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politico e militare romano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Quinto Marcio Barea Sorano (in latino Quintus Marcius Barea Soranus; ... – 66) è stato un politico e militare romano.
Quinto Marcio Barea Sorano | |
---|---|
Console dell'Impero romano | |
Nome originale | Quintus Marcius Barea Soranus |
Morte | 66 |
Coniuge | Servilia Considia |
Figli | Servilia |
Gens | Marcia |
Padre | Quinto Marcio Barea |
Consolato | 52 (console suffetto) |
Proconsolato | in Asia (probabilmente intorno al 60) |
Sorano era figlio dell'omonimo Quinto Marcio Barea Sorano, console suffetto nel 34 e due volte governatore d'Africa; suo fratello era Quinto Marcio Barea Sura, amico del futuro imperatore Vespasiano. Era quindi lo zio di Marcia, madre del futuro imperatore Traiano, e di Marcia Furnilla, seconda moglie del futuro imperatore Tito.[1] Si sposò con Servilia Considia, figlia di Marco Servilio, console nel 3, e da lei ebbe una figlia, Servilia.[2] Secondo alcuni anche Marcia Furnilla, che abbiamo detto essere la figlia del fratello, potrebbe essere in realtà figlia di Sorano.[3]
Sorano diventò console suffetto nel 52, sotto il principato di Claudio.[4] Venne in seguito mandato in Asia come proconsole.[5] Durante questo incarico si distinse per giustizia e fedeltà verso le popolazioni locali, cosa che scatenò le ire dell'imperatore Nerone: questi, infatti, aveva ordinato al suo liberto Acrato di portare via alcune opere d'arte della città di Pergamo per cui la popolazione si rivoltò; Sorano, però, non punì i cittadini come gli era stato chiesto da Nerone.[5]
Sorano venne accusato da Ostorio Sabino, un cavaliere,[5] per essere stato un amico di Rubellio Plauto e di aver governato la provincia d'Asia in maniera da accrescere il suo potere personale e suscitare rivolte contro l'imperatore Nerone.[6] Un'ulteriore accusa venne rivolta anche alla figlia di Sorano, Servilia: era sospettata di aver pagato dei Magi e per questo venne processata insieme al padre.[6] Servilia confessò di aver consultato dei magi, ma solo per pregare in onore del padre e dell'imperatore.[7] Allora Sorano chiese che la figlia venisse risparmiata perché non era colpevole né di aver rapporti con Plauto né di essere al corrente dei misfatti del marito, Gaio Annio Pollione.[8] Tra i testimoni del processo ci fu Publio Egnazio Celere, un filosofo stoico, amico dello stesso Sorano, che però tradì per denaro.[9] Un altro testimone fu Cassio Asclepiodoto, un ricco bitino e anche lui vecchio amico di Sorano, che, per non aver tradito l'accusato, venne privato di tutte le sue ricchezze e mandato in esilio.[10] Servilia e Sorano furono condannati e poterono scegliersi il tipo di morte, mentre a Ostorio venne dati un milione e duecentomila sesterzi più le insegne di questore.[10]
Il processo di Servilia ha ispirato il dramma di Lev Mej, Servilia, a sua volta soggetto dell'omonima opera in cinque atti di Rimskij-Korsakov Servilia.
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