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tumore maligno che origina dal melanocita, una cellula preposta alla sintesi della melanina Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il melanoma è un tumore maligno che origina dal melanocita, una cellula preposta alla sintesi della melanina[1]. La melanina è un pigmento scuro responsabile parzialmente del colore della pelle.
Melanoma cutaneo | |
---|---|
Un paziente affetto da melanoma nodulare. La caratteristica principale di questa neoplasia è la sua invasività: si nota in questa immagine l'evoluzione del melanoma dopo soli 14 mesi. | |
Tipo | Maligno |
Cellula di origine | Melanocita |
Fattori di rischio | |
Incidenza | 14/1 000 |
Età media alla diagnosi | 35-65 anni |
Rapporto M:F | 77:10 |
Classificazione e risorse esterne | |
ICD-9-CM | (EN) 172.9 |
ICD-10 | (EN) C43 |
Sezione istologica di un lembo di cute con epidermide cheratinizzata e un melanoma in situ. |
Analogamente ai nevi, il melanoma può insorgere in tutti i distretti corporei in cui sono normalmente presenti i melanociti (quindi la cute con predilezione particolare per le zone fotoesposte)[2]; inoltre può neoformarsi nello spessore di:
La ragione della presenza dei melanociti in questi distretti anatomici è da ricercarsi nella loro origine embrionale: le creste neurali.[5]
Le più frequenti varietà cliniche o morfologie verificate istologicamente sono[6]:
ICD-O | |
---|---|
8720 | Melanoma maligno, NAS (Non Altrimenti Specificato) |
8743 | Melanoma a diffusione superficiale |
8721 | Melanoma nodulare |
8771 | Melanoma a cellule epitelioidi |
8742 | Lentigo maligna melanoma |
8744 | Melanoma acrale lentigginoso |
Per quanto riguarda il melanoma cutaneo:
È particolarmente comune tra i caucasici, soprattutto negli europei nord-occidentali che vivono in luoghi soleggiati. Vi sono tassi elevati di questa malattia in Oceania, Nord America, Europa, Sudafrica e America Latina.[11] Questo schema geografico è correlato alla causa primaria: l'esposizione alla luce ultravioletta[12] in combinazione con la quantità di pigmentazione della pelle nella popolazione.[13][14]
Il trattamento varia in base allo stadio in cui si trova il melanoma. Quello di elezione (il cosiddetto gold standard) prevede la rimozione del tumore primario mediante biopsia escissionale ed è applicabile soltanto agli stadi precoci della malattia. Se viene rilevato e rimosso precocemente, quando è ancora piccolo e sottile, allora la probabilità di guarigione è alta. La probabilità che ritorni (recidiva) o si diffonda dipende da quanto profondamente ha invaso gli strati della cute. Per melanomi recidivanti o che si diffondono (metastasi) i trattamenti includono la chemioterapia, la terapia modulatori dei checkpoint immunitari) e/o la radioterapia.
I tassi di sopravvivenza a cinque anni negli Stati Uniti sono in media del 91%.[15]
Il melanoma costituisce soltanto il 5% delle neoplasie maligne cutanee diagnosticate in tutto il mondo.[2][13] Nel 2012 il melanoma è stato diagnosticato in 232 000 persone in tutto il mondo.[16] Il maggior numero di casi di melanoma è stato registrato in Australia e Nuova Zelanda sia al 2008 che al 2012.[3][17]
Negli ultimi 20 anni l'incidenza del melanoma è aumentata più velocemente rispetto ad altre neoplasie maligne, soprattutto nell'etnia caucasica.[2] Secondo la stima della WHO vi sono 132 000 nuovi casi di melanoma all'anno in tutto il mondo.
L'Australia e la Nuova Zelanda hanno i più alti tassi di incidenza di melanoma nel mondo.[18] Negli ultimi anni in Europa si è assistito a un preoccupante incremento di questa patologia che, se non diagnosticata in tempo, può causare seri problemi e portare alla morte.[7]
Si è registrata una correlazione in base a:
Non è stata registrata una correlazione in base al sesso, visto che il tumore è di poco più frequente nelle donne rispetto agli uomini. In occidente negli uomini colpisce prevalentemente il tronco mentre nella donna gli arti, il collo, il cuoio capelluto e il volto.
Nel 5% dei casi si presenta con lesioni multiple.
Nel 2017 in Italia sono attesi circa 14 000 nuovi casi di melanoma della cute (3% di tutti i tumori in entrambi i sessi), di cui:
L'incidenza mostra tassi:
Per quanto riguarda la popolazione target giovanile il melanoma rappresenta:
In sintesi:
A livello globale, nel 2012, il melanoma ha colpito 232 000 persone e ha provocato 55 000 decessi.[18] Sebbene sia uno dei tumori della cute meno frequente è sicuramente il più aggressivo tra tutti, soprattutto se non viene diagnosticato nelle fasi iniziali. Esso provoca la maggioranza (75%) dei decessi legati ai tumori della pelle.[20] Il melanoma cutaneo inoltre rappresenta la causa principale di morte nelle giovani donne (25-30 anni).[2]
Nel 2014 nel territorio italiano sono stati registrati 2 018 i decessi per melanoma cutaneo (1 245 uomini e 773 donne), pari all’1% dei decessi per tumore in entrambi i sessi, con una frequenza leggermente più elevata nelle fasce giovani della popolazione sia maschile (4%) che femminile (3%).
Per quanto riguarda i fattori di rischio è utile fare riferimento alla tabella progettata dall'oncologo Paolo Antonio Ascierto che li suddivide in:
Fattori di rischio del melanoma cutaneo | Descrizione | Fonte |
---|---|---|
1.Fattori genetici |
|
[7][21] |
2. Fattori fenotipici |
|
[2][7] |
3. Fattori ambientali |
|
[7] |
Quando il melanoma non rappresenta una patologia “sporadica” (in una percentuale di casi inferiore al 10%) esso può essere correlato a mutazione di oncosoppressori. In questo caso acquisisce la proprietà di essere ereditabile; (Hemminki et al, 2003) definisce questa forma di melanoma "familiare".[2] È stato inoltre stabilito che chi ha già sofferto di questa neoplasia ha più possibilità di sviluppare un secondo melanoma primario nel futuro.[22]
I geni più frequentemente mutati nei melanomi sono:
La maggior parte di queste mutazioni è presente nel cromosoma 9, nel braccio piccolo ("petit") della regione 9p21.[2]
Il rischio di sviluppare melanoma è maggiore nei soggetti di pelle chiara, dal fototipo cosiddetto chiaro.[4] Fanno sospettare una crescita neoplastica i cambiamenti di simmetria, bordi, colore, dimensione ed estensione (orizzontale e verticale) di un nevo preesistente.
Tra i fattori di rischio il ruolo più importante è giocato sicuramente dalle radiazioni solari, da cui l'importanza della prevenzione e protezione durante l'esposizione al sole (specialmente nei soggetti più giovani e in relazione al fototipo)[23]. I raggi ultravioletti contribuiscono allo sviluppo del tumore, benché possa insorgere in qualunque distretto corporeo anche non irraggiato.
Già verso la metà del Novecento, grazie agli studi in Australia su un campione di uomini bianchi e di colore, è stata evidenziata la correlazione fra la pelle chiara e l'esposizione ai raggi solari. Alla fine degli anni ottanta gli scienziati proposero due cause scatenanti il melanoma indotte dai raggi: la prima è la mutazione di geni specifici delle cellule cutanee, con conseguenti proliferazioni cellulari e disabilitazione del gene oncosoppressore; la seconda prevede una disabilitazione della risposta immunitaria della cute.[24]
Verso la fine degli anni novanta i ricercatori hanno rilevato i danni che il DNA delle cellule cutanee, dopo lunghe esposizioni alla luce solare, subisce a causa dalla componente ultravioletta B dello spettro. Mentre, di solito, le cellule inabili a riparare il proprio DNA si autodistruggono (apoptosi), una lunga esposizione al sole può alterare il gene p53 e quindi la cellula "malata" continua a vivere e prolifera senza limiti.[24] Anche la componente UVA[25] viene correlata comunque allo sviluppo di melanomi.
Oltre alla eccessiva o precoce esposizione a intensa luce solare, altri fattori di rischio sono l'immunosoppressione, l'uso di lampade a UV, la presenza di molteplici precedenti lesioni cutanee. Contrariamente a quanto in alcuni contesti affermato, l'uso di contraccettivi orali non ne aumenta l'incidenza[26], alla luce di una vasta revisione sistematica del 2010.
Il melanoma, così come la maggior parte delle neoplasie a carattere maligno, va incontro ad una serie di cambiamenti nel corso del tempo. Con l'avanzare delle scoperte in biologia cellulare è stato possibile definire una serie di "caratteristiche" generali che possiede qualsiasi tumore invasivo (i cosiddetti "hallmarks" del cancro)[27].
Essi sono:
Nel distretto cutaneo, può:
Il melanocita in un adulto umano è presente in proporzioni costanti rispetto ai cheratinociti dell'epidermide: da questa osservazione è stata formulata la definizione di unità epidermico-melanica, dove un melanocita è di solito associato a 36 cheratinociti circa. Nel 75-80% dei casi un melanoma cutaneo primario origina in aree di cute sana, a partire da un'unità epidermico-melanica e solo nel restante 25-20% dei casi a partire da un nevo pre-esistente.[29][30].
Raramente si riscontra la forma in situ del melanoma. Sono più frequenti i riscontri microinvasivi.
Il melanoma è caratterizzato da una crescita bifasica: radiale e verticale. In entrambi i casi il melanocita continua a proliferare grazie alla perdita di inibizione da contatto.
La crescita radiale è contraddistinta da cellule con citoplasma chiaro, atipie cellulari, mitosi non frequenti, non è interessato tutto lo spessore dell'epidermide, possono esserci gruppi di cellule neoplastiche al di sotto della membrana basale. La crescita radiale è associata ancora a buona prognosi.
La crescita verticale è invece uno stadio più maligno del tumore, sono più evidenti e frequenti le atipie e le mitosi, le cellule hanno acquisito un forte impulso proliferativo, occupano tutto lo spessore dell'epidermide e possono raggiungere finanche il tessuto adiposo sottocutaneo. Questo evento si associa ad aumentato rischio di metastasi, vista l'intensa vascolarizzazione che si ha scendendo nel derma. All'immunoistochimica si riconosce la positività per la vimentina e la proteina S-100. Spesso può esistere una risposta infiammatoria che riduce le dimensioni del melanoma, ma non ne cambia la prognosi.
La diffusione può avvenire per continuità, per via linfatica ed ematogena.
Il tumore metastizza di frequente ai linfonodi extraregionali (59% dei casi), al polmone (36%), al fegato e al cervello (20% entrambi), all'osso (17%). Sono state descritte anche come sedi di metastasi l'esofago ed altri tratti del canale digerente, oltre che rare metastasi cardiache. Il melanoma della coroide, anche se trattato con radioterapia od enucleazione dell'occhio, ha una frequenza di metastizzazione maggiore al fegato (più frequentemente entro 5 anni, ma con casi documentati sino a 30 anni dal trattamento), con il 90% delle mestastasi, talvolta congiunte a metastasi ossee o polmonari.
Per l'individuazione di possibili melanomi, viene consigliato di utilizzare la cosiddetta Regola ABCDE[31] che prevede di sottoporre all'attenzione del medico un presunto neo che però dovesse presentare le seguenti caratteristiche (non necessariamente tutte presenti):
Nel caso del melanoma nodulare, il più aggressivo, viene modificata nella Regola ABCDEFG aggiungendo le caratteristiche:
In caso di riscontro di una neoformazione scura, con tonalità diverse di colore, con margini frastagliati e superficie un po' piallata bisogna sempre sospettare la presenza di melanoma e agire di conseguenza. Con progressione più o meno rapida, la lesione può acquistare l'aspetto di uno dei seguenti melanomi[32]:
Sovente il tumore del melanoma contiene mutazioni nel gene TERT che stimolano la produzione di proteine e aumentano l'attività della telomerasi. Il melanoma è di frequente associato anche alla mutazione di una proteina legante i telomeri chiamata TPP1, che in provetta e clinicamente stimola l'attività della telomerasi.[33]
Gli elementi essenziali per eseguire la diagnosi di un melanoma sono:
La metodica più utilizzata ed efficace nella diagnosi precoce del melanoma è la dermatoscopia e permette l'osservazione di pattern non visibili a occhio nudo. La diagnosi differenziale del melanoma in dermatoscopia è basata prevalentemente sull'analisi di caratteristiche visive ben definite della lesione, unitamente all'anamnesi del paziente ed alle caratteristiche di evoluzione. Esiste una vasta semiologia tramite la quale il dermatologo esperto è in grado di effettuare diagnosi visive molto accurate. Negli ultimi anni, oltre alla tecnica tradizionale, si sono sviluppati alcuni metodi chiamati algoritmi soggettivi, quali il Seven-Point Checklist o la regola dell'ABCD, basati su serie di interpretazioni di caratteristiche dermatoscopiche. La variabilità e la difficile standardizzazione di questi algoritmi ha rivelato, tramite risultati riportati su riviste internazionali, una bassa accuratezza diagnostica rispetto alla tecnica diagnostica tradizionale.
La dermatoscopia digitale può offrire al dermatologo un valido ausilio diagnostico basato su valutazioni oggettive arrivando in alcuni casi addirittura alla diagnosi assistita basata sull'analisi delle immagini e sistemi d'intelligenza artificiale. È dimostrato che queste tecnologie basate sulla dermoscopia computerizzata contribuiscono realmente a un incremento in termini di accuratezza diagnostica purché validati scientificamente attraverso riviste scientifiche.
È stato recentemente messo a punto un sofisticato metodo predittivo basato sull'analisi di sequenze di immagini di lesioni pigmentate in modo da fornire quadri diagnostici dettagliati in base alla cosiddetta mappatura dei nevi. Il follow-up delle lesioni riveste così una sempre più grande importanza nella diagnosi precoce del melanoma. Il software rileva dimensioni, variazioni di colore, profondità del nevo e li confronta con un database medico per stabilire la necessità di asportazione chirurgica, e con precedenti mappature dei nei del paziente per vedere l'evoluzione nel tempo.
Nell'ultimo decennio sono state sviluppate tecniche di citogenetica che risultano essere di grande aiuto nella diagnosi e nella stadiazione del melanoma.
Per quanto riguarda lesioni cutanee melanocitiche non ambigue e controverse[34] la tecnica FISH a quattro sonde è risultata essere sensibile e specifica. In particolare tramite la tecnica FISH è possibile analizzare anomalie cromosomiche (di numero o traslocazioni), visualizzare l'istologia del tessuto prelevato e determinare citogeneticamente la presenza di marcatori tumorali.
Questa tecnica permette di analizzare anomalie cromosomiche (di numero, inserzioni/delezioni del genoma) sebbene i suoi risultati dipendano soprattutto dalla purezza del campione prelevato. Un'altra complicazione della tecnica CGH è data dal fatto che non tutte le cellule di melanoma possono presentare alterazioni cromosomiche. È meno sensibile della tecnica FISH.[34]
Come in qualsiasi tumore vengono a considerarsi dei fattori prognostici negativi e dei fattori prognostici positivi.
I principali fattori prognostici negativi per il melanoma sono, ovviamente, la presenza di metastasi a distanza o linfonodali, l'ulcerazione, una forte attività mitotica, la presenza di lesioni satelliti ed elevati livelli di lattato deidrogenasi.
La presenza di un infiltrato linfocitario antitumorale attorno alla lesione (in sigla TIL da Tumor-infiltrating lymphocytes) è invece considerata un fattore prognostico positivo (associato cioè a migliori risultati clinici). È evidente che si cerchi di evitare che il tumore raggiunga lo spazio sub-endoteliale di un vaso linfatico durante la fase di crescita radiale: da qui l'importanza dei TILs.[35] Nel melanoma infatti i TILs contribuiscono alla distruzione delle nicchie delle cellule tumorali grazie a:
Sono visibili anche dei macrofagi, che avviano il processo di fagocitosi dei melanociti per formare i melanofagi o per fagocitare detriti presenti nel microambiente del tumore, mastociti e granulociti neutrofili. La loro funzione nell'infiltrato è molto variabile e alcune ricerche considerano addirittura la presenza di questi citotipi come fattore prognostico negativo, poiché sono cellule mediatrici dell'infiammazione cronica.[38]
Nel 1989 alcuni studiosi pubblicarono il risultato di una ricerca riguardante le diverse modalità d'azione dei TILs nel melanoma e formularono tre "comportamenti" delle cellule immunitarie nei confronti del tumore primario:
Questi studi vennero riconfermati dal Dr.Clemente e colleghi nel 1996, i quali dimostrarono il valore predittivo delle categorie utilizzate da Clark/Elder e dimostrarono:
Sempre in relazione all'infiltrazione linfocitaria sono stati proposti altri due fattori prognostici, al momento non ancora riconosciuti ufficialmente.[45]: la densità linfocitaria e la distribuzione linfocitaria.
Questa classificazione suddivide i melanomi in base allo strato cutaneo più profondo che riescono ad invadere:
Indica la profondità in mm di penetrazione del tumore nella cute. È l'indice più attendibile e che correla meglio con la sopravvivenza.[47]
Se fatta dall'anatomo patologo si parla di pTNM, dove:
M 0/1: assenza/presenza di metastasi a distanza
La stadiazione TNM ivi descritta si applica solo al melanoma cutaneo. Altri melanomi, come:
non utilizzano stadiazioni TNM o utilizzano stadiazioni TNM modificate.[45]
Ad esempio, dal momento che i melanomi delle vie aerodigestive superiori e in generale i melanomi delle vie mucose sono molto più aggressivi rispetto ai melanomi cutanei la stadiazione TNM ha rimosso/omesso i seguenti stadi:
La American Joint Committee on Cancer (AJCC) ha proposto una versione modificata della TNM valida a partire dal 2018. Essa è stata pubblicata nell'ottava edizione del manuale "AJCC Cancer Staging Manual".[48]
Categoria T | Spessore | Stato dell'ulcerazione | Descrizione |
---|---|---|---|
Tx | ND | ND | Lo spessore del tumore primario non può essere misurato (es. diagnosi fatte tramite raschiamento in ambulatorio) |
T0 | ND | ND | Non si riscontra la presenza di melanomi cutanei primari (tumore primario in altra sede, non ancora scoperto o in fase avanzata di regressione) |
Tis | ND | ND | Melanoma "in situ". |
T1
|
≤1 mm;
|
|
|
T2
|
>1.0 - 2.0mm
|
Sconosciuto/Non specificato
|
|
T3
|
>2.0 - 4.0 mm
|
Sconosciuto/Non specificato
|
|
T4
|
>4 mm
|
Sconosciuto/Non specificato
|
Categoria N | Numero di linfonodi regionali coinvolti | Presenza di metastasi microsatellite/in transito | Descrizione |
---|---|---|---|
Nx | Non pervenuti | No | I linfonodi possono essere stati rimossi precedentemente (es. interventi chirurgici pregressi, biopsia linfonodo sentinella già effettuata) |
N0 | Nessuna metastasi regionale presente | No | Non si riscontra la presenza di melanomi cutanei primari (tumore primario in altra sede, non ancora scoperto o in fase avanzata di regressione) |
N1
|
Presente metastasi regionale o in transito/satellite; e/o metastasi microsatellite. |
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|
N2
|
Presente due metastasi regionali o in transito o satellite; e/o metastasi microsatellite con una metastasi linfonodale. |
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N3
|
Presenti quattro o più metastasi regionali o in transito/satellite; e/o metastasi microsatellite con due o più metastasi linfonodali o qualsiasi numero di linfonodi non determinabile con o senza microsatelliti in transito e/o metastasi microsatellite; |
|
|
Sito Anatomico | Livelli di LDH | |
---|---|---|
M0 | Nessuna prova di metastasi distante | Non applicabile |
M1
|
M1 = Rilevata metastasi a distanza
|
|
Le terapie sono diversificate in base allo stadio di progressione del tumore.
Il melanoma è un tumore con prognosi negativa negli stadi avanzati: è quindi preferibile riconoscere le forme precoci ed infine procedere alla biopsia escissionale. La biopsia escissionale ha due caratteristiche:
I melanomi sottili sono generalmente diagnosticati tramite una biopsia escissionale ed in seguito asportati mediante radicalizzazione.[7] L'intervento chirurgico di asportazione viene definito radicalizzazione. Non sempre è possibile eseguire l'asportazione del melanoma: vi sono zone del corpo troppo sottili o delicate che non consentono la radicalizzazione (esempio: palpebra).[49] L'intervento di radicalizzazione può essere svolto in anestesia locale e consiste in:
In seguito il melanoma sarà inviato alla UOC di Anatomia Patologica per organizzare la terapia e il monitoraggio del paziente.[49]
Se il melanoma primitivo (ovvero la massa tumorale originatasi esclusivamente nel sito esaminato dal professionista) è allo stadio:
si procede all'asportazione del linfonodo sentinella.[46]
È un trattamento che si esegue dopo aver rimosso la lesione primitiva per ridurre il rischio di recidive locali. Ha come obiettivi l'aumento della sopravvivenza e dell'intervallo libero da malattia. Spesso questi pazienti vengono inseriti in trial clinici per testare nuovi trattamenti. Si rientra nella popolazione target di pazienti ad alto rischio di recidiva se si è allo stadio:
Consiste nello stimolare il sistema immunitario contro il tumore. Si divide in varie tipologie:
L'unico di questi trattamenti approvato dalla Food and Drug Administration è l'uso dell'interferone ad alte dosi per via sistemica negli stadi 2b e 3; che però è gravato da pesanti effetti collaterali (febbre e malessere nel 70-80% dei pazienti causati dalla risposta infiammatoria sistemica a questa citochina). Altri trattamenti usati sono i vaccini, ma non si hanno ancora dati certi sulle modalità di somministrazione La chemioterapia classica è inutile in adiuvante.
La terapia nei pazienti allo stadio IIIC-IV è molto eterogenea e in generale presenta due approcci:
Qualora possibile, prima di procedere ad uno dei due approcci, sarebbe consigliabile effettuare l'analisi dello stato mutazionale di B-RAF. Grazie alle nuove scoperte infatti un melanoma allo stadio avanzato può essere curato mediante immunoterapia. La AIRC, il Ministero della Salute e numerosi primari delle UOC di Anatomia Patologica hanno identificato come primo step della terapia la valutazione dello status mutazionale del melanoma: il 40-60% dei melanomi metastatici possiede una mutazione V600 del gene B-RAF.[50] I pazienti positivi a questa mutazione sono in grado di beneficiare della terapia combinata di:
L'approccio loco-regionale si applica a pazienti con poche metastasi (dette anche secondarismi) e si focalizza nella rimozione chirurgica dei tessuti che contribuiscono alla malattia.
È consigliato a pazienti che sono allo stadio IV e presentano una singola metastasi in un viscere o una oligometastasi (coinvolgimento di 1 o 2 organi). In questo caso si procede alla resezione chirurgica.
L'approccio terapeutico- sistemico si basava in passato sulla chemioterapia (soprattutto con la somministrazione della dacarbazina, un agente alchilante). In realtà, questa scelta rappresentava al più un trattamento palliativo-sistemico. Al 2017 sono disponibili cure che impediscono al melanoma di metastatizzare ulteriormente e, in alcuni casi, di regredire. Esse si basano sull'immunoterapia e prevedono:[51]
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