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La moratoria universale della pena di morte[1] è un'iniziativa intesa a provocare la sospensione dell'applicazione della pena di morte in tutti i paesi membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
È stata ratificata dall'Assemblea generale con 99 voti a favore, 52 contrari e 33 astenuti il 18 dicembre 2007.
I principali promotori della moratoria sono l'associazione Nessuno Tocchi Caino e il Partito Radicale Transnazionale e, in misura minore, Amnesty International, e la Comunità di Sant'Egidio. La prima proposta di risoluzione per una moratoria fu presentata, su iniziativa di Nessuno Tocchi Caino, all'Assemblea Generale dell'ONU dall'Italia, nel 1994. Tale proposta non venne accolta per otto voti.
Dal 1997 su iniziativa italiana la Commissione dell'ONU per i Diritti Umani ha approvato ogni anno una risoluzione che chiede "una moratoria delle esecuzioni capitali, in vista della completa abolizione della pena di morte"[2]. Tali decisioni della commissione non sono mai però state confermate dall'assemblea generale.
Nel 1999 tutta l'Unione europea si unì alla posizione italiana, e in quello stesso anno Amnesty International aggiunse gli Stati Uniti d'America alla propria lista di paesi in violazione dei diritti umani. Gli Stati Uniti rigettarono le accuse e additarono la Cina come violatrice ancora maggiore.[3] Il 12 dicembre 1999, con l'inizio del Giubileo del 2000, anche Papa Giovanni Paolo II ribadì il proprio appoggio alla moratoria. Per tutto il periodo del giubileo le luci del Colosseo rimasero accese.[4]
Il 17 dicembre 2000 Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant'Egidio, ha presentato all'allora Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan una petizione firmata da 3,2 milioni di persone. I firmatari, provenienti da 145 nazioni diverse, includevano personalità come Elie Wiesel, il Dalai Lama, il reverendo George Carey (all'epoca Arcivescovo di Canterbury), Václav Havel (allora presidente della Repubblica Ceca), Abdurrahman Wahid (all'epoca presidente dell'Indonesia), ed alti esponenti del Vaticano. Alla raccolta di firme aveva partecipato anche Amnesty International e la campagna "Moratorium 2000", guidata da suor Helen Prejean, l'autrice di Condannato a morte.[4]
Nel 2007 il Governo Prodi II ha riproposto la mozione, dopo che il Parlamento europeo l'aveva nuovamente sostenuta.[5] Il 15 novembre la Terza commissione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, su proposta italiana[6], ha approvato con 99 voti favorevoli, 52 contrari e 33 astenuti la risoluzione per la moratoria universale sulla pena di morte[7]. Il 18 dicembre 2007 l'Assemblea Generale delle Nazioni unite ha ratificato, 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti, la moratoria approvata dalla commissione[8]. La moratoria è stata proposta e fortemente voluta dall'Italia, rappresentata dal ministro degli esteri Massimo D'Alema e dal sottosegretario agli affari esteri Gianni Vernetti
Nel 2008, per il secondo anno consecutivo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione per la moratoria della pena di morte, con 106 si, 46 no e 34 astenuti. Nel 2010, la Terza Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una nuova Risoluzione, che ricalca quella del 2007[9].
Nel 2016 è stato adottato il sesto testo pro-moratoria dal 2007. La nuova Risoluzione è stata adottata con 117 voti a favore, 40 contrari, 31 astenuti e 5 assenti[10].
La differenza fra moratoria ed abolizione è che nel primo caso gli stati sospendono l'applicazione della pena di morte, pur mantenendola nei propri istituti giuridici (potendo pertanto tornare ad applicarla in futuro senza modifiche legislative)[11], mentre nel secondo caso tale pena verrebbe totalmente depennata dalle legislazioni nazionali.
Nonostante i promotori della moratoria vogliano arrivare all'abolizione, la via della moratoria (meno limitante per la sovranità dei singoli stati) è stata scelta per convincere anche i paesi indecisi[12].
Albania
Algeria
Andorra
Angola
Argentina
Armenia
Australia
Austria
Azerbaigian
Belgio
Benin
Bolivia
Bosnia ed Erzegovina
Brasile
Bulgaria
Burkina Faso
Burundi
Cambogia
Canada
Capo Verde
Cile
Colombia
Rep. del Congo
Costa Rica
Costa d'Avorio
Croazia
Cipro
Danimarca
Ecuador
El Salvador
Estonia
Filippine
Finlandia
Francia
Gabon
Georgia
Germania
Grecia
Guatemala
Haiti
Honduras
Irlanda
Islanda
Isole Marshall
Israele
Italia
Kazakistan
Kiribati
Kirghizistan
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Lituania
Lussemburgo
Madagascar
Mali
Malta
Mauritius
Messico
Micronesia
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Montenegro
Mozambico
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Nepal
Nuova Zelanda
Nicaragua
Norvegia
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Rep. Ceca
Macedonia del Nord
Rep. Dominicana
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Russia
Ruanda
Samoa
San Marino
São Tomé e Príncipe
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Slovacchia
Slovenia
Spagna
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Svizzera
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Turkmenistan
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