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pittore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Giuseppe Rizzo, detto Pippo (Corleone, 6 gennaio 1897 – Palermo, 5 marzo 1964), è stato un pittore e scultore italiano.
Nato a Corleone, in provincia di Palermo, si trasferì nel capoluogo siciliano per frequentare l'Accademia dove fu allievo di Ettore De Maria Bergler. Conobbe il futurismo in un suo viaggio a Roma. Ne rimase affascinato e ad esso improntò le sue opere successive, fondando anche un cenacolo futurista nel suo paese natale. A Palermo entrò in sodalizio con Vittorio Corona e Giovanni Varvaro. Fu il capofila del futurismo siciliano, a stretto contatto con Marinetti, e organizzò l'Esposizione nazionale futurista a Palermo nel 1927[1].
I suoi lavori sono stati esposti per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 1926,[2] e ancora nel 1928. Nel 1929 diviene Segretario del Sindacato fascista degli artisti siciliani. È suo il logo del Palermo Calcio del 1929. A partire dal 1930 si allontana dal Futurismo per avvicinarsi alle tematiche novecentiste, seguendo la svolta di Carlo Carrà, che espresse nella partecipazione alla quadriennale di Roma nel 1931[3].
Nel 1936 viene nominato direttore dell'Accademia di Belle Arti di Palermo. Suoi lavori sono esposti alla Galleria d'Arte Moderna di Palermo[4] e alla Galleria d'Arte Moderna di Roma.[5] Tra gli allievi di Pippo Rizzo vi furono Gino Speciale, Giovanni Varvaro e Renato Guttuso. Alcuni giovani artisti siciliani frequentarono assiduamente il suo studio; tra loro Lia Pasqualino Noto, Giovanni Barbera e Nino Franchina che, insieme a Renato Guttuso, formarono il Gruppo dei Quattro.
Negli anni Cinquanta nascono i suoi omaggi ai "paladini". Dal 1960 al 1962 è direttore dell'Accademia di belle arti di Roma[6]. Negli ultimi anni della sua vita riprese con entusiasmo ad esprimersi con la scultura, così come aveva fatto durante la giovinezza, in forme fantasiose con il marmo, l’alabastro e l’ottone. Fu organizzatore vivace di molte manifestazioni artistiche e scopritore di giovani talenti. Rizzo è ricordato anche per i celebri ritratti di carabinieri[7]. Nel 1991 gli è stato intitolato il museo civico di Corleone.
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