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mercante e navigatore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Pietro Querini (Venezia, 1400? – 1448) è stato un mercante e navigatore italiano, senatore della Repubblica di Venezia.
Viaggio di Pietro Querini | |
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Tipo | navale |
Obiettivo | Raggiungere le Fiandre per scopi commerciali |
Data di partenza | 25 aprile 1431 |
Luogo di partenza | Candia |
Tappe principali | Capo Finisterre, Irlanda, Røst |
Esito | Spedizione in balia della corrente del Golfo supera il circolo polare artico e approda a Røst. |
Conseguenze |
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Equipaggiamento | |
Comandanti | Pietro Querini |
Uomini | 68 |
Mezzi | caracca Querina |
Patrizio veneziano (N.H.) della potente famiglia Querini e dunque membro di diritto del Maggior Consiglio della Serenissima. Fu Signore, nell'isola di Candia (Creta), dei feudi di Castel di Temini e Dafnes, famosi per la produzione del vino Malvasia, che egli commerciava specialmente con le Fiandre.
Il 25 aprile 1431 Pietro salpò da Candia verso le Fiandre a bordo della caracca Querina con un carico di 800 barili di Malvasia, spezie, cotone, cera, allume di rocca e altre mercanzie di valore, pari a circa 500 tonnellate. L'equipaggio era composto da sessantotto uomini di diverse nazionalità. Suoi luogotenenti erano Nicolò de Michele, patrizio veneto, e Cristofalo Fioravante, comito.
Il 14 settembre, superato Capo Finisterre, vennero sorpresi da ripetute tempeste e furono spinti sempre più verso ovest, al largo dell'Irlanda: inoltre si ruppe il timone e la nave restò disalberata, andando alla deriva per diverse settimane, trasportata dalla Corrente del Golfo. Il 17 dicembre l'equipaggio decise di abbandonare il relitto semiaffondato e si divise: 18 si imbarcarono su uno schifo (sorta di scialuppa) e 47 su una seconda lancia più grande, comprendente i tre ufficiali. Della prima imbarcazione non si ebbe più alcuna notizia, ma la lancia più grande andò a lungo alla deriva fra razionamenti di viveri e morti continue, toccando fortunosamente terra il 14 gennaio 1432 nell'isola deserta di Sandøy, vicino a Røst nell'arcipelago norvegese delle Lofoten, con 16 marinai superstiti.
Il Querini e i suoi compagni vissero per undici giorni bivaccati sulla costa nutrendosi di patelle e accendendo fuochi per scaldarsi. Questi furono avvistati dai pescatori dell'isola di Røst, la più vicina, che andarono in loro aiuto e li ospitarono nelle loro case. La popolazione dell'isola di Røst, che i veneziani chiamarono Rustene, circa 120 abitanti, era dedita alla pesca e all'essiccazione del merluzzo. I veneziani rimasero circa quattro mesi nell'isola, e Querini scrisse una dettagliata relazione per il Senato, oggi conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana:
«Per tre mesi all’anno, cioè dal giugno al settembre, non vi tramonta il sole, e nei mesi opposti è quasi sempre notte. Dal 20 novembre al 20 febbraio la notte è continua, durando ventuna ora, sebbene resti sempre visibile la luna; dal 20 maggio al 20 agosto invece si vede sempre il sole o almeno il suo bagliore…gli isolani, un centinaio di pescatori, si dimostrano molto benevoli et servitiali, desiderosi di compiacere più per amore che per sperar alcun servitio o dono all’incontro…vivevano in una dozzina di case rotonde, con aperture circolari in alto, che coprono con pelli di pesce; loro unica risorsa è il pesce che portano a vendere a Bergen. (...) Prendono fra l'anno innumerabili quantità di pesci, e solamente di due specie: l'una, ch'è in maggior anzi incomparabil quantità, sono chiamati stocfisi; l'altra sono passare, ma di mirabile grandezza, dico di peso di libre dugento a grosso l'una. I stocfisi seccano al vento e al sole senza sale, e perché sono pesci di poca umidità grassa, diventano duri come legno. Quando si vogliono mangiare li battono col roverso della mannara, che gli fa diventar sfilati come nervi, poi compongono butiro e specie per darli sapore: ed è grande e inestimabil mercanzia per quel mare d'Alemagna. Le passare, per esser grandissime, partite in pezzi le salano, e così sono buone (...).»
Qui i marinai trascorsero circa quattro mesi, ospitati dalla comunità di pescatori, persone – come scriveva il Querini, estremamente gentili e socievoli:
«Questi di detti scogli sono uomini purissimi e di bello aspetto, e così le donne sue, e tanta è la loro semplicità che non curano di chiuder alcuna sua roba, né ancor delle donne loro hanno riguardo: e questo chiaramente comprendemmo perché nelle camere medeme dove dormivano mariti e moglie e le loro figliuole alloggiavamo ancora noi, e nel conspetto nostro nudissime si spogliavano quando volevano andar in letto; e avendo per costume di stufarsi il giovedì, si spogliavano a casa e nudissime per il trar d'un balestro andavano a trovar la stufa, mescolandosi con gl'uomini (...).»
Ma Pietro Querini non temeva scandali poiché, come scrisse sul suo diario:
«I 120 abitanti dell’isola sono tutti cattolici fedelissimi e devoti, senza alcuna lussuria, tanto è la region fredda e contraria a ogni libidine.»
Il 15 maggio 1432 il Querini venne aiutato dai pescatori a ripartire verso Venezia; portando con sé stoccafissi seccati. Durante il viaggio di ritorno passò per Trondheim, Vadstena e Londra, dove fu ospite dell'allora potente comunità veneziana che risiedeva sul Tamigi.
Da lì, dopo 24 giorni di cavallo, il "capitano da mar" giunse finalmente a Venezia il 12 ottobre 1432. Vi importò la idea dello stoccafisso, che godette subito di un grande successo e che i veneziani impararono ad apprezzare, sia per la sua bontà gastronomica che per le sue caratteristiche di cibo a lunga conservazione molto utile sia nei viaggi di mare che di terra, oltre che per la caratteristica di essere un "cibo magro", così da divenire uno dei piatti consigliati negli oltre 200 giorni di magro, fissati, assieme ai cibi, il 4 dicembre 1563, data della XXV e ultima sessione del concilio di Trento.
Molto importante, nella relazione di viaggio, che scrisse successivamente per il Senato, è la descrizione della vita dei pescatori norvegesi e della tecnica di conservazione del merluzzo che, una volta essiccato, diventa stoccafisso.
Il famoso umanista del cinquecento Giovan Battista Ramusio, autore del volume Delle navigationi et viaggi, che raccoglieva i più importanti viaggi compiuti dall'antichità classica fino alla sua epoca, dedicò un capitolo al Querini, iniziando così:
«Viaggio del magnifico messer Pietro Querini gentiluomo veneziano, nel quale, partito da Candia con un carico di malvasia verso ponente l'anno 1431, incorre in uno orribile e spaventoso naufragio, alla fine del quale, scampato in seguito a diversi accidenti, arriva nei regni settentrionali di Norvegia e Svezia.»
Gli abitanti di Røst da allora hanno sempre nutrito una grande riconoscenza verso Pietro Querini, tanto che nel cinquecentesimo anniversario del naufragio hanno eretto un cippo in suo onore nell'isola di Sandøy con l'impegno e alla presenza dell'allora Ambasciatore d'Italia, Conte Alberto de Marsanich. A Røst un isolotto è stata chiamata "isola di Sandrigo", in ricordo della cittadina in provincia di Vicenza dove si tiene annualmente la Festa del baccalà, il piatto tradizionale della cucina vicentina a base di stoccafisso proveniente dalle isole Lofoten. Per converso, a Sandrigo una piazza è stata dedicata a Røst.
Nel 2017 è stato istituito il Parco Letterario Pietro Querini (litteraturpark på Røst) con il Comune di Røst e il sostegno dell'Ambasciata d'Italia. Il Parco ha iniziato la sua attività nel 2018.
La storia del Querini ha ispirato tanti scrittori ed altri artisti:
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