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La metropolia di Smirne (in greco: Ιερά Μητρόπολις Σμύρνης; Ierá Mitrópolīs Smírnis) è una diocesi del patriarcato di Costantinopoli. Costituisce una delle circoscrizioni ecclesiastiche attive del patriarcato in territorio turco, benché quasi spopolata.[1]
Smirne è stata sede di un'antichissima comunità cristiana, risalente ai primi tempi del cristianesimo. La nuova religione fu predicata agli abitanti di Smirne molto presto: la comunità è infatti menzionata tra le Sette Chiese dell'Asia cui è indirizzato il libro dell'Apocalisse (2,8-11[2]). Rimangono anche due lettere scritte attorno al 107 da sant'Ignazio di Antiochia rispettivamente ai cristiani di Smirne e al loro vescovo Policarpo, il primo storicamente documentato.
L'antica sede, inizialmente suffraganea della metropolia di Efeso, divenne arcidiocesi tra il 451 e il 457,[3] e nel IX secolo circa fu elevata al rango di sede metropolitana, con cinque diocesi suffraganee: Focea, Magnesia, Clazomene, Arcangelo e Petra.[4]
Successivamente il numero delle diocesi suffraganee aumentò fino a 7, per poi ridursi in seguito all'occupazione ottomana della regione (XV secolo) e alla diminuzione della popolazione cristiana. In questo periodo è documentata una sola suffraganea, Magnesia, che poi fu soppressa e integrata nella metropolia di Efeso.[5] Nel 1766 fu eretta la diocesi di Moschonisi, che è stata l'ultima suffraganea nota di Smirne.[6]
Nel 1631 si contavano 90.000 abitanti a Smirne, di cui 60.000 ottomani, 15.000 ortodossi, 8.000 armeni e 7.000 ebrei. Nel 1699 sono registrati 14.000 ottomani, 8.000 ortodossi, 500 armeni, 1.500 ebrei e 200 europei. Questa drastica riduzione è dovuta al un terribile terremoto, che fece migliaia di vittime e provocò un parziale abbandono della città da parte del resto della popolazione.[5]
Nel corso dei secoli XVII e XVIII si registra nella città un numero significativo di santi martiri locali, che rifiutarono di convertirsi all'Islam e furono torturati dalle autorità musulmane.[7] Durante questo periodo la comunità cristiana crebbe enormemente, a causa della generale esplosione demografica della regione conseguente allo sviluppo commerciale di Smirne.[5] La città divenne un centro dell'illuminismo greco, mentre furono fondate diverse scuole, come la Scuola Evangelica e il Liceo Filologico. D'altro canto, la leadership della Chiesa locale era diffidente nei confronti delle idee progressiste, soprattutto nel campo dell'istruzione, e sosteneva un sistema educativo più tradizionale.[5]
L'ultimo metropolita, Crisostomo di Smirne, seguì in prima linea le drammatiche vicende della città durante la Guerra greco-turca (1919-1922), seguendo fino all'ultimo anche il destino dei suoi fedeli. Crisostomo, nonostante gli avvisi di pericolo imminente per l'arrivo delle truppe turche in città e gli inviti alla fuga fatti da diverse autorità greche ed europee, decise di rimanere con il popolo greco che, disorientato, cercava una via di fuga da una città data alle fiamme. Il 27 agosto 1922 fu arrestato, poi barbaramente torturato e seviziato dalla folla fino alla morte.[8]
A seguito del trattato di Losanna, per porre fine alla guerra greco-turca, nel 1923 fu attuato uno scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia che portò alla totale estinzione della presenza cristiana ortodossa nel territorio della metropoli.[3] La sede tuttavia non fu mai canonicamente soppressa dal patriarcato.[9]
A partire dagli Anni Duemila, tramite accordi con le autorità turche, sono state recuperate, restaurate e riaperte al culto alcune chiese ortodosse. Tra queste la chiesa della Vergine Maria, concessa dalla Chiesa cattolica.[10] Oggi la metropolia è censita tra le metropolie attive del patriarcato sul territorio turco.[1]
La cronotassi di questo periodo (fino al 1285 compreso) è quella riportata da Le Quien con le integrazioni e correzioni di Destephen, della Prosopographie der mittelbyzantinischen Zeit, della Prosopography of the Byzantine World e di Laurent.
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