Palazzo Ottavio Imperiale
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Il palazzo Ottavio Imperiale, anche detto palazzo Casareto o palazzo del Melograno, è un edificio storico italiano, sito in piazza Campetto 2, nel centro storico di Genova. È uno dei Palazzi dei Rolli che furono designati, al tempo della Repubblica di Genova, a ospitare gli ospiti di alto rango durante le visite di stato per conto del governo genovese.
Palazzo Ottavio Imperiale | |
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Scorcio di Campetto con il palazzo | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Liguria |
Località | Genova |
Indirizzo | Piazza Campetto, 2 |
Coordinate | 44°24′32.79″N 8°55′54″E |
Informazioni generali | |
Condizioni | In uso |
Costruzione | 1586-1589 |
Inaugurazione | 1589 |
Uso | abitazione/uffici |
Realizzazione | |
Architetto | Jacopo De Aggio |
Appaltatore | Ottavio Imperiale De Mari |
Dal 1942 l'edificio è sottoposto a vincolo di tutela da parte della soprintendenza.[1]
Il palazzo fu costruito dal maestro Jacopo De Aggio tra il 1586 e il 1589 per Ottavio Imperiale, con una spesa di ben 50.000 scudi d'oro. Giulio Pallavicini ricorda l'inizio dei lavori come uno degli avvenimenti più notevoli dell'anno,[2] assieme alla demolizione dell'"isola" che divideva Soziglia da Campetto.
Già prima dell'ultimazione, nel 1588, fu compreso tra i palazzi dei rolli e inserito nel secondo bussolo, mentre in seguito passò stabilmente al primo.[2] Ottavio Sauli lo acquistò ai primi del Seicento[2] e vi si trasferì con il fratello Gio Antonio, lasciando il vecchio palazzo di famiglia di piazza Sauli, anch'esso iscritto nei rolli. Il palazzo è rappresentato nei Palazzi di Genova del Pietro Paolo Rubens con tre tavole ed è indicato quale "Palazzo del sig. Ottavio Sauli".
Ancora indicato come tale alla fine del secolo passò in eredità alla famiglia De Mari e in seguito arricchito internamente da opere di numerosi artisti quali Domenico Piola (Cesare Bacco e Amore con la Galleria dei Pianeti e le Arti), Filippo Parodi (Ercole), Domenico Guidobono (Il Tempo che rapisce la Bellezza); e altri di J. Boni.[2] Queste opere, insieme alla ricca quadreria, verranno ricordate ancora nella guida dell'Anonimo del 1818.[2]
Un ambiente voltato posto tra atrio e cortile, corrispondente per dimensioni a una doppia fila di logge, introduce sulla destra all'ampio scalone che si svolge, privo di affaccio esterno, fino al secondo piano nobile.[2] Dal lato opposto del cortile ben nove erano invece le botteghe affacciate sulla trafficata piazza di Soziglia.[2]
Nel corso del XIX secolo il palazzo passò ai Casareto, ai quali rimase fino al Novecento.[2]
Il palazzo ereditò quindi il suo nome ufficiale, Casareto – De Mari, ma già nel Settecento era noto anche con un altro appellativo, Palazzo del Melograno.[2]
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