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Esondazione dell'Adige del 1438 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La rotta della Malopera[1] è stata una disastrosa alluvione del fiume Adige che colpì il Polesine nell'autunno del 1438[2].
Rotta della Malopera disastro naturale | |
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Tipo | Alluvione |
Data | autunno del 1438 |
Luogo | Polesine |
Stato | Italia |
Coordinate | 45°06′34.24″N 11°27′50.48″E |
Causa | Piena dell'Adige |
Conseguenze | |
Morti | n.d. |
Mappa di localizzazione | |
In questa cartina del 1603 il Canale Castagnaro è segnato da Castagnaro fino alla confluenza nel Po; il Tartaro ne è considerato un affluente. | |
Viene spesso ricordata insieme alla precedente rotta del Castagnaro del 1432[3].
Oltre a colpire pesantemente le popolazioni e l'economia del territorio, il disastro provocò la devastazione delle opere di bonifica idraulica, la trasformazione delle Valli Grandi Veronesi e di altre zone del Polesine in paludi e acquitrini, il disalveamento del Tartaro e la riduzione della portata del ramo principale dell'Adige.
La Repubblica di Venezia era da tempo in guerra contro i Visconti di Milano[4] per il controllo di Bergamo, Brescia e la Val Camonica[5]. Durante l'offensiva del 1431-1433 l'esercito milanese si era già trovato nella necessità di trasportare una flotta dal Po all'Adige; per fare ciò, era stata aperta una rotta all'altezza di Castagnaro, affinché le acque dell'Adige allagassero le Valli Grandi Veronesi e rendessero possibile il collegamento[senza fonte]. Questo evento, conosciuto come la "rotta di Castagnaro" del 1432, portò alla nascita del canale Castagnaro (oggi estinto)[3][6], che sfociava nel Tartaro all'altezza di Canda[7].
Dal 1395 il Polesine era sotto l'amministrazione congiunta di Venezia e Ferrara, in quanto era stato dato in pegno dagli Estensi in cambio di un cospicuo prestito[4]. Dato che gli Estensi erano imparentati con i Gonzaga di Mantova, che si erano alleati con Milano, i Veneziani decisero, per ottenere la loro neutralità, di estinguere il debito e restituire il Polesine, che tornò così estense nel 1438[4].
Si narra che l'esercito dei Gonzaga, allo scopo di allagare le Valli Grandi Veronesi e permettere così a una loro flotta di transitare dal Po all'Adige e attaccare il dominio veneziano, provocarono la rotta dell'Adige tra Castagnaro e Badia[8]; in realtà la cosa non andò come previsto (da cui il nome "Malopera"): il canale così aperto non aveva la pendenza giusta per riversarsi nel Castagnaro[senza fonte] e le acque disalveate invasero le campagne[4].
È però possibile che gli storici successivi abbiano fatto confusione con la precedente rotta del Castagnaro[senza fonte] e che si sia trattato in realtà di una rotta provocata da una piena dell'Adige[4].
Qualunque sia stata la causa, tutto il Polesine fu allagato, le popolazioni furono duramente colpite, l'economia fu distrutta e le opere di bonifica idraulica realizzate fino a quel momento furono devastate dall'alluvione[4].
Dalla rotta si originò e venne successivamente regolato il canale della Malopera; le sue acque si riversavano nel canale Castagnaro e da qui nel Tartaro, all'altezza di Canda[3]. La portata congiunta del Castagnaro e della Malopera furono tali da disalveare il Tartaro, al punto che fu necessario ricostruirne il corso con una canalizzazione[3]; le acque portate dall'Adige erano molto più chiare di quelle del Tartaro e le popolazioni cominciarono a chiamare "canal Bianco" il corso ricostituito del Tartaro[9]. Il Tartaro-Canalbianco però non riuscì più a scolmare le Valli Grandi Veronesi con rapidità sufficiente, per cui queste si impaludarono progressivamente[3].
Il ramo dell'Adige che si staccava a Badia e passava per Lendinara, Villanova, Rovigo e Villadose perse di portata e di importanza a scapito del ramo più settentrionale, che divenne così il ramo principale; il ramo quasi abbandonato venne in seguito a chiamarsi Adigetto[4].
I canali di Castagnaro e della Malopera furono poi chiusi definitivamente solo nel 1838 dopo le osservazioni di Pietro Paleocapa, che dimostrò come le Valli Grandi Veronesi potessero essere bonificate solamente chiudendo i diversivi dell'Adige nel Tartaro-Canalbianco[3]. Gli alvei di questi canali sono stati in seguito parzialmente utilizzati rispettivamente per costruire la Fossa Maestra e lo scolo Malopera[3].
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