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ideologia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il termine mondialismo indica un movimento politico-sociale o il pensiero che considera i fenomeni politici, economici, culturali, sociali come espressione di equilibri e relazioni tra i diversi stati, e non come manifestazione di singole componenti nazionali[1]. In particolare questo termine è utilizzato in accezione negativa negli ambienti nazionalisti per descrivere quei fenomeni che sono (presuntamente) governati internazionalmente, visti come minaccia alla sovranità nazionale o come un tentativo di imporre un unico Stato mondiale. Il mondialismo sarebbe il prodotto del doppio effetto della globalizzazione economica e dell'internazionalismo di sinistra.
Secondo il politologo Jean-Yves Camus, si tratta di un
«neologismo apparso agli inizi degli anni 1980 negli ambienti complottisti dell'estrema destra antisemita (vedi Yann Moncomble, La Trilatérale et les secrets du mondialisme, 1980) per designare l'azione presuntamente concertata delle società segrete, di gruppi d'interesse economico o di lobby per arrivare all'instaurazione di un governo mondiale[2]»
Jean-Yves Camus indica che, fra le figure della seconda metà del XX secolo, il concetto è debitore principalmente dell'opera di Henry Coston[2].
Il concetto è utilizzato da Or Rosenboim, storico delle idee, per tradurre il versante politico della mondializzazione, che è generalmente compresa come un fenomeno economico e finanziario[3].
Il mondialismo ha affinità con il «nuovo ordine mondiale». Spesso associato all'imperialismo anglo-americano, il «mondialismo» è denunciato specialmente dai teorici neo-eurasiatisti come Aleksandr Dugin. In Francia, la critica del mondialismo è stata avanzata da autori come Yann Moncomble, Pierre Hillard o Pierre de Villemarest.
La loro opera di critica del «mondialismo» si focalizza spesso su personalità od organizzazioni, pubbliche o private, che identificano come collaboratrici di questo progetto. Fra questi ricorrono: Richard Coudenhove-Kalergi, Clarence Streit, David Rockefeller, la Fabian Society, la Round table, il Council on Foreign Relations, il gruppo Bilderberg, George Soros e la Commissione trilaterale.
Fra i politici che hanno criticato pubblicamente il mondialismo ci sono Pino Rauti[4], Jean-Marie Le Pen[5], Marine Le Pen[6] e Donald Trump[7].
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