Pieve di San Pietro in Mercato
edificio religioso di Montespertoli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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La pieve di San Pietro in Mercato è un edificio sacro situato a Montespertoli.
Pieve di San Piero in Mercato | |
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Facciata | |
Stato | Italia |
Regione | Toscana |
Località | Montespertoli |
Coordinate | 43°37′50.91″N 11°04′23.36″E |
Religione | cattolica |
Titolare | Pietro apostolo |
Arcidiocesi | Firenze |
Consacrazione | 1057 |
Stile architettonico | romanico |
La chiesa sorge sul versante sud dell'abitato di Montespertoli, vicino al primo nucleo fortificato del paese, ed era al centro di un piviere esteso per circa 80 km² composto da ben 26 chiese suffraganee[1].
L'edificio è di origini altomedievali ed appare citato per la prima volta nel 1008 come una delle pievi chiamate a pagare una decima al vescovo di Firenze[2]. La consacrazione della chiesa è documentata nel 1057, questo ha fatto ipotizzare ad alcuni studiosi che l'edificio dovesse esistere almeno dal secolo precedente e se tale ipotesi venisse confermata la pieve di San Pietro in Mercato sarebbe una delle più antiche del territorio valdelsano unitamente alla pieve di San Lazzaro a Lucardo e alla pieve di Sant'Appiano[3][4]. Nel nome della chiesa è inserito il toponimo in Mercato, di questo mercato che si doveva tenere nei pressi dell'edificio esiste una testimonianza in un documento risalente al 1108[2].
La pieve nel XIII secolo godeva di una rendita economica superiore a molte sue pievi limitrofe come si evince dalle decime pagate tra il 1276 e il 1299 quando paga sempre quaranta lire[5] mentre nello stesso periodo la pieve di sant'Appiano paga solo quindici lire[6].
Dalla metà del Trecento al piviere di San Pietro vennero uniti i pivieri di San Pancrazio e di Coeli Aula che andarono a formare la Lega dei Popoli che comprendeva cinquantadue parrocchie[3]; tale lega rimase attiva fino alla fine del XVIII secolo quando con le riforme del granduca Pietro Leopoldo vennero abolite le leghe e sostituite dalle comunità (più o meno gli attuali comuni) e così san Pietro in Mercato e Coeli Aula entrarono a far parte della Comunità di Montespertoli mentre San Pancrazio della Comunità di San Casciano[3].
Nel XV secolo era patrona della pieve e del suo piviere la famiglia Machiavelli che aveva ereditato dai Signori di Montespertoli tale privilegio[7].
Nel XVI secolo ad opera del pievano Baldassarre Machiavelli la pieve venne completamente ristrutturata alterando i caratteri romanici[8]. Quasi tutti gli interventi barocchi vennero rimossi in occasione di una radicale campagna di restauri effettuata alla metà del XIX secolo.
L'edificio, restaurato nella facciata con una decorazione a falsa incrostazione marmorea, è fiancheggiato da una poderosa torre con coronamento a beccatelli e merli in cotto (rifacimento posteriore), mentre i tre semicilindri delle absidi sono ancora coperti da intonaco.
Molte delle opere che erano ospitate in questa pieve si trovano adesso nell'attiguo Museo.
La facciata è il frutto di un invasivo intervento di restauro effettuato ai primi del Novecento e presenta una decorazione a intonaco raffigurante una falsa incrostazione marmorea. L'intonaco è presente anche sui muri laterali e sulla tribuna. Sebbene le tre absidi siano intonacate è possibile intravedere la muratura effettuata con arenaria.
Sulla destra della facciata è collocato il poderoso campanile che tuttora presenta gran parte delle strutture medievali in vista. È una massiccia torre quadrata di 5,50 metri per lato[8] e presenta un paramento murario realizzato con bozze di arenaria grigia disposte molto regolari. Il campanile è aperto in vetta dalla cella campanaria ma sul lato settentrionale vi è un'apertura realizzata con una stretta monofora. Il coronamento è frutto del restauro novecentesco e presenta una merlatura guelfa come molte altre torri del territorio montespertolese restaurate all'inizio del XX secolo[9]. Possiede un concerto di 4 campane elettrificate con il sistema a slancio a battaglio volante, sono state fuse da Terzo Rafanelli di Pistoia nel 1887 con intonazione in nota Mi³ in scala diatonica con salto di 4° ad eccezione del sonello, l'unico rimasto a sistema a corda, è fuso da Giovanni Gamberti da Sangallo nel 1470.
La struttura attuale delle pieve è sostanzialmente quelle dell'edificio consacrato nel 1057[8], nonostante la ricostruzione postbellica, che comunque ha ricostruito le forme originarie. Questo è dimostrato proprio dall'organizzazione dello spazio interno che è tipica degli edifici realizzati alla metà dell'XI secolo. La chiesa ha una struttura a tre navate terminante con altrettante absidi, ma a differenza di quanto accade negli edifici realizzati nel XII secolo, qui le quattro ampie campate hanno i pilastri a distanze diverse l'uno dall'altro[8], infatti le prime tre sono distanziate di circa quattro metri mentre la quarta supera i cinque metri. I pilastri sono di forma rettangolare di un metro di lunghezza per settanta centimetri di larghezza mentre la navata centrale è abbastanza stretta; le sue dimensioni sono circa una volta e mezza ciascuna delle due navate minori[8], e questi elementi, simili a quelli presenti nella pieve di san Lazzaro, danno all'interno una notevole spinta verticale.
Il fonte battesimale di San Pietro è un raro esempio di decorazione bicroma inseribile nel filone del cosiddetto romanico fiorentino del territorio valdelsano[9].
L'opera ha una forma esagonale ed è spartito da una cornice aggettante nella parte superiore, cornice ripetuta nella parte inferiore dove fa da basamento. L'uso del marmo bianco, gli intarsi di marmo verde di Prato e il rigore delle cornici che inquadrano i motivi decorativi di ogni specchio danno al fonte un aspetto di marcata classicità.
Questo fonte battesimale è molto vicino alle decorazioni del timpano della facciata della Basilica di San Miniato al Monte[9][10], opera data tra il decorso del XII secolo e l'inizio del XIII. Il fonte di San Pietro in Mercato appartiene proprio a quest'ultima fase di quel filone decorativo e nella zona era stato preceduto dal fonte battesimale della pieve di Coeli Aula (oggi conservato nella chiesa di Sant'Andrea a Montespertoli) il quale a sua volta è paragonabile al fonte conservato nella pieve mugellana di Sant'Agata e datato 1175[11].
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