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Processo di Lay-Up
Processo di formatura per materiali compositi, in cui il prodotto finale è ottenuto sovrapponendo differenti strati. Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il processo di Lay-Up è un processo di formatura per i materiali compositi, in cui il prodotto finale è ottenuto sovrapponendo un numero specifico di strati differenti, solitamente costituiti da fibre polimeriche o ceramiche continue e da una matrice liquida polimerica termoindurente.[senza fonte] Può essere suddiviso in Dry Lay-up e Wet Lay-Up, a seconda che gli strati siano di materiale preimpregnato o meno. Il Dry Lay-up è un processo molto comune nel settore aerospaziale, poiché permette di ottenere forme complesse con buone proprietà meccaniche (dato che il Wet Lay-Up non consente di avere tessuti unidirezionali, che hanno migliori proprietà meccaniche), mentre il Wet Lay-Up è adottato solitamente in tutti gli altri campi.[1][2] Le fasi principali del processo di Lay-Up sono il taglio, la laminazione e la polimerizzazione. Anche se alcune delle fasi di produzione possono essere automatizzate, questo processo è principalmente manuale - motivo per cui viene spesso chiamato Hand Lay-Up - portando a laminati con costi di produzione elevati e bassi tassi di produzione rispetto alle altre tecniche. Di conseguenza, al giorno d'oggi, è adatto principalmente per produzioni in piccole serie, da 10 a 1000 parti.[2][3]
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Taglio
Riepilogo
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Il taglio dei tessuti è la prima fase del processo di Lay-Up. Anche se le fibre, in generale, hanno un'elevata resistenza alla trazione, la resistenza al taglio è generalmente piuttosto bassa, risultando abbastanza facile da tagliare. Questo processo può essere manuale, semi-automatico o interamente automatico.[1] Per quanto riguarda gli strumenti, i più comuni sono le forbici, i taglierini, i coltelli e le seghe. Un'alternativa più automatizzata è quella che prevede le fustellatrici, che consentono di raggiungere tassi di produzione più elevati mantenendo i costi contenuti, in quanto consentono di tagliare più strati di tessuto contemporaneamente. Questi metodi richiedono un livello di competenze differenti da parte dell'operatore e forniscono diverse precisioni di finitura, ma sono tutte procedure meccaniche e presentano un importante svantaggio in comune: il contatto fisico tra l'utensile da taglio e le fibre.[4] Un'alternativa che prevede meno attrito è il metodo a ultrasuoni, che consiste nel tagliare i tessuti con una lama sollecitata con vibrazioni meccaniche ad alta frequenza, prodotta da una sorgente interna integrata nel sistema.[1] Esistono anche tecniche di taglio senza alcun tipo contatto, come il taglio a laser e il taglio a getto d'acqua, entrambi generalmente incorporati su macchine a controllo numerico.[senza fonte] Il primo è ottenuto attraverso un fascio di radiazione convergente che vaporizza il materiale sottostante e un gas pressurizzato per rimuovere le particelle volatili e il materiale fuso. Il secondo si basa su un fascio di liquido ad alta pressione che raggiunge una velocità pari a 2,5 volte la velocità del suono, creando una pressione sul tessuto superiore alla resistenza a compressione del materiale, provocando un taglio netto.[senza fonte] Entrambi questi metodi presentano uno svantaggio che deve essere considerato prima della scelta dei metodi di taglio: i fasci creano aree ad alta temperatura lungo gli assi di taglio, zone in cui le caratteristiche fisiche del materiale possono essere modificate in modo significativo.[1][5]
Durante il processo di taglio, un parametro fondamentale da considerare è il layout di nesting, ovvero la disposizione delle diverse forme da tagliare nel tessuto, al fine di ridurre gli scarti. Le combinazioni sono generalmente create a computer e, quando possibile, fornite a una macchina a controllo numerico o, altrimenti, replicate a mano.[1]
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Laminazione
Riepilogo
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La laminazione dei tessuti è la seconda fase del processo di Lay-Up. È la procedura di sovrapposizione dei vari strati nell'ordine corretto e con l'orientamento corretto. Nel caso di Wet Lay-Up, la preparazione della resina è inclusa in questa operazione, perché i tessuti non sono già impregnati. La laminazione viene solitamente eseguita in una camera bianca per evitare inclusioni di particelle tra gli strati, che interferirebbero con le caratteristiche del prodotto finale.[1]

Lo strumento più importante è lo stampo, che può essere maschio o femmina a seconda dell'applicazione. Può essere realizzato con materiali diversi, a seconda del ritiro dimensionale e del coefficiente di dilatazione termica del materiale composito, della rigidezza richiesta, della finitura superficiale necessaria, degli angoli di sformo e dei raggi di curvatura.[senza fonte] Inoltre, lo stampo deve essere stabile alla temperatura di laminazione, sopportare la pressione operativa, essere resistente all'usura, essere compatibile con gli altri strumenti utilizzati, essere resistente ai solventi di lavaggio e deve essere facile applicarvi gli agenti distaccanti.[6] Il primo passo della laminazione è applicare un agente distaccante sullo stampo, fondamentale per evitare l'adesione tra la resina e lo stampo stesso. Se necessario per la finitura superficiale, è possibile aggiungere uno strato di peel-ply. I peel-ply sono in genere pellicole di nylon utilizzate per ottenere una specifica rugosità delle superfici su cui vengono applicati, per proteggerle durante lo stoccaggio e per intrappolare particelle volatili durante la polimerizzazione. Successivamente, tutti gli strati di tessuto vengono sovrapposti seguendo le istruzioni sul ply-book, che contiene un elenco di tutte le operazioni da eseguire durante questo processo. Di solito, vengono effettuate delle compattazioni intermedie ogni 4 o 5 strati, al fine di far evacuare l'aria e ottenere un prodotto finale con caratteristiche meccaniche migliori.[1]

Dopo che tutti i tessuti sono stati collocati nella giusta posizione, un altro strato di peel-ply viene applicato al di sopra, con lo stesso scopo del primo. Una sequenza di altri strati viene aggiunta sopra di esso: il release film, che separa il laminato dagli altri strati ma consente comunque il passaggio della resina in eccesso; il bleeder, la cui funzione principale è quella di assorbire la resina in eccesso; un barrier, per separare il bleeder dal breather; il breather, per distribuire il vuoto in modo omogeneo tra le superfici esterne ed evitare che le pieghe del sacco a vuoto vengano trasferite sul laminato; il sacco a vuoto, un film polimerico flessibile, tipicamente in nylon, in grado di mantenere il vuoto, creato con una pompa a vuoto.[senza fonte] Ulteriori importanti elementi sono le valvole e la plastilina utilizzati per sigillare ermeticamente il sacco.[1][7][8][9] Questo processo può essere manuale, semi-automatico o completamente automatico. Se eseguita interamente a mano, la laminazione è un processo lungo e difficile (a causa delle strette tolleranze richieste). Un'alternativa è un processo semi-automatico - detto anche assistito meccanicamente -, costituito da una macchina che trasporta gli strati, che sono poi applicati sullo stampo da un operatore. È detto completamente automatico se la macchina, come la cosiddetta macchina automatica per la posa di nastri, può anche posizionare gli strati nella giusta posizione e orientamento. Questi metodi automatici consentono di raggiungere un alto tasso di produzione.[1]
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Polimerizzazione
Riepilogo
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La polimerizzazione del laminato è la terza e ultima fase del processo di Lay-Up. Questa fase è di massima importanza per ottenere le caratteristiche richieste del prodotto finale.[1]
Polimerizzazione in autoclave e forno industriale

Questo processo può essere eseguito a temperatura ambiente con una sola pompa per il vuoto, per controllare il vuoto, con l'aiuto di un forno industriale collegato a una pompa per il vuoto, per controllare la temperatura e il vuoto, o con un'autoclave, per controllare la temperatura, il vuoto e anche la pressione idrostatica.[1][10] La polimerizzazione in autoclave è una tecnica che consente di ottenere laminati con le migliori proprietà meccaniche, ma è la più costosa e consente solo l'uso di stampi aperti. Il vantaggio è dovuto al fatto che la pressione aiuta a legare gli strati del composito e a far fuoriuscire le inclusioni di aria e altri prodotti volatili, aumentando la qualità del processo.[8][11] Ogni combinazione di tessuto e resina ha i suoi cicli di polimerizzazione ottimali, dipendenti dalla bagnabilità delle fibre e dalle proprietà della resina, come la viscosità e il punto di gel. Tipicamente, i tre cicli di temperatura, pressione e vuoto sono studiati sperimentalmente per ottenere la migliore combinazione di questi tre parametri. La polimerizzazione nel forno industriale è simile, ma senza controllo della pressione.[senza fonte] È un processo meno costoso e quindi utilizzato per tutti quei laminati che non necessitano di proprietà meccaniche molto elevate. Inoltre, poiché i forni industriali, in generale, sono più grandi delle autoclavi, vengono utilizzati per tutti quei componenti con dimensioni non standard.[1]
Polimerizzazione con pressa a piani riscaldati
La polimerizzazione con pressa a piani riscaldati viene utilizzata per laminati piani o a geometria semplice e può includere una pompa per vuoto e una fonte di calore elettrica o idraulica. È costituito da una pressa con stampi maschio e femmina che si chiudono per formare una cavità con la forma del componente, la cui dimensione è regolata per controllare lo spessore del pezzo. La pressa non può applicare una pressione idrostatica come l'autoclave, ma solo una pressione verticale. La pressa a piani riscaldati consente di avere un controllo dimensionale molto elevato, una buona finitura superficiale su entrambe le superfici e tassi di produzione discreti ma, in cambio, può verificarsi un disallineamento delle fibre ed è un metodo molto costoso.[1][8][12]
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Problemi
Come sottolineato da Meola et al. in Infrared thermography in the evaluation of aerospace composite materials, "Durante la fabbricazione di materiali compositi possono verificarsi diversi tipi di difetti, i più comuni dei quali sono il disallineamento di fibre/gioco, fibre rotte, incrinature della resina o incrinature trasversali, vuoti, porosità, inclusioni di scorie, rapporto del volume di fibra/resina non uniforme, regioni interlaminari non legate, kissing bonds, indurimento errato e danni meccanici attorno a fori e/o tagli lavorati."[13] Inoltre, devono essere considerati tre problemi principali legati al taglio dei materiali compositi già polimerizzati. Il primo è che le fibre di rinforzo sono abrasive, quindi gli strumenti tradizionali per il taglio non sono adatti, poiché la loro durata sarebbe molto breve e i loro bordi smussati danneggerebbero i materiali. Il secondo è che i materiali compositi non sono conduttivi e questo può causare accumuli di calore e deformazioni. L'ultimo è che i materiali compositi tendono a delaminarsi quando tagliati, quindi è necessario tenerne conto quando si sceglie il metodo di taglio.[14][15]
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