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Il protocollo dei Boxer fu un trattato ineguale firmato il 7 settembre 1901 dall'impero Qing e dall'Alleanza delle otto nazioni (Terza Repubblica, Impero tedesco, Impero giapponese, Impero austro-ungarico, Regno d'Italia, Regno Unito, Impero russo e Stati Uniti d'America) più Belgio, Paesi Bassi e Regno di Spagna in seguito alla sconfitta cinese nella rivolta dei Boxer di fronte al corpo di spedizione delle otto potenze stesse.
Nei paesi occidentali, il protocollo era anche noto come "trattato del 1901" o "accordo di pace fra le Grandi Potenze e la Cina".
Il titolo esteso del protocollo è invece "Austria-Ungheria, Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Russia, Spagna, Stati Uniti e Cina — Protocollo finale di risoluzione dei disordini del 1900". Tale nome riflette la natura di protocollo diplomatico, piuttosto che di trattato di pace, che si intese dare al documento all'epoca della firma.
In Cina, infine, il protocollo era noto come "trattato di Xinchou". In seguito venne ritenuto uno dei cosiddetti "trattati ineguali".
Il Protocollo dei Boxer fu firmato il 7 settembre 1901 nei locali della legazione spagnola a Pechino.
Il principe Yikuang e Li Hongzhang firmarono il protocollo per conto dell'impero Qing. Per le potenze alleate firmarono: Bernardo de Cólogan y Cólogan per la Spagna; Ernest Satow per il Regno Unito; Michael Nikolajewitsch de Giers per la Russia; Komura Jutaro per il Giappone; Paul Beau per la Francia; William Woodville Rockville per gli Stati Uniti; Alfons Mumm von Schwarzenstein per la Germania; Moritz Czikann von Wahlborn per l'Austria-Ungheria; Giuseppe Salvago Raggi per l'Italia; Maurice Joostens per il Belgio; Fridolino Marinus Knobel per i Paesi Bassi.
450 milioni di tael d'argento sarebbero stati pagati a titolo di indennità nel corso di 39 anni alle otto nazioni coinvolte.[1] Con il tasso di cambio dell'epoca, 450 milioni di tael equivalevano a 335 milioni di dollari d'oro e a 67 milioni di sterline.[1]
La somma sarebbe stata così distribuita: il 28,97% alla Russia, il 20,02% alla Germania, il 15,75% alla Francia, l'11,25% al Regno Unito, il 7,73% al Giappone, il 7,32% agli Stati Uniti, il 5,91% all'Italia, l'1,88% al Belgio, lo 0,89% all'Impero austroungarico, lo 0,17% ai Paesi Bassi, lo 0,03% alla Spagna, lo 0,02% al Portogallo, lo 0,01% a Svezia-Norvegia.[2] Il tasso di interesse del 4% annuo sarebbe stato pagato semestralmente, a partire dal 1º luglio 1902.
I cinesi pagarono l'indennità in oro all'interesse del 4% finché il debito fu ammortato il 31 dicembre 1940. Dopo 39 anni, l'importo rasentava il miliardo di tael (precisamente 982.238.150).[1] Inoltre, altri 16.886.708 tael furono pagati a livello locale, in 17 province. Verso il 1938, 652,37 milioni di tael erano stati versati.
Il governo Qing avrebbe anche permesso alle nazioni straniere di insediare proprie truppe a Pechino. Inoltre, le potenze avevano incluso l'imperatrice Cixi nella loro lista di criminali di guerra, sebbene funzionari provinciali come Li Hongzhang e Yuan Shikai la difendessero sostenendo che non aveva il benché minimo controllo sull'insurrezione. L'imperatrice venne in seguito depennata, ma avrebbe abbandonato il potere e rinunciato a qualsiasi ingerenza negli affari di stato.
L'evento accrebbe ulteriormente il già forte decentramento di potere in Cina, dal governo alle province. Ciò perché sia Li Hongzhang sia Yuan Shikai avevano temporeggiato e quindi disobbedito all'ordine del governo Qing di unirsi ai Boxer nella rivolta. Questi due funzionari provinciali ebbero in mano eserciti molto potenti, segnatamente il Beiyang e il Nuovo esercito; essi furono unificati sotto Yuan dopo la morte di Li. Infine, la sconfitta della rivolta e la durezza del protocollo diedero avvio alle riforme del tardo impero Qing, che in sostanza proseguirono la Riforma dei cento giorni e condussero nel 1911 alla Rivoluzione Xinhai.
La pesante indennità di 450 milioni di tael d'argento fu un grave fardello per la gente comune, che pagò il conto di una tassazione inasprita. Si è stimato che le entrate dell'intero governo Qing, all'epoca, ammontassero all'incirca a soli 250 milioni di tael:[1] poco più della metà della somma da pagare.
Il Protocollo dei Boxer recò un nuovo colpo alla non buona reputazione del governo Qing, la cui corruzione e inefficienza rendeva già abbastanza insoddisfatti i cinesi. I fatti avevano dimostrato la fondatezza di tale malcontento, e la gente si convinse della totale inidoneità di tale governo a reggere le sorti del paese.
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