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martire e santo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Polieuto (fl. III secolo) è un martire cristiano del III secolo.
San Polieuto | |
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Icona orientale di san Polieuto | |
Venerato da | Chiesa cattolica, Chiesa siriaca |
Ricorrenza | 7 gennaio |
Secondo la tradizione agiografica, era un militare romano e fu decapitato a Melitene. Il suo culto come santo era già vivo nel V secolo a Costantinopoli, dove gli era dedicata una basilica fatta erigere da Anicia Giuliana.
Le notizie sulla sua vita sono desunte da una passio greca pubblicata nel 1882 da Benjamin Aubé.[1] Il testo sembra basato su un'omelia pronunciata in occasione della sua festa, ma potrebbe incorporare una più antica narrazione del martirio attribuita a Nearco, commilitone di Polieuto e testimone della sua morte.[2]
Secondo il racconto, Polieuto era un ufficiale dell'esercito romano, di guarnigione a Melitene in Armenia, e Nearco era un suo commilitone e amico. Nearco era già cristiano, mentre Polieuto era pagano.[2]
Dopo la pubblicazione di un editto dell'imperatore che obbligava i militari a prestare culto pubblico agli idoli, Polieuto vide in sogno Gesù che trasformava la sua clamide dell'esercito romano in clamide dell'esercito celeste e decise di convertirsi al cristianesimo: si recò a prendere visione dell'editto e, dopo averlo letto, sputò sul documento, lo stracciò e rovesciò gli idoli a cui avrebbe dovuto prestare culto.[3]
Polieuto fu arrestato e sottoposto a vari supplizi e, nonostante l'intervento di sua moglie Paolina e di suo suocero, il proconsole Felice, non rinunciò al cristianesimo. Fu decapitato un 10 gennaio.[3]
Pare che a san Polieuto fosse intitolata la chiesa di Melitene in cui Eutimio il Grande fu consacrato a Dio prima della sua nascita (377). Anicia Giuliana, nipote dell'imperatore Valentiniano III, nel V secolo terminò la costruzione a Costantinopoli di una chiesa dedicata al santo nella quale, il 9 gennaio, era celebrata la Synaxis. Della chiesa di San Polieuto a Costantinopoli parlano ancora Gregorio di Tours e, nel XIII secolo, l'arcivescovo Antonio di Novgorod.[4]
Secondo la tradizione costantinopolitana, san Polieuto puniva gli spergiuri e da tale credenza deriva l'uso dei sovrani merovingi di invocare nei trattati il suo nome (insieme a quello dei santi Ilario e Martino) come giudice e vendicatore contro quanti avessero violato gli accordi.[4]
Polieuto è il protagonista di una tragedia (Polyeucte martyr. Tragédie chrétienne) di Pierre Corneille del 1643.[4]
Nel martirologio siriaco la sua menzione si trova al 7 gennaio, mentre in quello geronimiano si trova sia al 7 gennaio che al 13 e al 14 febbraio; nei sianassari bizantini, nel calendario palestino-georgiano e in quello giacobita è commemorato al 9 gennaio.[3]
Nel martirologio di Floro la menzione di san Polieuto è al 14 febbraio e la commemorazione è anticipata al 13 febbraio nei martirologi di Adone e Usuardo.[3]
Il suo elogio si legge nel martirologio romano riformato e promulgato da papa Giovanni Paolo II al 7 gennaio.[5]
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