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parabola di Gesù Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La parabola del ricco stolto o parabola dell'avaro è una parabola di Gesù, presente nel Vangelo secondo Luca (Lc 12,16-21) e nel Vangelo di Tommaso (63). Tratta della futilità di credere che la ricchezza possa assicurare prosperità o una bella vita.
Rappresentata da diversi artisti, il più noto di questi fu Rembrandt.
Un membro della folla che sta ascoltando Gesù gli sottopone una disputa finanziaria familiare:[1]
«Uno della folla gli disse, "Maestro, di a mio fratello di dividere l'eredità con me."
Ma egli gli disse, "O uomo, chi mi ha costituito giudice e arbitro su di voi?" Disse poi a loro, "Fate attenzione! Guardatevi dall'avarizia, perché la vita di uno non consiste nell'abbondanza delle cose che possiede."»
Gesù prosegue con la seguente parabola:
«Ed egli disse loro una parabola: «La tenuta di un uomo ricco diede un abbondante raccolto; ed egli ragionava fra sé dicendo: "Che farò, perché non ho posto dove riporre i miei raccolti?". E disse: "Questo farò, demolirò i miei granai e ne costruirò di più grandi, dove riporrò tutti i miei raccolti e i miei beni, poi dirò all'anima mia: Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi. Ma Dio gli disse: "Stolto, questa stessa notte l'anima tua ti sarà ridomandata e di chi saranno le cose che tu hai preparato?". Così avviene a chi accumula tesori per sé e non è ricco verso Dio."»
Come tipico del Vangelo di Tommaso, qui è presente solo la parabola, senza storia al contorno:[2]
«Gesù disse: C'era un uomo ricco che aveva molti possedimenti. Egli disse: userò i miei possedimenti in modo che io possa semirare e piantare e raccogliere, e riempire i miei granai con i frutti, così che non abbia bisogni di nulla. Questi erano i suoi pensieri nel suo cuore. E quella notte egli morì. Chi ha orecchie ascolti.»
Il ricco contadino in questa parabola è ritratto negativamente, come un esempio di cupidigia e avarizia.[1] Rimpiazzando le stalle che ha, egli non usa la terra per coltivarla, bensì per massimizzare le proprie entrate, attendendo il prezzo migliore per la vendita successiva.[1] Sant'Agostino commenta come il contadino abbia "pianificato di riempire la sua anima di eccessi e gioie non necessarie e di essere orgoglioso di disgregare tutte quelle pance vuote dei poveri. Egli non realizza che le pance vuote dei poveri sono più sicure delle sue stalle."[3]
Arland J. Hultgren ha commentato questa parabola notando come essa "provvede un esempio di cosa uno non debba essere. La persona la cui identità è legata a ciò che possiede, al suo status, e/o alle conquiste che ha raggiunto o direziona la sua vita solo verso quello scopo può facilmente rimanere sordo alla chiamata di Dio ed ai bisogni del vicino."[4] La conversazione del contadino con sé steso è incentrata unicamente su di sé: l'uso del pronome in terza persona si presenta ben 11 volte.[4] In termini retorici, è un esempio di stream of consciousness, di monologo interiore, che serve a scopo narrativo a informare il lettore della tragica fine del personaggio, dell’hubris di cui si macchia.[5]
La stoltezza del ricco risiede in particolare nel fatto che la ricchezza non possa garantirgli il futuro: il Giorno del Giudizio arriverà prima di quanto lui si aspetti.[6]
La parabola è stata dipinta da diversi artisti tra cui Rembrandt, Jan Luyken, James Tissot e David Teniers il Giovane.
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