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Ritratti romani bronzei di Brescia

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Ritratti romani bronzei di Brescia
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I Busti Aurei romani di Brescia sono sei busti bronzei dorati ritrovati nel 1826 durante la campagna scavi del Tempio Capitolino a Brescia. I cinque ritratti maschili rappresentano quattro distinti imperatori del III secolo, a cui se ne aggiunge un quinto di donna. Oggi sono conservati presso il Museo di Santa Giulia, assieme agli altri bronzi romani rinvenuti.

Fatti in breve Busti Aurei romani di Brescia, Autore ...
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Storia

Riepilogo
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Nella notte del 26 Luglio 1826, l'archeologo Luigi Basiletti scoprì, nell’alveo di una più ampia campagna di scavi[1] cui collaboravano l’ingegnere Rodolfo Vantini, l’archeologo Giovanni Labus e il ricercatore De Salis, nell'intercapedine del muraglione che insiste tra la sala occidentale del Tempio Capitolino e il Colle Cidneo, alcuni reperti di epoca romana, tra i quali: i busti aurei, cornici bronzee, statuette, baltei e altri pezzi di composizioni più ampie e, non ultimo, la celebre Vittoria alata. Il modus e la tecnica di riponimento di questi cimeli deposti con meticolosa cura confermano l’ipotesi della volontà pubblica di sottrarli a un destino di ruberia o distruzione. Forse un assedio o comunque il timore di un evento che ne avrebbe messo a rischio la sicurezza, dovette far risolvere la cittadinanza tutta (non già solo alcuni come talora ipotizzato) ad affidare i manufatti al nascondiglio. In speranza che nel futuro questi simboli dell’impero e della sua eccellenza artistica fossero recuperati, tuttavia si dovette attendere più di quanto sperato: l’oblio durò infatti più di un millennio.

Dopo la fortunata scoperta, i busti furono donati al Civico Museo Patrio di Brescia che in quel tempo si andava a poco a poco costituendo.

Successive testimonianze al periodo di scavo è ad opera di Girolamo Monti che, nel 1826, sulla Gazzetta di Milano riferisce:

“(…) sei teste dorate di grandezza del vero, sembrano imperatorie, tre delle quali sono nicchiate in grosso cerchio pur di metallo, cinque sono virili, una muliebre, e pare della troppa famosa Faustina”.

I busti, risalenti al III secolo d.C., sono imperiali. A confermarlo: composizione, ricchezza nella manifattura e materiali utilizzati. Con altrettanta sicurezza si può escludere che i busti rappresentino figure di semplici, per quanto illustri, cittadini le cui fattezze siano ispirate all’iconografia imperiale. I busti erano certamente esposti nel foro cittadino e rappresentano la parte artistica e memorialistica più importante di precedenti statue bronzee, e non marmoree policrome, da cui sono stati tagliati. Tutti e cinque i busti sono frutto del lavoro di una bottega locale a conduzione familiare/scolare situata vicino al foro romano in Brixia.

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L'identificazione dei busti

Riepilogo
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Imperatore Lucio Settimio Severo

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Busto Aureo di Settimio Severo, frontale, conservato ai Civici Musei di arte e di storia di Brescia.

Il primo busto rappresenta l'imperatore Settimio Severo[2]. Al primo sguardo si nota come la testa, di stile impressionistico, risulti lievemente piegata verso la destra. Fronte bassa e spaziosa, naso pronunciato, capello corto e riccio (tipico dell’era post adrianea), collo rigido e due profonde rughe laterali al naso ne caratterizzano il volto. Tratto particolarmente singolare è sicuramente la presenza di una barba impropriamente detta “bifora” ben curata, a ciocche allungate. L’espressione è vacua, lo sguardo portato “lontano”, quasi riflessivo. Piglio frequente alla fine del II secolo e del III secolo, non pare tuttavia insistere in gravità, quasi volesse trasmettere seriosa, ma distesa dignità. L’atteggiamento fieramente appagato di chi ha saputo regalare un duraturo imperium. Il Manufatto ha un'altezza complessiva di 32 cm.

Le testimonianze in terra bresciana di Settimio Severo sono scarse: egli possedeva un poderetto nella terra dei veneti[3] che corrisponderebbe alla Regio X Venetia et Istria, imprecisata la locazione, forse "anche" in Brescia.

Le lapidi sul territorio che ne testimoniano la presenza sono solamente alcuni elenchi imperiali per dare riscontro alla continuità e associazione tra dinastia severa e Antonina: poste nel foro o nella basilica erano una sorta di “personal branding promotion” ante litteram. I rapporti con Brixia potrebbero dunque esser più onorifici che legati a concreta presenza: prassi promo-comunicativa o condiviso placet per la realizzazione di opere pubbliche o le importanti distribuzioni di derrate alimentari che caratterizzarono il suo regno.

Imperatore Publio Licinio Egnazio Gallieno

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Busto Aureo di Gallieno, frontale, conservato ai Civici Musei di arte e di storia di Brescia

Il secondo e terzo busto rappresentano l'Imperatore Gallieno[2]. Una preliminare osservazione riconosce le seguenti caratteristiche: fronte alta con profonde rughe parallele, naso aquilino, guance infossate e una corta barba ben curata. Labbra serrate e con lieve accenno a goccia (osservabile maggiormente nel primo). L’occhio rivolto al cielo restituisce uno sguardo austero e malinconico. Le differenze principali paiono di opus. Il primo è qualitativamente superiore per dettagli e manifattura, con una barba a ciocche che scende sul collo. L’altezza complessiva è di 39 cm, Ancora: si rilavano tratti di corrosione di color rosso e verde, alcune incrostazioni biancastre e, sulla fronte, si riconoscono rigature rettilinee nella doratura sul fondo di ossido grigio-scarlatto.

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Secondo Busto Aureo di Gallieno, frontale, conservato ai Civici Musei di arte e di storia di Brescia

Alcune bolle bronzee sono riconducibili all’aria presente nella tonaca e sgocciolature del modello in cera. Sulla testa vi sono 4 fori tassellati di chiodi distanziatori, altri sono presenti sul lato del collo. Lo spessore medio del metallo è di 4 millimetri. L’intero modello è stato costituito in blocco: nessun elemento è stato posizionato successivamente. Nella rifinitura si seguì con ogni probabilità una preesistente modellatura per capigliatura e barba, ma non fu fatto altrettanto per il lato anteriore dei capelli. Le sopracciglia paiono l’unico modello creato ex novo a scalpello sia pure in modo grossolano. Entrambi i busti provengono dalla stessa forma negativa.[4]

Le testimonianze in terra bresciana di Gallieno risalgono al 268, quando l'imperatore per sedare la ribellione di Aureolo a Mediolanum percorse la Via Gallica da Aquileia e si acquartierò in Verona, dove pose il suo quartier generale. Probabilmente Brixia servì in questo momento all'Imperatore come Hub militare strategico fondamentale. Gallieno poi attraverserà effettivamente la città per recarsi in quel di Milano dove troverà la morte per mano dei suoi stessi collaboratori.

Imperatore Lucio Domizio Aureliano

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Busto Aureo di Aureliano, frontale, unicum al mondo, conservato presso i Civici Musei di arte e di storia di Brescia

Il quarto busto rappresenta l'imperatore Aureliano[2]. Esso mostra un uomo di età matura, barba corta non molto curata, occhi allungati e incavati, sguardo profondo sotto sopracciglia appena aggrottate, naso retto, fronte alta e lievemente rugosa, labbra sottili, guance incavate che accentuano zigomi prominenti, mento arrotondato, capelli corti e curati su di una stempiatura a “M” tipica dei ritratti della seconda metà del III secolo. Altezza complessiva 37cm, presenta un leggero infossamento sulla desta dovuto a un colpo, sul lato destro del collo si è staccato un frammento, presenti incrostazioni biancastre e di carbone, i capelli sono fatti con la tecnica “a penna”, come la barba di uno dei precedenti busti di Gallieno.

È da ricordare anche un ultimo dettaglio fondamentale, che riguarda i personaggi, questo busto e il successivo si somigliano, senza rappresentare la stessa persona, probabilmente perché, forse, realizzati sotto i regni di Claudio il Gotico, Aureliano e Probo[2]: uomini legati da profonda amicizia, compagni d’armi, accomunati da consimili valori. Lealtà e fiducia reciproca hanno sviluppato in questi tre imperatori un sincero senso di rispetto reciproco, che potrebbe essersi tradotto anche in un comune ideale di come dovesse apparire la guida dell’Impero. Un terzo busto potrebbe essergli un tempo stato accostato proprio in ragione del risaputo legame e della continuità politica che li legò. Se non già perduto o rimosso in precedenza, detto simulacro potrebbe esser andato disperso nel caos che precedé l’inumazione dall’atto violento che portò a nascondere i bronzi, e non probabilmente perché, nonostante la grande fama di questo imperatore, in una scelta dettata dalla velocità gli altri risultavano più eccellenti di egli e quindi più privilegiati nell’essere salvati. Il terzo busto avrebbe potuto rappresentare Claudio il Gotico, uno degli antenati, secondo la storiografia romana, di Costanzo Cloro, a sua volta padre di un altro nome eccellente: Costantino Magno.

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Epigrafe di aureliano murata in piazza della loggia, sulla facciata esterna del Monte di pietà, voluta per volontà della popolazione di Brescia

Come già ampiamente ipotizzato, infatti, gli eventi che portarono a nascondere i materiali in oggetto, riparandoli dalla furia della razzia, dovettero dipendere da penetrazioni barbariche: nessun italico avrebbe mancato di rispetto all’antenato del grande Costantino, campione del Cristianesimo, la cui memoria sopravvisse vivida per svariati secoli, ne tantomeno ad Aureliano che fermò le persecuzioni contro il Cristianesimo.

Le testimonianze di Aureliano sul territorio dell'antica Brixia sono innumerevoli, dai tempi della Battaglia del Lago di Garda l'imperatore conobbe queste terre essendo comandante della cavalleria illirica sotto Claudio il Gotico. Vi ritornò sicuramente quando ripiegò dalla Pannonia verso il nord Italia per sconfiggere una seconda invasione di una confederazione di Alamanni e Iutungi, passando per la Via Gallica.

Due le epigrafi del territorio in ricordo di Aureliano[5], una di queste volute da tutta la popolazione bresciana (Ordo Brixianorum) per omaggiare un imperatore che seppe difendere il loro territorio dalle razzie barbare. Molti i titoli qui visibili, “Magno Augusto, Principi Maximo, Imperator Fortissimo, Germanicus, Gothicus, Palmyrenicus Maximus” e “Conservatori Orbis” sinonimo del più celebre "Restitutor Orbis". l’epigrafe potrebbe essere nient’altro che la parte inferiore di un basamento ove al di sopra vi era la statua imperatoria.

Imperatore Marco Aurelio Probo

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Busto Aureo di Probo, frontale, conservato presso i Civici Musei di arte e di storia di Brescia

Il quinto e ultimo busto è stato identificato con l'imperatore Marco Aurelio Probo[2]. Esso mostra un uomo di età prossima alla maturità, con occhi inarcati, naso retto e piccolo, barba ben curata, capello corto, zigomi pronunciati, labbra serrate, mento prominente.

L’altezza complessiva è di 39cm. Lo stile rispetta le solide simmetrie già ampiamente descritte in precedenza. Rispetto agli altri testimoni è però ancor più squadrato, con rigature più lunghe e accentuate. Il passaggio testa fronte è più rettilineo, naso retto con ispessimento alla fine e un mento simile al MR352 che appare però più sporgente per via della barba. La caruncola lacrimale è profondamente segnata, le sopracciglia asimmetriche e folte, le orecchie grandi e sporgenti. La calotta cranica, infine, importante e quasi in forma sferica, fa da contraltare alle poche ma significative rughe d’espressione che, distribuite simmetricamente, concorrono alla resa quasi materica del volto. L’espressione appare molto diversa dal busto precedente: lo sguardo è rivolto verso l’alto, quasi a suggerire angosciata riflessione. Siamo ben lontani dal piglio austero e deciso del busto di Aureliano.

Maestro militare di Diocleziano e Costanzo, due dei quattro fautori della tetrarchia, imperatore retto e devoto, profondo estimatore del Mos Maiorum, la figura di Probo era tanto amata che ogni onore gli fu tributato in morte, infatti secondo l'Historia Augusta[6]: "i suoi stessi soldati gli realizzarono una tomba. Su marmo incisero l’epitaffio: “Qui giace l’imperatore Probo, veramente probo, che tutti sconfisse, barbari e usurpatori”.

Quanto detto spiega la diffusa stima per l’imperatore defunto, ritenuto eccellente tra gli eccellenti che, al quasi pari di Aureliano o Settimio Severo meritò, forse proprio a seguito divinizzazione, di figurare nel foro bresciano: esempio di buon governo e imperitura fedeltà a un ormai vacillante impero. Non ultimo, è noto come alcuni congiunti e discendenti di Probo abitassero allora Verona, il lago Benaco (di Garda) e quello di Lario (di Como). Nulla da stupire che avessero promosso sul territorio la sua venerazione.

Tuttavia è più probabile che il bronzo preso in considerazione, così come per Settimio Severo, fu realizzato a scopo memorialistico e celebrativo di un così grande imperatore, poiché mancanti sono indicazioni del passaggio di questo imperatore per Brixia.


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