il contratto che il compositore aveva sottoscritto con la casa Pleyel fu acquisito dalla Aeolian Company di New York;[125] negli anni successivi Stravinskij si recò più volte negli Stati Uniti per registrare alcune sue opere, tra cui Le Sacre, sui rulli per pianoforte meccanico. Purtroppo molta di questa produzione è andata perduta negli anni della Grande depressione per difficoltà economiche sopraggiunte. Nel 1990, però, l'esperto di pianola ed esecutore Rex Lawson realizzò in prima mondiale un'incisione su CD de Le sacre du printemps nella versione originale per Pianola del 1921.[126]
Le prime incisioni su disco fonografico risalgono invece al 1929: il compositore e Pierre Monteux furono i primi a misurarsi con le nuove tecniche di registrazione per quanto riguarda Le Sacre du printemps. Il direttore francese batté sul tempo Stravinskij incidendo la composizione con l'Orchestre symphonique de Paris per la HMV, casa produttrice nota in Italia come La voce del padrone. Poco tempo dopo il compositore firmò un contratto a lungo termine con la Columbia Records sia come direttore d'orchestra che come pianista[127]e registrò quattro mesi dopo Monteux Le Sacre con l'Orchestre des Concerts Straram. Stravinskij in seguito incise ancora due volte la sua opera, sempre per la Columbia, nel 1940 con la New York Philharmonic e nel 1960 con la Columbia Symphony Orchestra. Nell'anno seguente, 1930, Leopold Stokowski realizzò una nuova incisione per la Victor con l'Orchestra di Philadelphia.[128] Secondo l'opinione di Stravinskij i molti direttori che si cimentarono con Le Sacre risolvevano i problemi nati dalle grandi difficoltà metriche dell'opera modificando le battute di valore differente rendendole tutte uguali, falsando in tal modo tutti gli accenti. Gli unici che si mostrarono rispettosi della partitura mostrando una grande professionalità, furono, secondo il compositore, Monteux e Ansermet.[129] Il primo incise ancora Le Sacre nel 1945 con la San Francisco Symphony, nel 1951 con la Boston Symphony Orchestra, nel 1955 con l'Orchestre national de France e nel 1956 con l'Orchestre de la Société des Concerts du Conservatoire. Ernest Ansermet, considerato da Stravinskij come l'esecutore che meglio comprendeva le sue opere[130], realizzò un'incisione de Le Sacre du printemps nel 1950 e poi nel 1957 con l'Orchestre de la Suisse Romande.[131]
Dagli anni trenta a oggi pressoché tutti i più celebri direttori d'orchestra si sono cimentati con la registrazione de Le Sacre du printemps; le incisioni disponibili in commercio sono oltre un centinaio, ne vengono prodotte continuamente di nuove e vengono rieditate vecchie e storiche registrazioni.[132]
La Danza sacrificale del Sacre, diretta da Stravinskij, è stato uno dei brani musicali inseriti nel Voyager Golden Record nella sonda spaziale lanciata dalla NASA nel 1977 contenente immagini e suoni della Terra.[133]
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