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L'esercizio della prostituzione in Iran è illegale e comporta varie pene che vanno da multe a condanne detentive per i recidivi.
Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America ha collocato nel 2007 il paese a livello 2 nel suo annuale rapporto riguardante il traffico di esseri umani, affermando che: "non è pienamente conforme con gli standard minimi per l'eliminazione del traffico, ma sta compiendo notevoli sforzi per farlo"[1]. Nel 2010 l'Iran è stato declassato a livello 3 sottolineando il fatto che il paese non faccia nessuno sforzo significativo per risolvere i problemi di traffico, soprattutto in relazione alla prostituzione e al lavoro forzato[2].
L'esatto numero di prostitute che lavorano in Iran è sconosciuta, tuttavia esse sono visibili negli angoli delle strade di alcune grandi città; molte di loro sono scappate dalla miseria e/o dalla guerra e sono azere, indiane, afghane e pakistane rimaste vittime del traffico di rifugiati che le ha introdotte nel racket della prostituzione[3][4].
Nel 2002 il quotidiano nazionale Entekhab ha stimato che vi potessero essere 85.000 prostitute nella sola Teheran[5]; successive retate compiute dalla polizia hanno portato ala luce anche giri di prostituzione minorile[6]. Lo psichiatra Mahdis Kamkar crede che l'aumento del fenomeno sia un sintomo di problemi sociali più ampi, tra cui situazioni familiari difficili, divorzi, crisi d'identità e contraddizioni sociali[7].
Prima della rivoluzione islamica, le prostitute erano confinate in quartieri distinti, come quello di Shahr-e-no nella capitale: il nuovo governo d'impostazione religiosa teocratica si è premunito di demolire il quartiere e cominciare a punire la prostituzione tramite flagellazione[8]. Da allora in poi i bordelli sono illegali.
Nel 2008 il generale Reza Zarei, capo della polizia di Teheran, è stato arrestato all'interno d'una casa di tolleranza in compagnia di sei prostitute[9]; l'arresto ha creato notevole imbarazzo per il governo dell'allora presidente Mahmud Ahmadinejad in quanto Zarei era incaricato proprio di "estirpare il vizio" dalla città[9]. La procura incaricata del caso ha osservato che il militare avrebbe sfruttato il suo ufficio per trarre materialmente profitto dalla prostituzione[9].
Mentre qualsiasi forma di prostituzione rimane illegale in tutto il paese, esiste l'istituzione definita del "matrimonio temporaneo" (Shiah, ma chiamata solitamente Sigheh in Iran) consente rapporti contrattuali a breve termine tra i due sessi: viene consegnata una dote alla moglie temporanea e l'unione scade automaticamente senza alcun bisogno di ricorrere al divorzio. Secondo un piccolo numero di studiosi, quest'istituto è attuato in modo abusivo come copertura legale della prostituzione[10][11].
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