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tipo di responsabilità Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La responsabilità oggettiva, in diritto, è un tipo di responsabilità giuridica nella quale il soggetto è chiamato a rispondere di un illecito, civile o penale, senza che il fatto sia stato commesso con dolo o con colpa.
Tale situazione costituisce una deroga al principio generale della responsabilità - che trova origine nel "neminem laedere" della "lex Aquilia de damno" e successiva conferma nella corrente filosofica del giusnaturalismo - secondo cui è necessaria l'esistenza di un preciso nesso psichico tra il fatto illecito e il comportamento dell'individuo, affinché a questi possano essergliene attribuite le conseguenze giuridiche.
In coerenza con lo sviluppo dei rapporti giuridici ed economici che ha caratterizzato, in particolare, l'ultimo secolo si è sentita la necessità d'invocare una responsabilità da accadimento distinta da quella (classica) da comportamento e si è andato così a formare nella coscienza sociale un nuovo concetto di responsabilità fondato su un generale e generico principio di equità (peraltro nemmeno del tutto sconosciuto allo stesso diritto romano che lo esprimeva col brocardo "ubi commoda, ibi incommoda"). Secondo il quale è giusto che chi trae vantaggi dalla sua particolare posizione risponda anche degli eventuali svantaggi. Anche per tale ragione, nel delinearla, si parla di responsabilità "da rischio lecito" ("periculum") contrapponendola a quella, ordinaria, "da fatto illecito".
Un'importante e distintiva caratteristica della responsabilità oggettiva si ha in tema di onere della prova: la responsabilità extracontrattuale (normale) viene meno se l'autore del fatto illecito fornisce la prova dell'assenza di sua colpa, quella oggettiva solo se si prova che il danno è dovuto a un evento fortuito imprevedibile e inevitabile.
Già nel diritto romano, al principio cardine della responsabilità da fatto illecito formulato dalla lex Aquilia de damno facevano eccezione alcuni casi di responsabilità per fatto altrui precursori, secondo alcuni, del concetto di responsabilità oggettiva in senso stretto. Secondo altra opinione invece fondati sulla responsabilità da custodia o sulla culpa in vigilando.
Trattasi delle responsabilità riconosciute al pater familias per fatti illeciti commessi da membri della famiglia, soprattutto se incapaci; agli armatori (nautae), agli albergatori (caupones) e ai gestori di stazioni di ricambio (stabularii) per danni arrecati dall'opera dei propri sottoposti. Fattispecie tutte presenti, pur se adattate all'evoluzione dei tempi, nei più importanti ordinamenti civilistici moderni.
A partire dalla fine dell'Ottocento, in piena rivoluzione industriale, la scuola di pensiero del cosiddetto socialismo giuridico ha ampliato il campo di applicazione della responsabilità oggettiva riconnettendolo al rischio d'impresa in modo da sottrarre ai datori di lavoro una possibile forma d'immunità per i danni provocati ai dipendenti che l'evoluzione tecnologica, organizzativa e culturale rendeva sempre più anacronistica e iniqua.
Il principio della colpa divenne improvvisamente troppo angusto e rigido per poter comprendere tutte le singole fattispecie della prassi sociale, ormai consolidata. La profonda trasformazione che stavano vivendo i paesi industrializzati richiedeva una decisa evoluzione della responsabilità civile, per poter dare una previsione normativa a problematiche sociali mai affrontate prima.
A un rilevante, frequente e severo utilizzo della responsabilità oggettiva si è infine giunti nel diritto sportivo con l'adozione, da parte degli organismi sportivi nazionali e internazionali, di norme che stabiliscono sanzioni sportive ed economiche anche gravi in conseguenza di comportamenti illeciti di soggetti terzi (i sostenitori o tifosi) del tutto privi di vincoli di sottoposizione col sanzionato e rispetto ai quali quest'ultimo non è in grado di esercitare alcun potere di vigilanza o controllo.
S'intende in generale la responsabilità senza colpevolezza, cioè senza dolo né colpa, la cui argomentazione prescinde sia dall'accertamento della volontà colpevole del soggetto sia dalla dimostrazione della violazione da parte sua delle cautele doverose nello svolgimento di un'attività. Nella responsabilità penale, alla luce dell'articolo 42, terzo comma del codice penale, i casi in cui l'evento è posto "altrimenti" a carico dell'agente (cioè senza dolo né colpa) devono essere espressamente determinati dalla legge. [1] Tuttavia, per espresso orientamento della Corte Costituzionale la responsabilità oggettiva non è ammessa in ambito penalistico con l'entrata in vigore della costituzione repubblicana, in quanto si ritiene la colpa requisito soggettivo minimo della responsabilità penale. La funzione rieducatrice della pena prevista dall'articolo 27 comma 3 non consente infatti di punire un soggetto se l'evento dannoso non è a lui imputabile nemmeno a titolo di colpa. Si tratta infatti di una responsabilità solo tendenzialmente oggettiva, poiché la punibilità è esclusa per chi ha commesso il fatto in presenza di fattori causali anomali e imprevedibili (art. 41, commi 2 e 3), per caso fortuito o forza maggiore (art. 45), o ha ignorato incolpevolmente le circostanze che aggravano la pena (art. 59, comma 2). In mancanza di un margine di rischio consentito, e dunque di regole cautelari, la responsabilità è esclusa solo per caso fortuito, forza maggiore e ignoranza inevitabile.
La colpa, anche presunta, e il dolo, non sono più i fondamenti unici del fatto illecito; esistono infatti numerose fattispecie in cui non risponde il soggetto che ha tenuto un comportamento doloso o colposo, ma colui che si è accollato il rischio dell'attività che ha deciso di intraprendere. In buona sostanza, chi dirige un'impresa deve sopportare i rischi derivanti da quell'attività (il cosiddetto rischio per l'impresa), anche se non derivano causalmente da lui.
È il criterio del rischio che fonda la responsabilità e che, di conseguenza, comporta il risarcimento. Ma che cosa si deve intendere con il concetto di rischio? Una corrente dottrinaria ritiene che il concetto di rischio è d'ascrivere alla sfera economica e non giuridica, per questo è impossibile utilizzarlo come criterio d'imputazione di responsabilità. Altri invece sostengono che si possa parlare di rischio solo quando vi è un'attività d'impresa.
Al di là delle interpretazioni della dottrina, il codice civile italiano si è preoccupato di dare una previsione normativa alle fattispecie più frequenti. Riportiamo di seguito, gli articoli del codice più rilevanti in materia di responsabilità oggettiva:
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