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Ruach haQodesh (in ebraico רוח הקודש?, traslitt. anche Rūăḥ ha-Kōdēš) è un'espressione della religione ebraica che si traduce perlopiù letteralmente con "Spirito Santo", ma è anche traducibile come "ispirazione divina".[2][3] La teologia dello Spirito Santo pur utilizzando talora gli stessi testi biblici ha avuto esiti sostanzialmente diversi nell'ebraismo rabbinico e nel cristianesimo.
«לֹא בְחַיִל, וְלֹא
,בְכֹחַ--כִּי אִם-בְּרוּחִי
.אָמַר יְהוָה צְבָאוֹת»
«Né con la forza, né con la potenza,
ma con il mio spirito [ruach],
dice il Signore degli eserciti.»
Il termine viene usato nella Bibbia ebraica (Tanakh) e nella letteratura rabbinica[3] per riferirsi allo Spirito di Yahweh (in ebraico רוח יהוה?),[2] spirito di ispirazione, o in generale alla rivelazione interiore della presenza divina tra il popolo ebraico, presenza nota anche come Shekhinah.[4] Lo "Spirito Santo" generalmente conferisce profezia e sapienza, che poi possono trasmettere ad altri.[5][6][7] Il termine, inoltre, può riferirsi alla potenza, qualità e influenza divine, sull'universo o sulle creature, in dati contesti.[2]
Sebbene il termine appaia frequentemente negli scritti postbiblici, nella Scrittura i riferimenti sono scarsi e l'espressione viene solo riportata nella forma possessiva in ebraico רוּחַ קָדְשְׁךָ?, ruach kadsh'cha, "Tuo santo spirito" (Salmi 51:11-13[8]) senza l'articolo determinativo, e come רוּחַ קָדְשׁוֹ, ruach kadsho, "Suo spirito santo" (Isaia 63:10,11[9]). La locuzione si trova citata nel Talmud ed anche nello Zohar: « Come si intende: lo Spirito ritorna? Questa è la Shekhinah, che è lo Spirito Santo ». Scritti successivi identificano altri esempi testuali della parola רוּחַ ruach "spirito" ad indicare Ruach haQodesh.[5][10]
Nella versione greca dei LXX il termine Ruach haQodesh è tradotto con "πνεῦμα ἅγιον" ("Spirito Santo") e tale espressione è fortemente presente anche nel Nuovo Testamento, ma su questo si veda
Il termine ruach hakodesh si trova una volta in Salmo 51:11 (Salmo 50 nella numerazione della Vulgata, seguita da molte bibbie cattoliche) e due volte anche nel Libro di Isaia (Isaia 63:10,11[11]). Queste sono le sole tre volte che la frase precisa "ruach hakodesh" viene usata nelle Scritture ebraiche, sebbene la parola ruach (רוח, letteralmente "respiro/soffio" o "vento") in varie combinazioni sia usato spesso, e anche l'aggettivo kodesh ("santo") sia usato frequentemente. Il sostantivo ruach può significare sia vento, sia una qualche forza motrice invisibile ("spirito").
I seguenti sono esempi della parola ruach (con riferimento allo "spirito" di Dio) nelle Scritture ebraiche:
Il primo uso della frase ruach hakodesh (o "spirito santo") nella Bibbia ebraica appare nel Salmo 51[17] e contiene un triplo parallelismo:
Le altre due volte in cui si riscontra ruach hakodesh sono in Isaia 63[19], come segue:
"Spirito Santo" può indicare la capacità generale di percepire rivelazioni divine condivise da tutti i profeti. Ad esempio, il rabbino Mosè Luzzatto scrive a proposito del ritorno generale della profezia messianica usando questo termine.[22] Nell'opera Kuzari, Rabbi Yehuda Ha-Levi conferma che "santo spirito" indica la profezia a vari livelli e aggiunge ulteriormente che i giusti capi del popolo ebraico, come i re ed i sommi sacerdoti sono infusi di Spirito Santo per guidarli.[10]
Spirito Santo può inoltre essere usato più tecnicamente ad indicare un livello specifico di ispirazione. Tra i vari livelli di profezia, lo Spirito santo è uno dei livelli inferiori e, in senso stretto, non viene considerato vera e propria profezia.[23] La differenza sta nell'intensità dell'esperienza e nella mancanza della conoscenza che la rivelazione sia una vera profezia.[24] Secondo Mosè Maimonide, la persona che prova tale rivelazione percepirebbe lo spirito che lo penetra e gli dà il potere e la motivazione di parlare. L'oggetto potrebbe essere scienza, salmi, messaggi morali per coloro che lo circondano, o anche un'esposizione di genere politico o teologico. Ciò accadrebbe mentre è in stato cosciente ed in pieno possesso dei propri sensi,[25] sebbene la rivelazione posso giungere anche in sogno.[24] Diversi libri della Scrittura, come il Libro dei Salmi di Davide, il Libro di Daniele ed il Libro di Ester furono apparentemente scritti sotto ispirazione di questo Spirito Santo ed i rispettivi autori sono quindi chiamati "profeti" nel senso più generico della parola.[26]
In generale, i prerequisiti per lo Spirito Santo sono simili a quelli della profezia stessa. Per esempio, lo Spirito Santo si pone solo su colui che è contento, sereno. Era quindi fatto comune nell'era del Tempio che lo Spirito Santo si posasse sugli ebrei che partecipavano alle festività di canti e danze durante Simchat Beit HaShoeivah,[27] ed i musicisti spesso accompagnavano i profeti in altre occasioni dell'anno.[28] Dopo la morte dei profeti posteriori Aggeo, Zaccaria e Malachia e le contemporanee persecuzioni del popolo ebraico, raggiungere uno stato di felicità era difficile e quindi la profezia e lo Spirito Santo cessarono di rivelarsi agli ebrei. Tuttavia, un'eco della voce celeste nota come bath ḳōl (in ebraico בּת קול?, lett. figlia di una voce, "voce di Dio") continuò, poiché è un livello inferiore di rivelazione rispetto allo Spirito Santo .[29]
Il Talmud gerosolimitano elenca una seri di altri requisiti, come la purezza, l'umiltà e il timore del peccato.[30] Viene anche citato il mangiare solo cibo kosher (Akeidat Yitzchak 60:15) ed i relativi benefici per una generale sensibilità spirituale sono riportati altrove nel Talmud e nella letteratura chassidica.[31][32][33]
Inoltre, il peccato può scacciare lo Spirito Santo. Commentando sulla supplica di perdono da parte di Re Davide in Salmi 51:11-13[34], Abraham ibn ‛Ezra scrive che Davide ebbe paura di perdere il "livello degli uomini pervasi dallo Spirito Santo".[35]
Il termine viene discusso nel Talmud babilonese (Makkot 23b e altrove) dove viene interpretato come bat kol[36]. L'uso rabbinico è discusso dagli studiosi Joseph Jacobs e Ludwig Blau nell'articolo intitolato "Holy Spirit (Spirito Santo)" della Jewish Encyclopedia (1911).[37]
Il termine Ruach HaKodesh (Spirito Santo) si trova frequentemente nella letteratura talmudica e midrashica. In alcuni casi significa ispirazione profetica, mentre in altri viene usato come un'ipostatizzazione o un metonimo di Dio.[38] L'interpretazione rabbinica di "Spirito Santo" rivela un certo grado di personificazione, ma rimane "una qualità che appartiene a Dio, uno dei suoi attributi".[39]
Nell'Ebraismo rabbinico, il riferimento allo Spirito di Dio, lo Spirito santo di YHWH, abbonda; tuttavia – a parte il misticismo cabalistico[40] – viene rifiutata qualsiasi idea e/o concetto del Dio Eterno come dualistico o trino, o ontologicamente complesso.[39] Nell'Ebraismo, si afferma in assoluto che Dio è Uno; l'idea di Dio come dualità o trinità viene considerata shituf (שִׁתּוּף, ovvero "non puramente monoteistica") e, sebbene alcune opinioni rabbiniche lo permettano ai gentili, rientra pienamente nella proibizione di idolatria per gli ebrei.[41]
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