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ingegnere, economista e docente italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Riccardo Gallo (Roma, 23 settembre 1943) è un economista italiano. Professore alla Sapienza, ha svolto compiti di risanamento del sistema produttivo italiano in ambiti governativi, finanziari, aziendali, riversando e incrociando le competenze acquisite. È stato definito il bastian contrario sia del management pubblico che del privatismo arrogante, estremista di centro[1]. Firma per il Corriere della Sera.
Ha studiato a Roma, liceo classico e la laurea in Ingegneria Chimica.
Presiede l'Osservatorio sulle Imprese nella Facoltà di Ingegneria civile e industriale della Sapienza, dove fino al 2013 è stato professore ordinario di Economia Applicata. Le ultime Lezioni tenute furono videoregistrate. L’Osservatorio pubblica documenti di lavoro in accesso libero su temi di attualità politica, spesso correlando i vari campi dell’Ingegneria con quelli dell’Economia e comparandone le dinamiche. Il primo di questi documenti è stato nel 2020 il volumeIndustria, Italia. Ce la faremo se saremo intraprendenti. I successivi hanno trattato i temi delle infrastrutture di base, dell’ambiente e transizione energetica, dell’incompiutezza dell’Europa.
Cominciò a insegnare nel 1972 come professore incaricato di Organizzazione delle Aziende all’Università degli Studi dell’Aquila. A trent’anni intraprese numerose attività di ricerca e studio interdisciplinari.
Tra il 1973 e il 1975 promosse una ricerca interdisciplinare, triangolò l'economia industriale con l'econometria della scuola di Federico Caffè e la teoria dei sistemi di Antonio Ruberti; analizzò con Romano Prodi gli effetti di un'innovazione tecnologica sulla struttura industriale. Nel 1976 fu anche chiamato da Guido Carli, allora presidente dell'Ente per gli studi monetari, bancari e finanziari «Luigi Einaudi»[2], a partecipare a una ricerca sui problemi dell'impresa. In quegli stessi anni, inoltre, sviluppò in modo moderno la cultura del cost engineering; avviò una collaborazione con il Ceep, Centrostudi di politica economica di Giorgio La Malfa. Dieci anni dopo, coordinò un gruppo di studio sull'industria pubblica e curò il volume Risanamento e riordino delle partecipazioni statali.
Sul tema della privatizzazione delle imprese europee nel 1988 fu lecturer al Dipartimento di Business Economics & Public Policy nell'Indiana University, Bloomington (Indiana, Usa).
Dopo aver collaborato con i maggiori quotidiani e settimanali italiani, più assiduamente con il Sole 24 Ore dal 1981 al 2004, poi con L'Espresso, Il Foglio, il Corriere della Sera, oggi firma per MilanoFinanza. Ha invocato più volte un rilancio degli investimenti industriali, anche proponendo l’introduzione di un superammortamento[3].
A partire dal 2010 ha esteso i suoi interessi alla ricerca storica, tra l’altro con un’indagine sulle origini della propria famiglia, risalendo al Medioevo e accertandone la presenza fin dal XII secolo sui Monti Lattari e a Praiano. Ha pubblicato un racconto e due saggi, il principale dei quali è Storia millenaria di una famiglia della costa amalfitana, edito dalla Società Napoletana di Storia Patria e dal Centro di Cultura e Storia Amalfitana, presentato e commentato nella puntata n.50 della rubrica di Rai Storia "Scritto, Letto, Detto".
Formatosi dal 1970 alla scuola dell'Istituto Mobiliare Italiano, ha svolto compiti di gestione e di riforma in cinque campi della Pubblica Amministrazione. Nel 1982 fu dirigente generale per la segreteria del Cipe e dei comitati da esso derivati, Cipi, Cipes, Cipaa al ministero del Bilancio e della Programmazione Economica guidato da Giorgio La Malfa. Nel 1987 per il Gabinetto del ministro dell'Industria Adolfo Battaglia gestì l'Ufficio Vertenze industriali.
Per le Poste e Telecomunicazioni fu componente di una Commissione per la riforma di quel ministero.
Per le Attività Produttive del ministro Antonio Marzano dal 2001 al 2003 guidò le consultazioni per la crisi del gruppo Fiat e analizzò i fattori ricorrenti delle crisi industriali.
Per l’Economia e Finanze dal 2002 al 2007 fu membro del Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni.
Ha svolto incarichi di intervento straordinario nell’industria privata in crisi. Nel 1980, in qualità di membro del Comitato per l'intervento nella Società Italiana Resine, istituito con legge speciale a seguito del crack del gruppo petrolchimico, contribuì al risanamento di una parte delle attività industriali del gruppo, alla cessione di quelle appetibili sul mercato, alla liquidazione di quelle non risanabili né cedibili, al conferimento al Tesoro di un controvalore 5.000 miliardi di lire[4].
A partire dal 1988 fu commissario liquidatore del gruppo Autovox che, dopo essere stato produttore primario di autoradio, era finito in bancarotta. Dal 1994 al 1999 fu amministratore straordinario di Fidia Farmaceutici, che era stata dichiarata fallita dal tribunale di Padova, e in questo ambito fu anche chairman di Fidia Pharmaceutical Corp (Usa) e consigliere di amministrazione della partecipata Bioiberica (Spagna). Fu artefice del risanamento gestionale ed economico di questo gruppo farmaceutico italiano, finché riportò la capogruppo in bonis, primo caso in Italia. Ha svolto incarichi in posizioni apicali in società a prevalente partecipazione dello Stato e in multinazionali.
Dal 1985 come consigliere di amministrazione dell'Efim. Si dimise nel 1990 dopo non aver votato il bilancio degli ultimi tre esercizi, e dopo aver segnalato (inascoltato) irregolarità sia al Ministero del Bilancio che alla Corte dei Conti[5][6]. Nel 1992, l'Efim fu commissariato. Ne seguì una crisi della lira sui mercati valutari perché i debiti dell'Efim erano stati garantiti dal Tesoro.
Nel 1991 fu nominato vicepresidente dell'IRI, Istituto per la Ricostruzione Industriale. Erano gli anni in cui, cessati i conferimenti di finanza pubblica al fondo di dotazione, si poneva la questione del futuro dell'industria di Stato. Nel 1992 guidò una delegazione delle partecipazioni statali a un convegno sul panfilo Britannia. Di ciò si parlò molto in termini impropri (Privatizzazioni in Italia). Decadde dalla carica quando, nel 1992, l'IRI fu trasformato da ente di gestione in società per azioni. Alla fine di quell'anno pubblicò un instant book IRI SPA, in cui raccontò i risvolti più significativi di quell'esperienza.
Dal 1997 al 2005 fu membro indipendente, esperto finanziario, del consiglio di Sorveglianza e del comitato d'Audit della STMicroelectronics NV (Netherlands), quotata al NYSE, al CAC e alla Borsa di Milano. Visse l'esperienza dell'applicazione del Sarbanes-Oxley Act del 2002.
Nel 2003 divenne presidente dell'IPI, Istituto per la Promozione Industriale, associazione controllata dal ministero delle Attività Produttive e partecipata con quote di minoranza da: Confindustria, Confapi, Confartigianato, CNA, Confcommercio, Confesercenti, Abi, Unioncamere. Nel 2005 su sua iniziativa l'IPI promosse una ricerca sull'industria italiana e raccolse i risultati nel volume collettaneo Le condizioni per crescere.
Trentenne aderì al PRI, Partito Repubblicano Italiano. Nella politica industriale fu consigliere della segreteria di Giovanni Spadolini e della presidenza di Bruno Visentini. Nel 2013, dopo essersi dimesso dal PRI, si candidò alle elezioni politiche per la Camera, vicecapolista in Lazio1 per il partito Fare per Fermare il Declino, che però non superò la soglia di sbarramento.
Nel 1990 fu insignito dell'onorificenza di Grande Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana, in riconoscimento dell'attività svolta[7].
Per la ricerca sulla storia millenaria della famiglia gli fu assegnato il premio 2014 "Radici. Territorio & Letteratura" dell'Associazione Italiana del Libro[8].
Nel 2015 il Comune di Praiano gli conferì la cittadinanza onoraria per aver valorizzato con opere culturali la realtà locale[9].
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