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diplomatico, storico e geografo greco antico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Megastene (in greco antico: Μεγασθένης?, Megasthénēs, in latino Megasthĕnes; circa 340 a.C. – dopo il 300 a.C.) è stato un diplomatico, storico e geografo greco antico.
Probabilmente originario della Ionia, fu un importante diplomatico ellenistico che, tra il 302 ed il 291 a. C., fu inviato in India come ambasciatore di Seleuco I[1] presso la corte di Pataliputra del re indiano Sandrokottos, nome con cui i greci chiamavano il fondatore dell'Impero Maurya Chandragupta.[2]
In effetti, Seleuco avrebbe inviato Megastene come firmatario, a suo nome, di un trattato con Chandragupta dopo averlo combattuto negli anni precedenti[3], poiché Megastene era amico intimo di Sibirzio, satrapo dell'Aracosia - già satrapo sotto Alessandro e rimasto nella sua posizione anche dopo gli accordi di Triparadiso del 321 a.C. - e, dunque, conosceva bene la via verso la capitale dei Maurya, che peraltro, lo stesso storico afferma di aver visitato più volte[4].
In realtà, secondo alcune ipotesi che riflettono proprio sul legame tra Megastene e l'importante figura politica di Sibirzio, l'ambasceria sembra più probabile nel contesto politico del 319 a.C., con la pubblicazione dell'opera megastenica alla fine degli anni Dieci[5].
Sulla base delle conoscenze così acquisite, Megastene compose l'opera Notizie sull'India (in greco antico: Ἰνδικά?, Indikà), in 4 libri, che non ci è giunta integralmente, ma ne possediamo numerosi e ampi frammenti[6].
Il primo libro[7] descriveva la geografia, soffermandosi sulle dimensioni dell'India, sul Caucaso (corrispondente all'Himalaya), i fiumi, la flora e la fauna; i due libri successivi trattavano il sistema di governo, le caste e gli usi religiosi[8]; l'ultimo trattava la storia, l'archeologia e le leggende.
I frammenti rivelano come Megastene scrivesse sotto il diretto influsso della mitizzazione della spedizione indiana di Alessandro, in quanto riporta credenze anche meravigliose sul subcontinente indiano senza vagliarle criticamente: ad esempio, accettava la falsa tradizione della conquista dell'India da parte di Nabucodonosor e dell'etiope Taharka[9].
Da un passo citato da Clemente Alessandrino[10] si può dedurre che uno degli scopi e forse il maggiore che Megastene si prefisse nello scrivere la sua storia, fu quello di trovare nell'India i precedenti della storia leggendaria, divina, delle dottrine filosofiche greche. Così, le leggende sorte dopo la spedizione di Alessandro circa la conquista dell'India per opera di Dioniso e di Eracle hanno, secondo Megastene, il loro fondamento in antiche tradizioni nazionali indiane[11]. I frammenti furono raccolti e ordinati per la prima volta da E. A. Schwanbeck, Megasthenis fragmenta (Bonn 1846), e da Muller nei suoi Fragmenta Historicorum Graecorum, vol. II, pp. 397-439.
Ciononostante e anche se l'interpretazione grecizzante spinse Megastene a rappresentare l'India come una sorta di utopia platonico-cinica[12], la sua opera rimase per secoli la fonte più completa e autorevole sull'India a disposizione del mondo occidentale e fu usata largamente da Arriano, nella sua Indikà, da Strabone, nella sua Geografia e dagli altri autori che si occuparono dell'India.
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