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antica fiaba egiziana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Rodopi (o Rodopo) è un'antica fiaba egiziana. Citata per la prima volta da Erodoto[1], poi da Strabone[2] e, infine, anche da Claudio Eliano nella sua opera Storia varia[3], la storia di Rodopi è considerata il più antico archetipo letterario di Cenerentola, in quanto il faraone Amasis, protagonista della fiaba, è un personaggio reale, vissuto durante la XXVI dinastia egizia (570-526 a.C.), molto noto agli storici antichi in quanto agevolò i commercianti greci[3]; lo stesso Erodoto citò vari aneddoti sulla cortigiana Rodopi[3].
Secondo alcune versioni della fiaba, Rodopi non è una schiava ma una cortigiana di successo[3].
Rodopi (Ῥοδῶπις, "guance di rosa"), bellissima schiava di stirpe tracia, lavora nell'abitazione del suo padrone egizio. Sebbene gentile con lei, il padrone di casa, che passa molto del proprio tempo a dormire, è completamente ignaro dei maltrattamenti che è costretta a subire dalle altre schiave; infatti, sbeffeggiano il suo status di straniera e la sua carnagione chiara, sottoponendola, di conseguenza, a continui ordini e comandi vessatori. Un giorno, dopo averla sorpresa a danzare, da sola, con grande abilità, il padrone le dona un paio di pantofole di oro rosso con l'ovvio (seppur inconsapevole) risultato di inasprire ancor più il comportamento delle altre schiave nei confronti della giovane.
Un giorno, il Faraone Amasis invita il popolo d'Egitto ad un'imponente celebrazione da lui offerta nella città di Menfi. Le altre schiave impediscono la partecipazione di Rodopi, ordinandole di completare una lunga lista di ingrati lavori domestici. Mentre Rodopi è al fiume a fare il bucato (e a lasciar asciugare al sole, le proprie pantofole), appare improvvisamente Horus che, sotto le sembianze di un falcone, si abbatte in picchiata su di lei, rubandogliene una; in seguito, vola fino a Menfi dove lascia cadere la calzatura in grembo al Faraone, il quale, interpretato l'evento come un segno da Horus, decreta che tutte le fanciulle del regno debbano provare la pantofola perché lui sposerà quella che riuscirà a calzarla.
La lunga ricerca del Faraone, rivelatasi fino ad allora inutile, lo conduce infine nella casa di Rodopi: la schiava, vista arrivare l'imbarcazione reale, cerca invano di nascondersi ma non riesce a sfuggire alla vista del Faraone che la prega di provare la calzatura. Dopo essere riuscita a calzarla perfettamente, la giovane tira fuori l'altra pantofola e il Faraone la prende con sé per sposarla.
Secondo alcuni studiosi, il faraone Amasis (VI secolo a.C.) sposò effettivamente una schiava greca di nome Rodopi, facendo di lei la regina. Secondo altri, pur non arrivando al punto di sposare il faraone, ebbe ugualmente una vita particolarmente agiata[4].
Rodopi (chiamata anche Dorica) ebbe una grande fama anche nel mondo greco. Venne citata da Erodoto come schiava tracia di Iadmone di Samo, padrone anche di Esopo. Rodopi si recò a Naucrati al seguito di Xanto di Samo, divenendo un'etera famosa per la sua bellezza; immensamente arricchitasi, fu generosa offerente al santuario di Delfi (l'attribuzione di una piramide alla giovane, venne però considerata infondata dallo storico di Alicarnasso).
Esopo fa una breve menzione di questa storia. Nel periodo della comune schiavitù nella casa padronale, i due si conobbero e Esopo avrebbe avuto modo di narrarle molte storie[5].
È famosa anche, come ci informa la stessa fonte, per essere stata riscattata da Carasso, il fratello di Saffo, mercante di vini di Lesbo, sui mercati di Naucrati e dell'Egitto. In effetti, esistono alcuni frammenti dell'opera di Saffo che riconducono a questa storia (frammenti 5, 7 e 15): in particolare, il più completo dei tre, il n. 5, contiene un'invocazione ad Afrodite e alle Nereidi perché propizino il rientro del fratello, libero dagli antichi errori.
Ateneo di Naucrati[6] ci informa di un errore di Erodoto: Rodopi e Dorica sarebbero, a suo dire, due persone distinte.
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