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quartiere di Bari Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il quartiere Murat è un quartiere di Bari, si estende tra la ferrovia e, a nord, in piccola parte la costa e la Città vecchia, con cui costituisce l'odierno centro della città.
Murat | |
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L'ateneo dell'Università di Bari | |
Stato | Italia |
Regione | Puglia |
Provincia | Bari |
Città | Bari |
Circoscrizione | Municipio 1 |
Data istituzione | 26 gennaio 1970 |
Codice | 2 |
Codice postale | 70121, 70122, 70123, 70126 e 70125 |
Superficie | 1,46 km² |
Abitanti | 29 638 ab. |
Densità | 20 300 ab./km² |
Il quartiere Murat, che assieme al centro storico costituisce parte del I municipio dal 2014 (ex IX circoscrizione), centro pulsante della città capoluogo pugliese, confina[1]:
Il quartiere prende nome da Gioacchino Murat, il quale iniziò, durante il suo governo a capo del Regno di Napoli (che gli fu assegnato da Napoleone Bonaparte, del quale era cognato), la costruzione della nuova zona barese a ridosso dell'antica città medievale.[2] La prima casa del nuovo borgo fu costruita nel 1816.[1]
Fu infatti Murat a promulgare il decreto di costruzione del "borgo nuovo" (o "gioacchino", poi "muratiano") in una zona pianeggiante a sud del vecchio centro, mentre le mura che cingevano la città vecchia vennero smantellate nel 1820 (porta del Castello fu smantellata il 1º marzo 1819).[3]
La zona, caratterizzata dalla maglia urbana ortogonale, ospita Corso Vittorio Emanuele II,[4] Piazza Umberto I ed il palazzo dell'Università degli Studi.[5]
Durante il periodo fascista e nel secondo dopoguerra a partire dal 1954, il quartiere fu oggetto di una controversa modernizzazione,[6][7] dai generali esiti considerati "orribili e deprimenti "[8] sia nell'architettura littoria[9], tipica del regime fascista, che nella cementificazione degli anni 50 e 60 che riguardò oltre 200 edifici che sostituirono e spesso deturparono il vecchio centro storico. Solo alcuni degli edifici disegnati da Sangirardi, alcuni progetti dello studio "Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano" e alcune realizzazioni di Saverio Dioguardi, che talvolta riuscì a mantenere uno stile personale e innovativo anche nell'architettura "di regime", vengono considerati di interesse architettonico.[1][7]
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