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Pietra bianca di Siracusa

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Pietra bianca di Siracusa
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La pietra bianca di Siracusa, detta anche pietra arenaria di Siracusa o in dialetto locale pietra giuggiulena (pietra-torrone di sesamo) a volte italianizzata in pietra giurgiulena, è una roccia sedimentaria, formatasi nel Miocene, composta prevalentemente da calcareniti organogeni e ghiaie poligeniche.

Fatti in breve Categoria, Colore ...
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Caratteristiche

La pietra non presenta fratture, è di porosità media[1] e fossilifera (contiene resti di conchiglie).[2] Essendo calcare tenero, ben si presta all'intaglio.

La sua colorazione è stata definita con più gradazioni che vanno dal bianco al giallo: beige, ocra, giallognolo.

Storia e utilizzo

Riepilogo
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La pietra bianca di Siracusa nell'area archeologica della Neapolis

La pietra è tipica delle cave dei monti Iblei. Essa è venuta alla luce quando i monti Iblei sono affiorati dalla superficie del mare: Miocene superiore-Pliocene per l'entroterra e tempi più recenti, Pleistocene superiore, per la zona costiera di Siracusa (formazione monti Climiti, membro dei calcari di Siracusa).

Particolarmente conosciute e sfruttate sono state le cave di Siracusa, dalla cui città la pietra prende il nome, e quelle di Palazzolo Acreide, Noto e Modica.[3]

In epoca greca la polis di Syrakousai venne edificata estraendo dalle latomie - parole che deriva dal greco antico: Lytos, ossia Pietra - la bianca roccia calcarea.

Con il tempo le cave di estrazione si sono notevolmente ridotte. Dal XVII secolo la pietra, usata ad esempio per edificare i monumenti medievali di Ortigia, è stata estratta da Palazzolo Acreide (per questo detta "Pietra di Palazzolo"), ma essa differiva da quella usata per i monumenti d'epoca greca (proveniente dalle cave locali).[4]

Odiernamente la pietra degli Iblei proviene, per utilizzi commerciali, principalmente dall'area del comune di Palazzolo Acreide, anche se il suo nome è rimasto maggiormente legato a Siracusa.

Nel secolo scorso Anthony Blunt ha scritto sulle caratteristiche di questa pietra:

«La pietra, proveniente da cave non lontane a settentrione di Noto, è di una grana fine come quella di Catania, ma di un pallido colore giallo-oro che al sole acquista un'indescrivibile opulenza: abbastanza tenera per consentire un taglio elaborato, la si può anche lasciare quasi nuda, in modo da dar libero corso al molteplice linguaggio della materia.»
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