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ipotesi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La panspermia, dal termine greco antico πανσπερμία panspermìa, "tutti semi" o "seme comune", composto da πᾶν pan "tutto" e σπέρμα sperma "seme",[1][2] è un'ipotesi che suggerisce che i semi della vita (in senso ovviamente figurato) siano sparsi in ogni dove nell'Universo, distribuiti nella polvere stellare,[3] nei meteoroidi,[4] asteroidi, comete,[5] planetoidi[6] e che può essere trasportata anche dalle navicelle spaziali attraverso la contaminazione non intenzionale di microrganismi.[7][8][9]
«Una volta che tutti i nostri tentativi di ottenere materia vivente da materia inanimata risultino vani, a me pare rientri in una procedura scientifica pienamente corretta il domandarsi se la vita abbia in realtà mai avuto un'origine, se non sia vecchia quanto la materia stessa, e se le spore non possano essere state trasportate da un pianeta all'altro ed abbiano attecchito laddove abbiano trovato terreno fertile.»
Si tratta di un'ipotesi al confine della scienza, con scarso supporto dalla maggior parte degli studiosi.[10] Le critiche puntualizzano che l'ipotesi non risolve il problema di come abbia avuto origine la vita, ma la sposta semplicemente su un altro corpo celeste. Non è inoltre testabile sperimentalmente.[11]
L'ipotesi ha le sue origini nelle idee di Anassagora, un filosofo dell'antica Grecia, e si è rivitalizzata a partire dall'Ottocento con Lord Kelvin,[12] con il fisico Hermann von Helmholtz[13][14] e, nei primi decenni del Novecento, con il chimico e premio Nobel svedese Svante Arrhenius,[15] mentre nell'ultimo quarto del XX secolo il testimone è passato agli astronomi Fred Hoyle e Chandra Wickramasinghe.
«La materia morta non può animarsi senza l'intervento di materia viva preesistente. Questo mi pare un insegnamento della scienza tanto sicuro quanto la legge di gravitazione.»
Nell'ultimo quarto del XX secolo uno dei più famosi sostenitori dell'ipotesi della diffusione della vita per panspermia è stato l'astronomo britannico Fred Hoyle assieme al suo ex allievo Chandra Wickramasinghe.
I due scienziati, in prima battuta, non intendevano provare che la vita era giunta dallo spazio. Erano astronomi e non biologi, e stavano cercando di identificare la composizione della polvere interstellare analizzando lo spettro della luce proveniente da essa. Quando si cimentarono su questo problema, nel 1960, la teoria accettata prevedeva che lo spettro di estinzione della luce potesse essere adeguatamente spiegato con l'esistenza di grani di grafite; la corrispondenza insoddisfacente tra gli spettri teorici e quelli effettivamente osservati, spinse Hoyle e Wickramasinghe a cercare altre soluzioni, impiegando molecole più strettamente legate alla biologia.
Nel 1968 nella polvere interstellare vennero identificate molecole policicliche aromatiche. Nel 1972 si consolidò l'evidenza della presenza di porfirina, mentre nel 1974 Wickramasinghe dimostrò che nello spazio sono presenti polimeri organici complessi, specificatamente poliformaldeide.[16] Queste molecole sono strettamente collegate alla cellulosa, molto abbondante in biologia. Dalla metà degli anni '70 Hoyle e Wickramasinghe si convinsero che i polimeri organici costituissero una parte importante della polvere interstellare e, sebbene ai tempi questa opinione fosse considerata al limite della fantasia, al giorno d'oggi viene generalmente accettata.
Ma Hoyle e Wickramasinghe si spinsero oltre: nel tentare di spiegare una peculiarità dello spettro di luce proveniente dalle nubi interstellari, conclusero che essa potesse essere spiegata solo ipotizzando particelle di polvere cave di opportuno diametro. Provarono di tutto senza ottenere risultati soddisfacenti fino a che, nel 1979 impiegarono per le loro simulazioni, batteri essiccati, che rifrangono la luce come sfere cave e irregolari. Ottennero una corrispondenza pressoché perfetta, ed essendo scienziati sufficientemente scevri da preconcetti ne conclusero che i grani di polvere componenti le nubi interstellari potessero effettivamente essere batteri essiccati e congelati.
Questa conclusione rimane a tutt'oggi fortemente criticata: ed in tal senso non ha aiutato la fama di scienziato controverso che Hoyle porta con sé a causa delle sue convinzioni cosmologiche: se in astrofisica è a lui, assieme a William Fowler ed ai coniugi Burbidge, che si deve la messa a punto della teoria che spiega la genesi degli elementi pesanti all'interno delle stelle per mezzo di reazioni termonucleari, in cosmologia la sua idea di universo in espansione ma infinito, la teoria dello stato stazionario è attualmente poco considerata dalla comunità scientifica, in quanto contraddetta da alcune osservazioni; per questo motivo nell'ultimo decennio del XX secolo Hoyle, assieme a Geoffrey Burbidge e Jayant Narlikar, ha rielaborato la sua vecchia teoria, proponendone una nuova: lo stato quasi stazionario.
Francis Crick, assieme a Leslie Orgel, nel 1960 iniziarono a speculare sull'origine del codice genetico. Agli inizi degli anni settanta Crick e Orgel andarono oltre in queste speculazioni e, in particolare, sulla possibilità che la produzione di un sistema molecolare vivente deve essere stato un evento molto raro nell'universo – e che tuttavia, una volta avviato, esso possa essere stato diffuso da una forma di vita intelligente in grado di viaggiare nello spazio; tale processo fu definito "panspermia guidata"[17].
Più tardi Crick dichiarerà di essere stato eccessivamente pessimista circa le possibilità di un'origine terrestre della vita[18].
La panspermia diretta, per proteggere ed espandere la vita nello spazio, sta diventando sempre più possibile grazie agli sviluppi delle vele solari, dell'astrometria precisa, dei pianeti extrasolari, degli estremofili e dell'ingegneria genetica microbica.[19][20][21][22]
Esistono alcune evidenze che suggeriscono che i batteri possono sopravvivere per lunghi periodi di tempo anche nello spazio profondo (e potrebbero quindi essere il meccanismo della panspermia).[23] Studi recenti condotti in India hanno trovato batteri nell'atmosfera terrestre ad altezze maggiori di 40 km, dove il loro mescolamento con gli strati più bassi dell'atmosfera è improbabile.[24] Batteri Streptococco mitus, che sono stati portati accidentalmente sulla Luna dalla sonda spaziale Surveyor 3 nel 1967, potevano essere facilmente rinviviti dopo essere stati portati di nuovo sulla Terra, dopo 31 mesi.
Una conseguenza della panspermia è che la vita, in tutto l'Universo, dovrebbe avere una biochimica sorprendentemente simile, perché deriverebbe dagli stessi organismi ancestrali. Perciò che i batteri ad alta quota abbiano una biochimica molto simile a quelli terrestri non prova né l'una né l'altra ipotesi. Questa conseguenza non può essere verificata fino a che non verrà trovata la vita su un altro pianeta.
Un'altra obiezione alla panspermia è che i batteri non sopravviverebbero alle immense forze e all'intenso calore di un impatto contro la Terra. Non sono state raggiunte conclusioni (positive o negative) su questo punto.
Evidenze che suggeriscono dati in favore della panspermia:
Alcuni considerano la panspermia come una risposta a coloro che sostengono che sia impossibile che la vita si origini spontaneamente. La panspermia però non risolve il problema, semplicemente lo sposta più indietro nello spazio e nel tempo. Alcuni estendono la panspermia per sostenere che la vita non si è mai evoluta da molecole inorganiche, ma è invece esistita per tutto il tempo in cui sono esistite queste ultime.
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