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paleontologo statunitense Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Paul Schultz Martin (Allentown, 22 agosto 1928[1] – Tucson, 13 settembre 2010[2]) è stato un geologo, paleontologo e zoologo statunitense, noto per aver sviluppato la teoria che l'estinzione a livello globale dei grandi mammiferi avvenuta nel Pleistocene fosse stata causata dalla caccia praticata dai primi uomini.
Nel 1953 ricevette la laurea in zoologia alla Cornell University. Nel 1953 e nel 1956 ha completato rispettivamente il master e il dottorato presso l'Università del Michigan e poi ha proseguito con una ricerca post-dottorato presso l'Università di Yale e l'Università di Montréal. Dal 1957 entrò nell'Università dell'Arizona, dove lavorò fino al suo pensionamento nel 1989.[2]
Martin sviluppò la teoria nota come "overkill" o "blitzkrieg model"[3], basata sull'intuizione che l'improvvisa scomparsa di grandi popolazioni di mammiferi, avvenuta durante l'era glaciale in continenti e tempi diversi, coincideva con l'arrivo degli esseri umani. Egli credeva che, come dall'Africa e dall'Eurasia l'uomo aveva raggiunto l'Australia, le Americhe e le isole del Pacifico, aveva iniziato rapidamente a cacciare i grandi animali endemici di ogni continente fino all'estinzione. Martin concentrò la sua ricerca particolarmente sul Nord America, la cui fauna dell'epoca tardo glaciale rivaleggiava con quella dell'odierna Africa.[4] Secondo la sua teoria, gli esseri umani arrivarono in Nord America durante l'era glaciale, circa 11.000 anni fa, ed iniziarono a cacciare i mammiferi di grandi dimensioni, compresi gli antenati degli odierni bradipi e cammelli (Nothrotheriops shastensis e Titanotylopus), mammut e mastodonti, fino all'estinzione.[5] La teoria, riassunta ne Twilight of the Mammoths: Ice Age Extinctions and the Rewilding of America (2005) è stato ampiamente discusso e rimane controversa. Michael Fosha ha scritto che, anche se Martin ha tentato di mettere in discussione e sfatare spiegazioni alternative per l'estinzione, non ha adeguatamente esaminato le teorie tradizionali come i cambiamenti di clima e vegetazione. Secondo Fosha, nel suo lavoro Martin ha rappresentato un assalto degli esseri umani preistorici alla natura condotto "con l'efficienza di una Panzer-Division tedesca", ritiene inoltre che Martin avesse una visione inesatta dell'archeologia. Tuttavia, Fosha riconosce che i dati raccolti e riportati nel libro fossero eccellenti e meritevoli di attenzione.[6] Alcuni archeologi e paleontologi mossero critiche all'operato di Martin, contestando la datazione relativa all'arrivo dell'uomo in dati luoghi e all'estinzione di alcune specie animali. Martin rispose che le loro affermazioni erano il risultato di un'analisi scientifica inesatta, e che le date presentate dai suoi contestatori non erano ancora state verificate in maniera indipendente.[7]
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